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In Genova la compagnia era una divisione naturale della città; altrove essa sorgeva per impulso privato, e montava tanto, che occorreva al Comune di autenticarla e soggiacerle. Nel 1266, tumultuando Parma tra Guelfi e Ghibellini, un Giacomo Barisello di professione sarto, innalberò una croce, vi raccolse in- A. 1266 torno 500 seguaci, e girando di casa in casa indusse tutti per amore o per forza a giurar fede al papa. Bentosto la compagnia della Croce venne approvata sotto il governo d'un capitano e di alquanti primicerii; poi si assegnò a' suoi officiali tanta autorità quanta agli anziani del Comune, con facoltà d'emanar bandi e statuti, e di ragunarsi a suon di tromba o di squilla, e di ricevere compromessi da' litiganti, e metter pace tra loro. L'anno dopo, il capitano di essa assunse il A. 1267 titolo di capitano del popolo ; quindi i due uffici nella stessa persona s'innestarono, e il Comune nella compagnia si rinversò. Riformossi questa dipoi sotto gli auspicii degli Angioini, e stabili che il proprio capitano fosse forestiero, ed avesse lo scambio ad ogni sei mesi. Più tardi comandò di punire come ghibellino A. 1284 e nobile qualunque offendesse alcuno de'suoi uomini. Più tardi ancora si aggiunse 1300 persone approvate ▲. 1288 ad una ad una da tre collegi di savii, e dai due consigli del popolo. Così una associazione governò Parma per tutta la seconda metà del XIII secolo! (1)

Qui potrebbesi opporre, che cotesto potere fosse stato usurpato a forza; pur rado non era, che il governo medesimo mal confidando nelle proprie forze, cedesse spontaneamente una parte de' suoi diritti ed (1) Chr. Parm. p. 804. 822 (R. I. S. t. IX). Parma, t. III. p. 274-293, t. IV. 81.

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Affò, St. di

incarichi a un particolare consorzio, al cui sostegno sapeva che vegliava giorno e notte l'interesse privato. Quindi i dazii appaltavansi a compagnie di mercatanti, i pubblici segreti e denari consegnavansi in guardia a frati od a cavalieri gaudenti; e nel banco di S. Giorgio riducevansi le entrate della repubblica genovese. Cacciati per sempre da Firenze i Ghibellini ▲.1266 dopo la giornata di Benevento, crederebbesi forse che la gran massa de' loro beni venisse appropriata al Comune, e amministrata da pubblici officiali? Mai no furono a ciò deputati i capitani di parte guelfa, che ne trassero argomento per comandare talora quasi alla pari del gonfaloniere e de' priori (1). A distruggere i Patareni e i Sodomiti fu forse il Comune di A. 1256 Bologna che ordinò magistrati ed esecutori? Il Comune si restrinse ad approvare, che una compagnia detta di N. D. sotto la guida di quattro capitani e d'un gonfaloniere cercasse i rei, ne abbattesse le case, ne desolasse le campagne e li traesse al ferro e al fuoco (2). A. 1271 Tre lustri appresso chi fu che v'acquetò le gare

civili? I più specchiati cittadini, indifferenti all'uno e all'altro partito, che ragunatisi nella grande compagnia della Giustizia, misero pace a forza coll'esiglio de' più facinorosi (5). Essendosi poi essa allontanata dal primo istituto d'equità, contro la compagnia della Giustizia s'elevava quella della Croce, e contro la compagnia della Croce altre simiglianti, finchè il papa in un lodo di pace non le sciolse tutte (4).

(1) Lapo da Castiglionchio, Epistola etc. p. 128 (Bologna 1753). G. Vill. VII. 16.

(2) Savioli, AA. 1256.

(3) Memor. Potest. Reg. p. 1132 (R. I. S. t. VIII).

(4) Cantinelli, Chr. p. 261 (Rer. Favent. Script.).

Chieri, le fiamme del cui incendio avvertirono i Comuni lombardi della prima calata di Federico Barbarossa, stette un secolo divisa nelle due compagnie de' Militi e di S. Giorgio. A questa città ora quasi obbliata il tempo concesse una cosa, che ei dinegò ad altre molto più grandi: vivono tuttavia gli statuti della compagnia di S. Giorgio, e il loro sunto concluderà questo argomento.

