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segnarono all'Italia il greco idioma: i privati sforzi di Francesco Petrarca serbarono al mondo gran parte dell'antica sapienza.

Di questa guisa spuntava la scienza nel medio evo: ma quanto più non dovevano stare alla mercè del caso e dell'individualismo le arti liberali? Avvegnachè oggetto di quella sia il vero e l'utile, oggetto di queste sia il bello; ora il vero abbia in sè alcuni caratteri certi e facilmente riconoscibili, anzi la strada, per la quale vi si giunge, serva il più delle volte eziandio a dimostrarlo; ma del bello dopo tanto volgere d'anni l'umana ragione non abbia ancor saputo prefinire l'essenza. Altri sentimenti, altri bisogni avea fatto nascere la religione cristiana: altri ne avevano arrecato seco loro i popoli barbari; per cui nelle opere d'arte il bello antico aveva cessato di corrispondere a tutti i bisogni presenti. Però, mentre pochi individui senza guida vanno rintracciando nuove applicazioni, l'arte quasi a modo di traffico si trasferisce da un paese all'altro; e scultori e dipintori esuli da Bisanzio girano l'Italia. ad ornare di gotici partiti chiese e palagi; ed un Guglielmo di nazione tedesco fonda il campanile di Pisa; ed un Iacopo d'ugual seme innalza il tempio a san Francesco in Assisi, e fabbrica il vescovado agli Aretini, ed il palagio ai signori del Casentino e di Pietramala, e lastrica le vie e disegna due ponti ai Fiorentini (4).

Quando il bello cominciò a rilucere al mondo per man d'Italiani, non eranvi già scuole, non precetti, non masse certe di dati e di esperimenti. I padri

(1) Vasari, Vita di Arnolfo di Lapo.

dell'arte tenevano bottega; apparavanla dagli avi, trasmettevanla ai figliuoli: principiavano lo studio dal macinar colori e pestar gesso: tutte le arti del disegno in un sol uomo raggruppavansi. Il risultato poi della esperienza di tutta una vita serbavasi a segreto e insieme co' ferri e coll'insegna della bottega lasciavasi in retaggio. Sa ognuno, per tacer d'altre cose, di quante tenebre fosse involta l'invenzione del colorire ad olio: e quanto sangue fruttassero talora le invidie nate tra' principi dell'arte! Tanto essa era ristretta a brevi limiti di luoghi e di persone!

Frattanto apparivano i primi germogli della lingua e poesia italiana. Noi assuefatti a riversare nel gran mare della società la maggior parte delle nostre idee in cambio di quelle impressioni che giornalmente ne riceviamo, noi tuttodi ammiriamo la profonda verità, la melanconica parsimonia della poesia di que' tempi. Di questo fatto, che distingue il sentire poetico di Cino e di Guido da quello d'ogni altra età, molteplici cagioni si possono assegnare, altre proprie di tutta la civiltà cristiana, altre del secolo. Tra queste niuno sia che nieghi precipuo luogo a quella inclinazione, che separava l'individuo dalla società, e gli raddoppiava l'affetto restringendolo tutto sopra un oggetto. In realtà l'amore non fu mai espresso più seriamente che al sorgere della volgare poesia. Ma l'amore per se medesimo è sentimento individuale, e tanto più vivo quanto più efficacemente le condizioni della società rivolgono l'uomo sopra se stesso. Di qui pure le straordinarie dimostrazioni di religioso entusiasmo.

Insieme coll'amore un'altra facoltà teneva il campo della intelligenza ne' tempi compresi tra lo spuntare

e il cadere de' Comuni. Infatti, oltre ciò che immediatamente attorniava l'individuale esistenza, poche erano le cose fermamente conosciute: ora in secoli bui là dove termina il cognito, comincia il meraviglioso. A capo del meraviglioso sta il destino; e del destino sono forme credute vere i negromanti, le fate, l'astrologia, i démoni operanti sulla terra. Manca essa allora la ragione d'un fenomeno? E l'animo ne assegna tosto uno soprannaturale. La scienza non somministra essa bastanti appoggi al ragionamento? E questi appoggi ricercansi nel rotar d'una stella, nell'elevarsi d'una fiamma, nella struttura d'una mano o d'un piè. Fa mestieri alfine d'un principio? E tosto se ne stabilisce qualcuno ad arbitrio, e sopra vi si erge una dottrina. Così nel luogo de' fatti e delle deduzioni sottentra la individuale fantasia; e la poesia ne suggella i concetti. Quindi l'idea d'infinito confusa con quella d'ignoto; e già il mare oltre Abila e Calpe fuor d'ogni limite si estende, e l'immaginazione popola di non più viste fiere e schiatte d'uomini le terre oltre il Nilo ed il Gange. Talora altresì, quasi peritando, vi spinge entro lo sguardo, e sotto le spoglie di generoso campione armato da capo a piè percorre a nobil fine pianure e selve e valli e fonti e giardini, che vengono creati d'un cenno presso a palagi incantati, e qui combatte fiere e giganti, colà salva innocente donzella, o converte regni a' cattolici riti.

