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volgansi al contrario quelle condizioni: abbiasi un grande Stato rotto in provincie lontane, disformi di costumi, d'instituzioni, di suolo; pochi abitanti, alcune città e piccole, un po' di côlto intorno ad esse, poi vasti deserti, paludi e selve; parte della popolazione nemica o sospetta alla restante; questa conquistatrice con grandi brame e insolenze, l'altra conquistata con molto terrore e miserie: uno Stato simile non si potrà tenere che dividendolo in parti, assegnando queste parti a uomini che le reggano ed usufruttino per proprio conto sotto certe leggi generali, e ne rendano al governo determinati servigi e tributi. Spogliasi così il principe del pensiero e della facoltà di migliorare quelle provincie staccate e di trarne maggior frutto (pregio proprio d'ogni buon reggimento): ma non è men vero che bandisce eziandio da sè il sospetto di perderle affatto, e si assicura un'entrata precisa di servigi e denaro.

Sorge allora come una lotta, più spesso occulta, talora palese, tra il principe ed il vassallo: chè quegli, concedendo meno, vorrebbe avere la massima e più certa quantità di tributi e servigi; questi, ottenuto che ba la provincia a titolo precario, intende a possederla a vita, quindi passa a bramare di trasmetterla a' figli, infine, se la gli vien bella, sforzasi di farla sua e ampliarla. A questo punto il rapporto di potenza, civiltà e distanza dello Stato e della provincia, e la natura e le condizioni peculiari del principe e del vassallo indurranno anzi questa che quella specie di dipendenza. Usammo indebitamente la parola vassallo in vece di governatore o vicario: posciachè il vassallaggio preso nel significato antico feudale non sia che

una delle tante forme, sotto le quali potrà manifestarsi la dipendenza accennata.-Infatti sarà egli il principe molto potente? La sua potenza sarà ella costante e fondata sopra uno stato proprio, vasto e bene amministrato, dimodochè la provincia non ne sia che un membro lontano, nè affatto essenziale? Reggeralla un governatore temporaneo con autorità quasi ́assoluta, come ne' più rimoti distretti della Russia: oppure un principe tributario o dipendente, caso che la provincia sia troppo grande per venir soggiogata affatto, troppo piccola per restituirsi colle proprie sue forze in libertà. -Al contrario il potere del governo sarà egli a salti, or grande, or debole, or tutto concedente, or tutto esigente? Avransi i bey d'Algeri ed i bassà d'Egitto, talora ereditarii, talora lasciati a vita o ad anni. Finalmente la corruzione sarà ella pervenuta nelle viscere stesse dello Stato, cosicchè l'autorità suprema sia fiacca, divisa, contrastata, sebbene atta tuttora a impedir l'anarchia? Sorgeranno i feudi.-L'insolenza poi de' vassalli crescerà colla debilità del principe: per le stesse cagioni, per cui questi avea diviso lo Stato tra vassalli, i vassalli suddivideranno il proprio distretto, e da una divisione all'altra precipiterassi verso la tirannide del più forte, finchè l'autorità regia non risorga appoggiata a qualche nuovo principio per ritirare il donato, per ritorre il mal tolto.

Di queste mutazioni fu la Francia teatro ed esempio. Piccole schiere di Barbari, le une dietro le altre avanzandosi, aveano in varii assalti durati un secolo soggiogato quel vasto regno. La conquista essendo stata anzi impresa di venturieri, che spedizione di

esercito, l'obbedienza vi si era serbata volontaria per bisogno, come da compagno a compagno, non come necessario dovere consecrato da tempo e legge. Dopo la conquista, reggere e frenare co' mezzi ordinarii del supremo potere vinti e vincitori, divenne impossibile. Al mezzodì, ultimo limite di quella, l'elemento romano ossia l'influenza de' vinti prevalse su quella de' vincitori: al centro si pareggiarono: al nord, rimasto sede di nuove spedizioni e tentativi, il principio germanico preponderò (1). Al centro avvennero le maggiori mutazioni e nacquero i feudi.

