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dicarsi (1). Mancando neʼmonti nativi la guerra e la rapina, cercavanle volontarii a'soldi stranieri; e così come mercenarii erano venuti in Sicilia, e come mercenarii v'erano rimasi. Di loro agilità poi e fortezza narravansi meraviglie: un Almovaro solo a piè aver resistito a venti uomini d'arme, e uccisone cinque prima di cadere; un altro prigioniero alla corte di Napoli avervi sfidato in campo chiuso qualsiasi cavaliere armato di tutto punto, e con un dardo e una spada esserne uscito vittorioso.

Cosiffatta era la gente, che con egregi esempi di fedeltà e di valore aveva aiutato i Siciliani a riscattarsi dagli Angioini. Ma il sopraggiungere della pace la spingeva a dolorosi partiti. E in verità da una parte la lunga guerra aveva consumato nell'isola ogni cosa, sicchè già le scorrerie risultavano di poco guadagno e di molto pericolo: dall' altra parte, la Francia e l'Italia, già da loro combattute ed ora quiete per accordo, li respingevano da sè, nè le patrie terre d'Aragona, atteso la fiera risposta mandatane al re, mostravansi più propizie. Il restare adunque essendo impossibile, il muoversi malagevole, radunansi a segreto convegno i caposchiera, e, comprimendo per la necessità le private ambizioni, concedono a Ruggiero di Flor potestà di ricercare e trattar modo di uscire da quelle avviluppate condizioni.

Niuno meglio di Ruggiero aveva dato a divedere in se stesso la potenza di quello spirito di ventura, che agitava gli individui nel medio evo. Il padre suo,

(1) Bern. d'Esclot, Hist. Catalaun, L. II. (ap. Duc. Gloss.) -Muncada, Hist. de l'expédit. etc., L. I. ch. VI.-Amari, Un periodo di St. Sieil, e. IX. p. 106. e Doc. 21. 22. 23.

tedesco di nazione, era stato falconiere dell'imperatore Federico : la madre l'aveva partorito a Brindisi, ov'era nata, in vivere più che agiato. Ma a un tratto le spade angioine a Tagliacozzo, ed i rigori del fisco rapirono al giovinetto padre e sostanze: la povera genitrice con quelle masserizie che potè trafugare alla rapacità de'vincitori, riparò alla meglio in una casetta sul lido di quel porto; e quivi la miseria e l'oscurità parevano serbate in retaggio a lui, che pur doveva sedersi accanto all'imperatore d'Oriente. Se non che un di eccoti arrivare nel porto una nave dell'ordine del Tempio affine di pigliarvi savorra e risarcirsi. Mentre stan rattoppandola, non è a dire se il piccolo Ruggiero vi faccia frequenti visite, e sguizzando fra' calafati e mastri d'ascia non si sollazzi tutta la giornata a saltare di trave in trave, e arrampicarsi su per gli attrezzi. Infine la sua agilità, il suo ardire, certo suo straordinario aspetto ne invogliarono in guisa il capitano del Tempio, che chiese e impetrò dalla vedova madre di lui la licenza di condurlo seco.

Di 15 anni, Ruggiero era il più valente mozzo della ciurma; di 20 il gran mastro dell'Ordine lo vestiva frate sergente, e gli confidava il Falcone, grossa nave allora allora comprata da'Genovesi. Con essa all'assedio d'Acri fece il garzone buone prove di sè: ma quando, presa la città, dovettero i cristiani qua e là andare in traccia di nuovi ricoveri, fu chi l'accusò d'essersi indegnamente arricchito colle spoglie degli esuli rifuggiti al suo bordo. Per conseguenza Ruggiero, paventando sia l'avarizia e invidia altrui, sia la propria coscienza, sguernita la nave, cansossi a Genova presso un Ticino Doria, armò in guerra un

altro legno, e l'offerse a'servigi del re di Napoli. Ributtato dall'Angioino, passò in Sicilia presso il re Federico. Quivi ottenne facile accoglimento e larghe provvigioni: quivi in capo a tre anni fu per sua bravura creato vice-ammiraglio, ammesso nel real consiglio, e investito di due castella e dell'isola di Malta (1). Era Messina travagliata da crudel fame; chè il nemico con grandissima armata da più settimane le stava sopra, nè appariva alcuna via di sovvenirla: Ruggiero presentossi al cospetto del re, ne ottenne 12 galee, le empiè di grano a Sciacca; poscia appena che vede gonfiarsi il mare e rosseggiare come per vicina tempesta, scioglie le vele, e innanzi dì, traversato il naviglio angioino, entra nel porto di Messina (2). Queste gesta, e le prede fatte sui nemici, la piratica esercitata su tutte le spiaggie del Mediterraneo, la sua audacia, la sua liberalità, la sua franchezza l'accrebbero poi tanto di navi, di seguaci e di ricchezze, che in lui (come nel più valente) rimisero le loro sorti i capi delle bande catalane.

