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dentro Verona, che vi trionfa affatto de'S. Bonifazio, e vi si fa eleggere podestà. Colle forze de' Veronesi sbandiva poscia da Vicenza i Guelfi, e v'installava podestà il fratello Alberico: quindi col braccio de'Vicentini difendeva la nativa Bassano da'Padovani; finchè, oppresso dal numero, cesse e ne giurò la cittadinanza. Poco stante avendo sottomesso Feltre e Belluno a'Trevisani, si faceva ascrivere eziandio alla loro cittadinanza; e tosto ne ricavava favore, onde abbattere i signori da Camino, ed astringerli a tributo.

Ma oramai questa bizzarra potenza che da'sicuri nidi A. 1229 di Bassano e di Romano stendeva il volo su tante insigni città, muoveva più che invidia terrore negli Stati vicini. Pensossi a crollarla dalle radici. A un tratto le masnade di Bassano, sollecitate dall' Estense e dai Camposampieri, si sollevano, proclamansi indipendenti, disperdono i pochi fedeli, ed in sembianza di nemico occupano le mura e le torri (1). Quelle masnade erano il sostegno della dominazione d'Ezelino: se non che l'edifizio aveva avuto troppo tempo di assodarsi, perchè dovesse temere di quello scrollo. Il colpo che l'avrebbe abbattuto qualche lustro innanzi, fu in breve riparato mediante gli aiuti delle amiche città. Ezelino colle schiere radunate in Verona pigliò d'assalto Bassano, e nella vendetta se ne assicurò per sempre. Molte masnade fuggirono a' suoi nemici: egli, tornando in Verona coll'impeto della vittoria, ruppe e ne bandì i S. Bonifazio, e nella guerra nata perciò tra que' di dentro e que' di fuori rimase padrone della città.

(1) Ant. Godi, Chr. p. 78.-Verci, St. degli Ezelini, t. II. 43.

Questi ultimi progressi svelarono in sostanza alle città della Marca Trivigiana quali fossero i disegni, quali le vie di quest'uomo fatale. Dominar tutte per mezzo delle forze di ciascuna, mutar l'alleanza in signoria, la magistratura in tirannide, ned arrestarsi nella sovvertitrice intrapresa, finattanto che tutte in una sola obbedienza non concordassero. Era appunto la stagione in cui gli apparecchi e le pretensioni messe in campo da Federico n contro i Comuni italiani rinnuovavano i tempi del Barbarossa. Perlocchè colla memoria de'pericoli ritornando quella degli argomenti già impiegati una volta per superarli, Vicenza, Verona, Padova, Ferrara e Mantova con due altre città mandarono in Bologna ambasciatori con pieni poteri di accordarvi lega e protezione scambievole. Quivi altresì la rovina della casa da Romano fu stabilita. Da quell'istante Ezelino gettò via le avviluppate mene di alleato e di podestà per assumere le forme severe di assoluto signore.

V.

Aveva ben egli trovato modo di farsi ascrivere quasi per forza alla confederazione di Bologna: ma ognuno ottimamente conosceva con quali intenzioni ed egli avesse chiesta tal cosa, e la Lega gliela avesse acconsentita. Un' immortale ambizione stimolava il signor da Romano contro tutti i Comuni vicini e lontani; una estrema necessità sospingeva i Comuni contro Ezelino nell'uno la passione di dominare, negli altri l'istinto della propria conservazione metteva in pugno le armi. In questi termini potevansi stipulare de'trat

tati, stringere delle amicizie nò certamente. Nulla di meno la Lega, sia per rispetto alla parola de'trattati, sia per riordinare le sue forze, stette alcun tempo quasi indecisa a contemplare il temuto avversario ; il quale frattanto presago del prossimo scontro ristaura le mura delle inospite rôcche, ravviva i partigiani, e s'affatica affine di sciorre col mezzo della discordia il turbine che gli si appropinqua. Ruppe alla fine gl'indugi il sommo pontefice, scomunicando Ezelino come eretico e ricettatore di Patareni. Allora questi manda ad Aquileia il fratello Alberico con mandato che offra a Federico 1 anima, persona e beni in sostegno dell'impero poche città sobbillate da un papa voler rapirgli l'Italia: ma nella Marca Trivigiana germogliare ancora l'antico seme de'zelanti Ghibellini: venga l'imperatore in persona, e la casa da Romano gli aprirà la strada al trionfo ».

