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francesi far prova d'insignorirsene. Fu la sorte contraria al tentativo: ma quanti anni ancora la stirpe sveva seguitò a dominare in Napoli e Palermo? Enrico vi aveva occupato quelle sedi nel 1194; un conte di Provenza con una schiera accogliticcia le rapi a Manfredi nel 1266. Due anni appresso un esercito parte calato dalle Alpi, parte riunito alla meglio in Italia, mise a grandissimo repentaglio la salute della nuova signoria. Alla fine nel 1282 un povero principe d'Aragona con una mano di compagni svelleva la Sicilia dalla Puglia. Napoli era quindi per diventare preda degli Ungheri, poi de'Provenzali, e nuovamente degli Ungheri. Morta Giovanna 1, di quanti principi cadesse alla mercè, chi vorrà dire ? Con questa leggerezza le sorti degli Stati mutavano nel medio evo! Tanto poteva ancora quell'intimo fermento, il cui primo scoppio erano state le invasioni barbariche!

III.

Ma la invasione e la conquista non furono le sole strade per le quali si manifestasse cotesto individuale spirito di ventura. Investigando a fondo, vedonsene contaminate tutte le instituzioni di quella età, perchè tutte sono offese da quel generale turbamento, che rende dubbia l'esistenza, incerto il pensiero, egoistica la passione. Fu chi tentò di esprimere in pochi tratti il medio evo: quanti ne lasciarono un quadro pieno e veritiero? Non si riassume cosa, che non si possa ridurre a principii. Ora il medio evo non ebbe principii. Descriveransene alcune parti, e dalle parti argomenterassi il tutto: ridurre il tutto a sommi capi sarà sempre difficilissimo. E quand' anche uomo il

conseguisse, come acquistar fede al dir suo, allorchè le formole da lui trovate deriverebbero da un'infinità di fatti e di paragoni, i quali, posciachè hanno generato nell'animo una conclusione, sembrano ascondersi all'occhio umano ?

Noi qui tenteremo soltanto d'indicare a volo, come la pubblica e la privata esistenza del medio evo, in conseguenza della confusione sociale, difettasse di principii generali, e fosse perciò costretta a reggersi per caso ed individualità. Quindi accenneremo verso qual parte inclinassero le forze individuali, che da questo concorso di circostanze germogliavano.

Due furono i punti di massimo sconvolgimento; ed allorchè le nazioni germaniche piantarono per forza le loro instituzioni su quelle dei vinti; ed allorchè tra il cadere de'feudi ed il sorgere de'Comuni miraronsi impero, vassalli e Comuni con diritti non affatto acquistati, non affatto ceduti, combattersi non tanto in aperta campagna, quanto dentro le mura sotto forma di fazione. Nel pieno della possanza feudale un certo ordine, per quanto ingiusto e distruttivo, s'era mantenuto. Infatti come uomo vi nasceva, tal vi moriva; se schiavo, schiavo; se artiere, artiere; se feudatario, feudatario. In faccia alla storia pochi sono quelli, che vi rappresentino la specie umana; poichè questa dentro le città è ristretta in classi, nel contado sta oppressa da servitù, e il numero di chi l'opprime è piccolo. Del resto fra ceppi la vita è monotona.

I progressi della cristiana civiltà spezzaronó quei vincoli: sciolto dalla gleba il servo drizzò più lontano i suoi sguardi: il crescere de'lumi e dell'industria aperse nuovi sentieri onde diventare ricchi e potenti

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senza essere baroni e vassalli: le classificazioni furono rotte: nuovi ceti s'avanzarono a pigliarsi la parte loro dovuta nella sociale esistenza, e la sociale esistenza diventò molto più varia e fervorosa. Infatti da questo istante non fu più che uno spingersi delle classi le une sulle altre, un urtarsi, un compenetrarsi insieme; al quale travaglio la passione del parteggiare ed il desiderio della politica libertà servivano come d'insegna; ma realmente altre cause molto più occulte e profonde si potevano assegnare. In questi rimescolamenti dell'antico e del novello vivere, tali pericoli, tali stranezze circondavano la vita dell'individuo, che non dee far meraviglia se essa valesse allora molto meno di quella alla cui conservazione concorrono presentemente tutte le cure pubbliche e private (1).

