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Ciro e i dieci mila-poche migliaia di venturieri partir da Messina per guerreggiare a' servigi dell' impero d'Oriente, sconfiggerne i nemici in molte battaglie; poi combattendo a un tempo colle gare intestine e le perfidie di chi li ha chiamati, e colle popolazioni avverse, traversare a viva forza immense contrade e fondarsi uno Stato nella Grecia.

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CAPITOLO NONO

La gran compagnia degli Almovari.

A. 1302-1312.

I. La pace di Sicilia astringe que'venturieri, che avevano difeso l'isola, a cercar partito presso l'imperatore greco. Gli Almovari. Ruggiero di Flor è creato capo supremo di tutta la compagnia. Sue vicende. Ritorno de'legati. Preparativi. Partenza.

II. Arrivo. Baruffa co' Genovesi. Passaggio in Asia. Battaglia a Cizico. Depredazioni. Mal animo de'Greci. Ruggiero paga i debiti delle schiere. Strage degli Alani. Battaglia di Filadelfia. Arrivo del Rocafort. Vittoria al monte Tauro. Ritorno delle schiere.

III. Gli Almovari a Gallipoli. Sopraggiunge l'Entenza. Dissensioni co' Greci. Al fine le provincie d'Asia sono date in feudo agli Almovari. Assassinio di Ruggiero di Flor e de'Catalani a Costantinopoli e Adrianopoli. Gli Almovari assediati in Gallipoli. L'Entenza colle navi diserta la Propontide. Sua disfatta e presa. IV. Disperato proposito degli assediati. Loro duplice vittoria sopra i Greci. Doloroso fine di 60 prigioni. La Tracia alla mercè de'venturieri. Scorrerie loro. Presa d'Estagnara. Sterminio degli Alani. Le donne almovare difendono Gallipoli da' Genovesi.

V. I Turchi ed i Turcopili s'uniscono alla gran compagnia. Arrivo dell'Entenza. Sue gare col Rocafort. S'avviano verso la Macedonia. Scempio dell'Entenza e de' suoi seguaci. Discordie a Cassandria. Il Rocafort mandato in ceppi a Napoli.

VI. Condizioni di quelle contrade. I Catalani si volgono alla Tessaglia. Giungono in Grecia. Mal ricompensati dal

duca d'Atene, lo guerreggiano. Loro vittoria e acquisto del ducato.

CAPITOLO NONO

La gran compagnia degli Almovari.

A. 1302-1312.

1.

I soprusi de'vincitori, il malcontento de' vinti in Sicilia erano alla fine riusciti ad una rivoluzione; venti anni poscia di guerra non avevano potuto ricuperare ai Reali d'Angiò quanto un giorno era bastato a rapir loro. Invano Roma, Francia, Napoli e l'Ordine del Tempio avevano congiunto le armi contro il nascente Stato: invano il re medesimo d'Aragona le aveva rivolte contro il proprio sangue; quella fortuna che sovente fa parere follia un magnanimo ardire, e senno l'ignavia, si compiacque questa volta di coronare il generoso conato de'Siciliani. Un principe della schiatta d'Aragona fu eletto alla signoria dell'isola.

A 1282

-4302

Ma quel trattato, che assecurava agli isolani pace e A.1302 indipendenza, altri pericoli minacciava e per essi e per quei Catalani e Aragonesi, ch'erano stati fedeli propugnatori della loro causa. Parte di costoro avevano seguito in Sicilia il re Pietro, allorchè gli si era data in obbedienza: parte vi erano approdati con Giacomo e Federico di lui figliuoli e successori, sia che a ciò li chiamasse desio d'onore, o personale affezione al principe, o bramosia di preda, o bisogno. Sollecitati

nel 1296 dal re Giacomo d'Aragona a tornare in patria e ad abbandonare l'isola al suo destino, avevangli mandato in risposta « che siccome gli Aragonesi erano i più liberi di tutti i popoli che obbedissero a re, le leggi comuni e le patrie costituzioni li scioglievano da qualsiasi obbligo di omaggio verso un principe che rivolgeva le armi contro uno Stato fondato dal padre, posseduto dal fratello, e da lui medesimo già retto e difeso: rimaner adunque in Sicilia (1) ».

Chi di loro era cavaliere d'alto lignaggio, chi veterano invecchiato nelle guerre d'Europa; i più derivavano da una stirpe d'uomini, che sugli aspri gioghi della Catalogna e dell'Aragona avevano serbato colle armi in pugno la propria religione e libertà intatta dalla prepotenza de' Mori. Chiamavansi Almogavari, e da taluno anche Almovari; ma se provenisse tale nome da nazione o da milizia, è incerto. Un berretto di cuoio, una succinta tunica, strette brache di pelle, una borsa ove mettere pane, selce ed esca, sia nella state sia nel verno, erano unico fregio e veste a cotesta gente usa a stare due o tre dì senza cibo ovvero col solo pasto d'erbe selvatiche. Sulle spalle portavano due saette, in mano una breve asta, al fianco una spada acutissima: con queste armi ratto erompendo, ratto ritraendosi, trascorrevano due o tre giornate sulle terre de'Mori, vi mettevano insidie, vi mandavano ogni cosa a sangue ed a preda: poi ricchi di roba e di cattivi riparavano alle loro inaccesse dimore, togliendo al nemico la facoltà e di difendersi e ven

(1) Hieron. Blancas, Comment. Rer. Arragon, p. 737.

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