Così era ordinata la compagnia, come il Comune, sotto quattro rettori, se cittadini, o sotto un solo, se forestiero, permanenti in officio quattro mesi; e sotto parecchi massai e notai deputati a tener i conti delle entrate e delle spese. Oltre a ciò la compagnia aveva due consigli: nel minor consiglio si trattavano le faccende ordinarie, nel maggiore le più importanti e le variazioni agli statuti. Radunavasi il maggior consiglio senza fallo prima della elezione dei rettori del Comune, affine di concertare i suffragi. Il capo della compagnia poteva obbligare chiunque a concionare sia nel consiglio del Comune, sia in qualsiasi altra privata o pubblica adunanza: bensì nel caso, in cui per ciò si fosse incorso in qualche multa, la compagnia risarciva del proprio. Niun membro della compagnia poteva nominare a'pubblici uffici uomini estranei ad essa molto meno poi arringare nel Comune contro il partito da lei preso, o scegliere fuori d'essa il proprio avvocato o procuratore. La compagnia pagava in massa al Comune le imposte di tutti i suoi membri; quindi per mezzo de' suoi massai le riscuoteva insieme colle imposte sue proprie. S'entrava nella compagnia per via di nomina, o di successione. A chi ne escisse per giurarne un'altra, sovrastava pena

di 500 lire e infamia. Le altre trasgressioni avevano multe determinate.

I rettori della compagnia avevano obbligo di difenderne e mantenerne illesi tutti gli uomini, quando anche si dovesse andar contro alle deliberazioni del Comune. Venendo insidiata la vita d'un membro della compagnia, dovevano deputar gente a custodirla : venendo lesa per ferite o percosse, tosto a detta dell'offeso dovevano proporre all'offensore condizioni di pace se la proposta era ricusata, suonavasi la campana a stormo, facevasi la massa armata alla casa di S. Giorgio, e a bandiere spiegate correvasi a mettere a ferro ed a fuoco gli averi del reo. Rinnovavasi la distruzione nell'anno seguente e negli altri ancora, finchè l'accordo non veniva accettato. Al suono della campana ogni fabbro o muratore doveva portare un piccone, ogni legnaiuolo una scure, ogni balestriere una balestra. Precedevano il gonfalone gli arcieri e i fanti armati di panciera e zuccotto in numero di 400; poi veniva il popolo; alla coda marciavano 25 de'più risoluti coll'incarico di percuotere chiunque volgesse le spalle. Chi fuggisse, chi mancasse, chi rifiutasse di disfare le case o di camminare innanzi, incorreva nella multa di 50 lire. Ugual pena sovrastava a colui, che vedendo il compagno impacciato in qualche contesa, non volasse a soccorrerlo coll'armi, colle mani, in ogni modo.

Del resto niuno poteva usare, trafficare o passeggiare con chi avesse percosso un uomo della compagnia, niuno vendere la sua casa o le sue terre ad altri che alla compagnia, sotto pena di nullità e confisca. I gonfalonieri, i massai, i consoli di S. Giorgio ave

vano fisso stipendio, avevano potestà di disporre delle case dei socii per comune difesa, avevano sovra essi giurisdizione civile e criminale. Qual reggimento più forte e perfetto di questo sarebbesi potuto rinvenire nel medio evo? E pur non era che un'associazione stabilita da popolani affine di ostare alla potenza dei grandi (4). Nella vicina Asti con opposto fine, ma analoghi mezzi formavasi ne'medesimi tempi la compagnia de'militi, detta la Baronia (2).

Di questo modo nel medio evo lo spirito d'associazione occupava tutte le vie dell'umana esistenza, religione, governo, scienze, arti, guerra, giuochi, delitti, commercio. Di questo modo un vessillo sventolato per le vie, una croce inalberata, un segno sulle vesti, un grido, quattro tocchi di una squilla, erano sufficienti per radunare una moltitudine d'individui; i quali, conoscendo che nella salute del compagno stava riposta la propria, con quell'amore ne assumevano le parti, col quale le proprie sostanze, anzi l'onore, anzi la vita propria si difendono. Quanto vivamente non dovevano adunque essere inclinati a far compagnia que'venturieri, che sparsi per ogni dove, e già soliti a combattere insieme, e ad avere non dissimili nemici, e stanze, e desiderii, avevano dal diuturno versare nelle guerre italiche acquistato uso d'arme, dispregio verso le milizie nostre, ed infinita brama delle ricchezze che vi erano o riputavano esservi? La Sicilia forni il primo esempio all'Italia d'una compagnia di ventura; e noi siamo per narrare cose, che ricorderanno

(1) Statut, Societ. B. Georg. (Mon. hist. patr. leg. municip.). (2) Statut. Soc. Baron. (Cod. mss. Biblioth. Taurin. t. II. Taurini 1749).

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