Non si tosto adunque Ruggiero ebbe ricevuto dai A.1.03 compagni quell'incarico, che coll'assenso del re allesti una nave, e sovra essa inviò due legati a Costantinopoli, affinchè vi cercassero condizioni di assoldamento presso l'imperatore Andronico Paleologo. Era la stagione in cui il trono de' Cesari doveva tollerare il sommo dell' infamia, come già era stato specchio della più alta gloria e possanza. I Turchi, rilevando il capo dalle disfatte ricevute da'Tartari, spingevano le scor

(1) Muntaner, Chron. d' Arragon., ch. 194 (ap. Buchon, t. VI) Muncada, cit. ch. 3.

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(2) Amari cit. c. XVIII. p. 269.

rerie fin sulla spiaggia d' Asia rimpetto a Costantinopoli; e mentre Otmanno nella Bitinia stava radunando intorno a sè le forze che dovevano abbattere l'ultima parte del romano impero, il vile Andronico spogliava d'arme e di cavalli i proprii sudditi per fornirne diecimila Alani, venutigli a'servigi dalla sinistra sponda del Danubio. In tali estremità le offerte de' venturieri Spagnuoli parvergli scese dal cielo: quanto seppesi chiedere da'legati, tutto fu assentito, pecunia, onori, potenza: quattro oncie d'oro di soldo al mese agli uomini d'arme, due a'cavalleggieri, quattro a'capitani di ciurma, una ai nocchieri e pedoni, 20 tari a'balestrieri; le paghe anticipate di quattro mesi: due mesate oltre il servito a chi poi volesse tornare in patria: Malvasia fossero pronti i viveri e le prime paghe; frate Corberano d'Alet avesse l'ufficio di siniscalco, Ruggiero quello di granduca o general capitano del mare, e menasse tosto per isposa Maria, nipote dell'imperatore e figliuola di Azan, re della Bulgaria».

Con questo accordo licenziati gli ambasciatori, tornarono in Sicilia, recando a Ruggiero il cappello, la bandiera e il bastone di granduca, e bolle d'oro contenenti i patti e i privilegi. Cominciossi pertanto a metter mano all'impresa. Ruggiero mandò per ogni parte l'avviso a chiunque volesse venire seco lui, fosse soldato a piè od a cavallo, di qualsiasi nazione o setta, che si trovasse a Messina dentro certo tempo; poi lo vedresti affrettarsi a vendere terre e suppellettili, fornir navi, comprar armi, stipendiar nocchieri e marinai, pigliare a prestito ventimila bisanti dai Genovesi, affrettar gli uni, riunire gli altri, ed ogni

cosa sopravvedere e comandare. Il re lietissimo di levarsi d'attorno quelli oramai incomodi ausiliarii, offerse loro per la partenza denaro, navi, biscotto, formaggio, carne salata, aglio e cipolle.

Raccoltesi così, specialmente colla pecunia di Ruggiero, trentasei vele, a Messina si fe'la generale rassegna delle squadre. Noveraronsi quattromila fanti almovari, mille uomini di ciurma, e mille cinquecento militi ottimamente forniti d'ogni cosa, tranne di cavalli. I più erano Catalani e Aragonesi, e traevano seco le proprie donne e figliuoli; ed alcuni v'erano pure nativi della Sicilia e dell'Italia, a cui non aveva sofferto l'animo di separarsi dagli antichi camerati. Primeggiavano, dopo Ruggiero, un Ferdinando Ximenes di Arenos, un Ferdinando d'Auny, un Corberano d'Alet, un Pietro d'Aros, de' più segnalati gentiluomini d'Aragona. Berengario di Entenza, suocero di Ruggiero di Loria il gran difensore della Sicilia, sia per gelosia di obbedire al granduca, sia per la fiducia di effettuare di per sè un'altra impresa con certe genti aspettate dalla Spagna, si rimase in disparte (1); e ne segui l'esempio Berengario di Rocafort, occupato tuttavia nel vendere al re di Napoli certe sue castella di Calabria. Tutti gli altri, come fu il dì fis- 4 sett. sato, salparono allegramente da Messina, sventolando 10 a poppa gli stendardi di Sicilia, d'Aragona e di Ruggiero di Flor (2).

(1) Sembra che costui, forse mosso dalle istanze del Loria, avesse nella guerra antecedente tradito Otranto all'Angioino. Quindi per non so quale sospetto era stato imprigionato: alla fine rimesso in libertà per le preghiere di Giacomo d'Aragona, era tornato a servirlo. Amari cit. c. XVI. 232.

(2) Muncada cit., 1. 1. ch. 6. - Muntaner cit., ch. 201.

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