A tal nuova la lega guelfa precipita i partiti; in breve la presa di Lonigo è motivo ad Ezelino per chiarirsi affatto. Introdotto perciò in Verona un officiale A. 1232 di Federico, giura nelle costui mani fede all'impero; e senz'altro indugio imprigiona il podestà, corre la terra, e ne piglia possesso a nome di Cesare. Ben tosto un diploma di Federico dichiarò sotto la protezione dell'impero la persona ei beni d'Ezelino; e 50 cavalli e cento balestrieri calati dal Tirolo aiutaronlo a ricuperare le castella perdute (1). Un povero frate s'avvisò di spegnere il fierissimo incendio di guerra, che ne scoppiava, congregando a Paquara in pacifica assemblea i (1) Verci, St. degli Ecelini. Rolandin., Chron. Godi, Chron. Gerard. Mauris, Chron. Paris de Cereto, Monach. Patav., Chr. — passim (R. I. S. t. VIII).

Chron.

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Ant.

popoli della Marca: e quivi veramente la pace fu đesiderata e giurata da ben trecento mila persone piangenti ed abbracciantisi. Ma a che servì quasi ella mai, se non se a renderne più dolorosa la privazione? Indi a pochi giorni, mentre Ezelino sta come podestà al governo di Verona, viene egli bandito per ribelle dai Trevisani: Vicenza s'alleò con costoro ; e i due fratelli da Romano spogliaronla di Marostica. Quinei Azzo d'Este e Rizzardo da S. Bonifacio, quinei Federico i attizzavano la discordia; ed il furore interno di parte raddoppiava la strage delle esterne battaglie. Azzo promulgò nelle sue terre pena di morte a chiunque pronunziasse il nome dell'imperatore, e perfetta impunità a chiunque uccidesse il reo. Finalmente in capo A. 1235 a tre anni ciascun partito cercò in un finto accordo

nuovi modi onde combattersi più fieramente. Ezelino giurò la cittadinanza di Padova; e questo voleva dire che ne ambiva il comando.

Però trattandosi oramai di recare ad effetto gli occulti pensieri di tirannide, di altri e più pronti stromenti gli era d'uopo; avvegnachè le masnade avite e le milizie delle amiche città non sembrassero numerose, nè fedeli abbastanza. Voleanci uomini affezionati a vita e a morte, alieni da ogni amore di parte, a'quali un cenno fosse legge, il denaro idolo. Questi uomini ei ricercò, questi uomini ei rinvenne tra le squadre imperiali. Stringesi impertanto sempre più con Federico 11, gli va incontro a Trento, lo ospizia a Verona, lo accompagna verso Milano: insomma di tal modo se ne avvince l'animo, che a'costui occhi la causa d'Ezelino è come la propria, e quando nuovi assalti e ribellioni richiamano addietro il signor da Romano,

bre 1236

ei medesimo in persona accorre a sovvenirto (1). In questa congiuntura Vicenza arsa e saccheggiata dagli Novem imperiali, fu conceduta in balía ad Ezelino; e fu non lieve aggiunta al nobile dono quello pur fattogli dall' imperatore di due schiere di Pugliesi, Lombardi e Tedeschi al soldo. Un conte Gaboardo venne preposto a reggerle a nome dell'impero, ma con espresso mandato di conformarsi del tutto a'voleri d'Ezelino. E questa soldatesca fu nelle costui mani lo stromento della servitù della Marca trivigiana (2).

Frattanto la cittadinanza da esso lui giurata a Padova stava per partorire i suoi effetti. Il Comune certo dell'imminente pericolo, deputò sedici personaggi a provvedervi, se fosse ancor possibile, alcun riparo: ma di essi quasi tutti, chi per utile privato, chi per amore di parte, propendevano verso Ezelino. Chiesti dal podestà dell' animo loro, non esitarono a manifestarlo: quindi uscirono di città, e si congiunsero di presente a' seguaci del signor da Romano. Da questo esempio gli altri Ghibellini presero animo di levare tumulto e gridare in piazza il nome di Ezelino e dell'impero, e rimuovere d'ufficio il podestà: furono perciò banditi; e i nuovi esigli moltiplicarono i nemici. Finalmente, quando Ezelino ebbe raccolto

(1) Tu vero, quem intime zelus fidei nostræ facit laboris et oneris non expertem, qui pro nostrorum rebellium confusione et justitia ac recuperandæ pacis augmento nobiscum pondus diu et æstus in multis sumptibus et periculis personæ comportas conversionem... Così scriveva nell'A. 1240 l'imperatore Federico II ad Ezelino (Petr. de Vin., Epp. L. II. c. 4). Nella raccolta di queste lettere ben cinque havvene indirizzate a lui per ordine di Federico; e sono la 4. 12. 25. 30 del II libro, e la 8 del III. (2) Roland., Chr. III. 10 (R. I. S. t. VIII).

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