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principii: questi principii costituiscono le fila arcane della esistenza nel medio evo. Però essi non iscaturivano dalla germanica costituzione, ma traevano propria causa e fomento dallo stato generale della società. Il fatto solo della conquista (comunque fosse stato l'ordinamento sociale degli invasori) portava con sẻ la rottura della pubblica esistenza, e doveva attribuire all'individuo una potenza molto maggiore della solita; al conquistatore, attesa la baldanza della vittoria; al conquistato, atteso lo scompiglio della sconfitta; al primo, perchè non aveva da pensar ad altro che ad ingrandire; al secondo, perchè non aveva cosa al mondo più cara della propria salvezza. Mettasi un'altra nazione in simili contingenze, e avransi non disuguali effetti, senzachè chi conquista sia Germano, chi è conquistato sia Franco o Italiano.

Dalla medesima confusione e debolezza della macchina sociale, da cui proveniva l'individualismo, proveniva nel tempo stesso lo spirito di ventura. Infatti l'individuo verun'altra guida od appoggio migliore non ritrovava che in se stesso: dunque tante vie pressochè quanti individui. Su questa indefinita diversità di operare si fonda lo spirito di ventura del medio evo.

L'invasione fu di questo spirito la prima e la più potente manifestazione. Il Settentrione gonfio di popoli riversantisi gli uni sopra gli altri, traboccò sul Mezzodi torme di genti preste a procacciarsi colle armi, terre, signoria, patria, numi. Alcune invasioni furono fornite da popoli ordinati perfettamente a forma di nazione: le più vennero compiute da venturieri accogliticci sotto un capo qua eletto, colà

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eleggente. Alle prime appartiene la conquista fatta da' Longobardi, dei quali perciò qui non può essere discorso. Quanto alle seconde, l'Italia ricorda Odoacre e Teodorico più sopra dimostrammo come si operasse la sottomessione delle Gallie (1). Pochi contro molti, venturieri d'ogni razza contro indigeni, forti e armati contro inermi e corrotti: gli acquisti divisi come tra compagni ad impresa comune. Dapprima ciascun vincitore bramò di essere indipendente, di possedere un allode, e di venire giudicato da' suoi pari; non pene personali, non tributi al principe, ma doni e servigi. Poi l'essere come esente dall'obbedire non parve bastevole; si volle comandare e si comandò ; alfine tutti i diritti del principe in cento mani vennero smembrati. Per tal maniera sorse il sistema feudale!

Ma coteste intraprese di venturieri non eransi tentate solo dalla parte di terra. Da quelle remote contrade, 'ond'erano provenuti Franchi, Eruli, Goti, Longobardi ed Alani, s'erano a volta a volta spiccate flotte arditissime di pirati, ad infestare i lidi della Germania, a devastare la Olanda, la Francia, la Spagna, e, passato lo stretto, a fondare un regno in Italia. I figli de'capotribù Scandinavi spartivansi tra loro, altri il dominio terrestre, altri il marittimo. Regno a costoro erano poche navi, e audaci compagni, guerrieri e marinai. Intrepidi fra i tumulti di un mare perpetuamente agitato, piaggia piaggia s'avanzavano verso le foci dell'Elba e del Reno, predando navi, rubando coste, instituendo emporii ne' luoghi acconci, dove le cose

(1) V. cap. I. §. IV. p. 20-27.

rubate vendere o barattare. I guadagni procuravano seguaci, i seguaci altri guadagni e navi e signoria. A questo modo la Normandia fu smembrata dalla Francia, e la Inghilterra prima da' Sassoni, poi dai Danesi, poi da'Normanni tre volte conquistata. Aroldo, figlio di Sigurd, fratello di un re, fu così veduto coll'azza d'arme in ispalla fare la guardia al palazzo de'Cesari, poi guerreggiare a soldo nell'Asia e nell'Africa, fuggirne, pirateggiare la Sicilia, alfine rapir parte della Norvegia, e morire nel tentativo di insignorirsi della Inghilterra (1).