E per verità il fatto solo della conquista avea distrutto gli ordini antichi germanici, che tenevano legato l'individuo alla famiglia, il capofamiglia alla tribù. Bande guerriere d'uomini avidi e coraggiosi aveano aperta la strada, e sulle loro orme s'erano a poco a poco inoltrate le famiglie. Ognuno de' vincitori voleva possedere, ognuno aver sua parte di comando, o almeno indipendenza. Però sdegnando il vivere cittadino, stabilirono lor sedi quà e là come utile o capriccio suggeriva. Ma quivi malefiche paludi, opache selve, difficili vie, effetti della invasione e del mal governo imperiale, erano per separare una dimora dall'altra; e bentosto in tanto sperperamento d'uomini, in tanta vastità di terreno la nazione franca sarebbe come scomparsa, se qualche mezzo straordinario non si fosse trovato, per cui rinserrare i vincoli di dipendenza tra' guerrieri e i capi, tra i capi e il re. Che fecesi adunque allora? Alcuna parte delle immense tenute regie distribuita tra' vincitori ne ac

(1) Thierry, Considérat. sur l'hist. de France, chap. V.

certò la fede e il servigio. I guerrieri aggiunsero all'allode posseduto in forza della conquista un beneficio, che ne stimolava la fede, addoppiando il privato interesse sul debito comune di suddito; sicchè colui che per amor della legge non avrebbe obbedito, ora obbediva pel desiderio di conseguire o la tema di perdere il beneficio.

Ma questo non era l'unico motivo della infeudazione delle terre. In quelle desolate sedi il trar tributo in denaro da'vinti era difficile, stante la loro miseria: il trarlo da' vincitori impossibile, come uso opposto all' indole della germanica costituzione. Il terreno diventava adunque la moneta più spiccia; e con esso gratificavansi gli amici, intrattenevansi i magistrati, dotavansi le chiese, soddisfacevansi gli officiali della real casa: e tu largivi un podere al guerriero povero, perchè gli somministrasse agio a militare a cavallo: e ne concedevi un altro al più forte in armi, per suo sostentamento e decoro. Di queste concessioni chiamaronsi onori quelle annesse a qualche pubblico ufficio segnalato, ministerii quelle assegnate in ricompensa a più basse o private obbligazioni (1). Del resto crediamo, che da principio il beneficio, giusta la natura del vocabolo, non altro significasse se non se spontanea largizione di beni, alla quale niun dovere di speciale servigio corrispondesse; ma solo quell'obbligo morale, che lega il donato al donatore e lo rende più alacre a servirlo eziandio nelle opere, a cui sarebbe astretto senza il dono.

Come per denotare coteste nuove concessioni di

(1) Vedi sopra la Nota a pag. 16.

terreni, i conquistatori aveano rapito al linguaggio de' vinti la parola beneficio, così per indicare coloro, che ne venivano investiti, estesero alquanto il natural senso di certo vocabolo recato con esso loro dalle selve germaniche. Da vassen (legare) chiamavansi vassi i cortigiani, gli antrustioni, i gasindi del principe. Sia perchè a costoro più particolarmente venissero attribuiti i beneficii, sia perchè il beneficio stabilisse appunto tra chi il riceveva e il principe quella specie di legame, che era tra i vassi e lui, fatto sta che chiunque pervenne a possedere un beneficio fu appellato vasso.

Tali furono i primordii de' beneficii in Francia. Ma non andava guari, che l'ignavia e viltà de' successori di Clodoveo crollavano l'autorità suprema; e, quasi ciò non bastasse, discordie fraterne e guerre civili ponevano ogni cosa a repentaglio. In tanta confusione di cose, quand' ogni suddito volea diventar vasso, ogni vasso principe, ogni principe re, tre fatti occorsero a fecondare i semi della feudalità celati ne' beneficii.

E primamente, allorchè si trattava a quale fra due o più contendenti s'appartenesse il trono di Francia, e la decisione stava ancora nell'arbitrio della fortuna, le forze naturali dello Stato (appunto perchè verun capo certo tuttavia non se ne conosceva) sarebbero rimaste inoperose, se ciascuno degli emuli non avesse trovato modi speciali ad appropriarsele. Perciò il vasto dominio regio fu di nuovo smembrato, e una larga distribuzione di beneficii conciliò a ciascun partito una turba di guerrieri, che altrimenti non avrebbero avuto ragione sufficiente di aderire a questo compe

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