Ogni città nel medio evo formava Stato: quindi più pronte ne erano le mutazioni; non vi si trovando quel contrappeso che nelle grandi masse una parte fa all'altra. Alla parte guelfa la ghibellina, alla plebe la nobiltà succedeva, ed i rapporti cogli altri Stati cangiavansi con tale volubilità, che niuna lega, tranne le due strette per instantaneo uopo contro gli Svevi, rattenne in sesto i Comuni d'Italia. Ecchi potrebbe

(1) Per es. le pene del medio evo appaiono crudelissime al confronto delle presenti. Noi siamo ben lontani dall'asserire il contrario. Conviene però osservare, che le probabilità di perdere la vita per cause fortuite erano molto maggiori allora che non adesso: quindi si potrebbe quasi dire, che chi la perdeva allora, perdeva meno di chi la perdesse presentemente. Fra coteste cause fortuite ricorderemo la peste, le guerre sterminatrici, le discordie intestine, i pericoli de'viaggi terrestri e marittimi, e tutte le conseguenze della ignoranza nella pubblica igiene ed amministrazione.

riandare senza raccapriccio dall'anno 1185 al 1550 le condizioni politiche delle città italiane?-Vercelli signoreggiata dagli Avogadri, esclusine i Tizzoni afforzati in Crescentino; Novara dominata da' Tornielli, Bergamo da'Soardi coll'esilio de'Brusati e Rivalesi: da Como posseduta da' Bosconi star in bando i Vitani ; da Lodi tiranneggiata da'Vistarini esulare gli Overgnaghi; ed Alberto Scotto tener lungi da Piacenza gli Anditesi; ed i Ghibellini di Modena sotto vicario imperiale privar della patria que' da Sassolo; e Ghiberto da Correggio insanguinare Parma e Cremona; ed i Fogliani comandare dentro Reggio abbandonata da que' da Sesso (1). Aggiungi Brescia per metà divisa tra i Maggi e i fuorusciti, Roma straziata dagli Orsini e Colonnesi, Genova da'Fieschi e Spinola, Doria e Grimaldi Arezzo, Pistoia, Perugia dentro lacerate dalle discordie, fuori daʼsignori rurali, tra loro stessi in guerra perpetua; Pisa curvata sotto i mercenarii d'Uguccione: Firenze disertata da' nemici fuori, dagli ausiliarii dentro: tra Padova e Verona mortale nimistà: Ferrara padroneggiata prima dagli Estensi, poi da' Veneziani, poi dai crociati del Pelagrua, alfine da' Catalani, e passar sempre da una dominazione all'altra per vie di sangue: la Romagna spartita tra contrarii principii, tirannide, Comune e papa, ed or cedente, or rilevantesi per successive rivoluzioni: Milano e Mantova sotto nuovi signori, coi sudditi oppressi colle fazioni armate sotto le mura: dentro le città adunque un assiduo rimescolarsi di partiti ; fuor delle mura Comuni, vassalli, re, papi, Guelfi,

(1) Albert. Mussat. Hist. Aug. L. XII. Rubr. 4,

Ghibellini, Italiani, Francesi, Catalani, Tedeschi, scontrarsi ne' muovimenti loro, e involver tutto in un generale scompiglio. Tale era a modo di esempio lo stato politico d'Italia verso il 1513!

Ognun ben vede come in tanta piccolezza e mobilità di Stati, gli ordini non poteano comunemente elevarsi alla grandezza e generalità di leggi. Provvedevasi a misura del caso: poi giusta gli accidenti la provvisione abrogavasi, correggevasi, compivasi : lo statuto scendeva a particolarizzare l'individuo od il casato: e sovente la sentenza, anzichè essere la logica applicazione di una norma generalissima, diventava l'effetto di una personale passione posteriore o contemporanea al fatto. Vero è bene, che nelle quistioni civili, dove il tumulto politico poteva meno, la legge era più equamente ministrata, e puntello alla legge era la sapienza romana, benchè sovente non abbastanza conosciuta o lontana troppo dal caso. Ma qual legge romana poneva freno al cieco pronunciar delle pene; allorchè il podestà teneva a un tempo la spada del condottiero e la bilancia del giudice, ed ogni capitolo di statuto terminava col rimettere il castigo all'arbitrio di lui? (1)

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(1) « Et intorno alle suprascripte tutte cose investigare et trovare, io capitano abbia pieno, libero et generale arbitrio, così imponere ad quistione e tormenti et punire in avere et persone, come etiamdio ad tutte altre cose... » Statuto di Pisa, ms. §. 12.

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« Et io capitano del populo abbia libero, pieno et generale arbitrio contra tutti et singoli nobili et qualunque altri... » Ibid. §. 13.

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«Ma se lo figliuolo.... del delinquente avere non potrò, puniroe lo padre del delinquente.... così in avere come in persona ad mio arbitrio... » Ibid. §. 12.

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