Poco stante Guglielmo duca di Normandia, delibe- A. 1056 rato ad uguale impresa, mandava per l'Europa il suo bando di guerra ad invitarvi ogni uomo alto e robusto, che sapesse maneggiare lancia e spada o balestra. Gliene venne una infinità da lungi e da presso, fin dal Piemonte, fin dalle rive del Reno: altri erano cavalieri e capi di guerra, altri semplici pedoni o sergenti; chi pretese soldo, chi passaggio e preda; chi domandò un podere, un castello, una città, chi qualche ricca Sassone per moglie. Crebbe l'ardore alla fama delle prime vittorie. Formaronsi tra' nuovi conquistatori fratellanze d'arme, società a perdita ed a guadagno, a vita ed a morte; nè mancò chi prima di partire, per la certezza di conseguire i beni altrui, si disfacesse de' proprii. Cosi l'Inghilterra divenne la preda dei venturieri di tutta Europa! Nè altrimenti che pegli sforzi privati di simil gente il paese di Galles e l'Irlanda venivano un po' più tardi aggiunti alla dominazione normanna (2).

(1) Depping, Exped. marit, des Normands, t. I.

(2) Thierry, Hist. de la conquête etc., t. I. p. 309, t. II. p. 115.

Posavano oramai i popoli settentrionali nelle nuove sedi occupate colle armi : ma non quetava ancora l'occulto stimolo, che gli aveva spinti fuori de'nidi nativi. L'irta e bellicosa vita del feudatario li faceva desiderare continuamente grandi e straordinarie commozioni; nè il giogo della schiavitù pesava così poco sul collo alla plebe, perch'ella non affrettasse co' voti un'occasione di torsegli di sotto (1). Quando la voce di Pietro l'eremita risuonò per l'Europa, invitandola all'arme per la liberazione de' santi luoghi, un'enorme schiera di genti d'ogni età, d'ogni stato si precipitò verso l'Oriente ogni anno, come fiotti succedentisi al lido, nuove generazioni sottentrarono al travaglioso proposito. Ma non sempre la religione diresse dal principio al fine siffatte intraprese. Quetato il primo ardore di pietà, restaronvi due incentivi, ambizione e avarizia, non tanto facili a venir soddisfatti. Le coste della Siria e della Palestina furono allora la preda di cupidi guer

rieri: la quinta crociata poi abbattè l'impero d'OA. 1202 riente. Un di Venezia vide raccolto dentro le sue

mura il fiore della nobiltà d'Europa pronta ad intraprendere il riacquisto delle sacre terre. Già intimato era il dì, già unite le schiere, quando per prezzo del trasporto acconciansi a sottomettere Zara alla repubblica. Da Zara il disegno di restituire ad Isacco l'usurpato trono li deviò a Bisanzio; ed ecco che in otto mesi ne detronizzano cinque imperatori,

(1) Tale era nella prima Crociata il numero de' servi, i quali col pigliare la croce si restituivano in libertà, che per impedirlo si dovè imporre la decima saladina sopra chiunque il facesse senza il beneplacito del padrone. Michaud, Hist. des Crois, L. VII.

e col ferro e col fuoco, e per terra e per mare ne vanno all'assalto. Avresti mirato allora i crociati entrar co' muli nelle chiese, e caricarli de' sacri vasi, e sperperare le reliquie, e quindi il bottino ammassato fra stupri e sangue dividersi insieme colle provincie dell'impero. Nella divisione poveri cavalieri e sergenti d'arme rimasero signori di paesi, ch'era follia sperare. Le isole dell'Arcipelago, le sponde dell'Eusino, le terre dell'Asia Minore, i nidi della greca civiltà furono spartiti come ragioni di commercio. Chi ebbe Nasso, Paro ed Egina, chi parte dell'Eubea; a'Chigi pervennero cinque delle Cicladi, Chio fu preda d'un Giustiniani e d'un Michieli, Lenno d'un Navagero.

Di questo modo lo spirito di ventura trovò sfogo dapprima nelle invasioni, quindi nelle crociate. Venute meno le crociate, non per ciò apparvero più sode le fondamenta degli Stati. Composti di mille elementi eterogenei tenuti insieme a stento, un soffio bastava ad atterrarli; perchè l'azione del principe era come nulla, molta quella del municipio o del vassallo, grandissima quella dell'individuo. Qual meraviglia adunque se generosi regni pervenissero in potestà di audaci venturieri, quando il diritto pareva stare nella forza, e la forza era individuale, o, se collettiva, non già per natura e per instituto, ma quasi per interesse ed artificio? Narrammo come il regno delle Due Sicilie pervenisse alla mercè de'venturieri normanni. In capo a 64 anni dalla coronazione di Ruggiero 1, un principe svevo ne disperse il seme, ed A.1191 usurpò il retaggio. Dopo non molti mesi videsi il regno smembrato all'arbitrio di violenti governatori, ed un Gualtiero di Brienne con una frotta di venturieri

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