Prestavano materia a questi meravigliosi racconti gli straordinarii viaggi, coi quali alquanti fuorusciti, negozianti e missionarii italiani ampliavano i confini del mondo conosciuto. In fatti in que' tempi non eranvi strade certe, non sicurezza, non facilità di

trasporti; nè la nautica era ancora sostenuta dall'astronomia a drizzar la prora nell'immensità dell'Oceano; nè la bussola stessa di grande presidio riputavasi. Oltrechè ignoranza, ladri, guerre, corsari, peste e dazii moltiplicavano distanze e pericoli.

Ma i più abbondanti argomenti al canto del nobile trovatore, alla leggenda dell'errabondo giullare erano forniti dalle imprese di guerra; appunto come la invasione e la conquista erano state la prima e più famosa dimostrazione dello spirito individuale di ventura. Perciò sulle imprese de' Normanni in Italia fondavasi quel romanzo del Guerino; che composto di popolari racconti al tempo della dominazione angioina, di tal efficacia era tuttavia due secoli poi, che dal 1473 al 1498 ne' primordii della stampa l'Italia ne annoverò ben dieci edizioni (1).

Così gli estremi di buona e di avversa fortuna, di vizii e di virtù, diventavano il pascolo gradito delle moltitudini! Così a scomposto e diverso operare corrispondeva non meno scomposto e incerto sentire!

V.

Finora scorrendo, sebbene alla sfuggita, le condizioni politiche, morali e intellettuali del medio evo, ci siamo studiati di farne risaltare un fatto, della cui verità e le vicende di tutta quell'epoca, e questa istoria medesima possono essere del resto la più sicura riprova. Noi crediamo che le cose sinqui dette bastino a provare, come nel medio evo il difetto di principii generali, di stabili instituzioni, di pubblica autorità,

(1) Ferrario, Bibliogr. deʼromanzi, p. 205.

riunendo nell'individuo tutte quelle forze che toglieva alla società, aprisse un vastissimo campo allo spirito di ventura. Manifestavasi esso poi o in opere esterne, o in fatti interiori di pensieri e credenze. Quanto a questi sarebbe troppo pericoloso l'esigerne o il darne delle prove parziali. Quanto alle vicende esterne, potrebbesi scegliere alcune fra le tante esistenze varie, operosissime del medio evo, e seguitandole in tutti i loro rigiri mostrare in esse la viva applicazione de' principii stabiliti. Ma che altro occorre per rimanerne persuasi, se non se di aprire un volume delle storie de' tempi? Accadde una volta che a certo convegno tutti gli ambasciatori d'Europa furono Fiorentini (1). Fu un secolo, in cui i più de' professori dell'università di Parigi erano italiani, e italiano il cancelliere dell'università, e il precettore del Principe, e chi vi fondava una celebre scuola di chirurgia (2). Del resto Buonaccorso Pitti, esule, soldato, nego

(1) « La città di Firenze è posta di sua natura in luogo salvatico e sterile, che non potrebbe con tutta la fatica dare loro da vivere agli abitanti.... e per questo sono usciti fuori di loro terreno a cercare altre terre e provincie e paesi, dove uno e altro ha veduto da potersi avanzare un tempo e fare tesoro e tornare a casa: e andando a questo modo per tutti i regni del mondo e cristiani e infedeli, hanno veduto i costumi delle altre nazioni... e l'uno ha fatto venire volontà all'altro, intanto che chi non è mercatante e che abbia cerco il mondo e veduto le strane nazioni delle genti e tornato alla patria con avere, non è riputato da niente.... ed è tanto il numero.. che vanno per lo mondo in loro giovanezza, e guadagnano e acquistano pratica e virtù e costumi e tesoro, che tutti insieme fanno una comunità di sì grande numero di valenti e ricchi uomini, che non ha pari al mondo.... » Dati, Cron. p. 55 (Firenze 1735). (2) Libri, Hist. des mathém. t. II. 82. 112.

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