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Le prime Compagnie Tedesche
A. 1327-1343.

MARCO E LODRISIO VISCONTI

-IL DUCA GUARNIERI

ETTORE DA PANIGO.

I.

-1329

I venturieri sassoni e tedeschi, che Lodovico il A. 1327 Bavaro meno seco in Italia, allorchè andò a Roma per cingersi della corona imperiale, erano destinati ad aprire in Toscana una gran fonte di non brevi sciagure. Già a Roma avevano eglino colle proprie insolenze esasperato di modo il popolo, che ne era perciò andata a monte la spedizione disegnata da Lodovico sopra Napoli: quindi presso Velletri erano venuti tra loro ad una orrenda zuffa per la divisione delle prede: giunti a Pisa,eccoti che cospirano d'abbandonare l'imperatore, e sotto scusa di certi crediti non soddisfatti, in numero di 800, lasciano la città, e voltansi precipitosamente verso Lucca. Era il proposito loro di sorprenderla in mala guardia, rubellarla, e 29 Share tenerlasi; nè per fermo andava ad essi fallito, se un celere nunzio non li preveniva. Respinti perciò da Lucca, albergaronsi nei sobborghi, e li depredarono: alla fine, dopo assaggiate invano le terre vicine, montano sul Ceruglio di Vivinaia, acconcio luogo a cavaliere delle valli dell'Arno e della Nievole, vi

1329

1

ristaurano le fortificazioni qualche tempo avanti innalzate da Castruccio contro i Fiorentini, e ne fanno una sicura stanza, d'onde calansi a riscuotere tributi e tolte sull'una oppur sull'altra delle due valli. Di colà praticano eziandio di essere messi al possesso di Lucca da una banda di Tedeschi che ne custodiscono la cittadella; di colà trattano accordo coll'imperatore; e sia daddovero, sia per conseguir da lui più larghi patti, col mezzo di due capisquadra mandati apposta a Firenze offrono nel medesimo tempo un altro accordo a questa repubblica.

Stava allora in Pisa, alla corte del Bavaro, Marco Visconti, il valoroso soldato, l'esperto capitano vincitore de' Guelfi in Lombardia e nel Piemonte, unico della sua famiglia, che l'imperatore non avesse disperso o mandato in prigione. Costui parve a Lodovico l'uomo opportuno per essere spedito al Ceruglio a parlamentare co' Sassoni e forse l'imperatore nel proporgli cotesto incarico sperò altresì che un subito sdegno o qualche repentino accidente per parte delle soldatesche ribelli gli togliesse di mezzo senz'altro pensiero l'incomodo capitano, che odiavasi come offeso, blandivasi come potente e fedele. Comunque fosse la cosa, non senza certa apprensione Marco Visconti sali al Ceruglio con denari e promesse. Dapprima, come persona sospetta, vi fu ritenuto cortesemente per malleveria delle paghe pretese: ma non si tosto le squadre ebbero notizia delle sue gesta, e conobbero i suoi modi e la sua feroce lealtà, che l'animo di esse fu tutto per lui. Bentosto l'acclamarono a proprio capo ed essendo sopravvenuta la partenza del1329 l'imperatore dall'Italia a liberarle da ogni rispetto,

15 april.

sotto la guida di Mareo s'introducono in Lucca, aiutano per denaro i Pisani a levarsi di collo la guarnigione imperiale, e come gente selvaggia si gettano sul paese sottostante. Nella generale desolazione Camaiore fu arsa colla morte di 400 terrazzani. Quanto a Lucca, già spogliata da Uguccione, da Castruccio, da Lodovico il Bavaro di pecunia e di popolo, non poteva ella servire di lunga dimora a uomini, che altre vie di sostentarsi non conoscevano, tranne il sacco e la guerra. Però dopo averne spremuto quel più che poterono, la offersero in vendita a Pisa e a Firenze per ottanta mila fiorini. A questo termine avevano ridotto così nobile città le discordie intestine! Rifiutata da entrambe, dopo infiniti dibattimenti e ambasciate, alla fine un Gherardino Spinola fuoruscito genovese comprolla per trentamila fiorini, e fermando a' suoi servigi alcune squadre dei medesimi Tedeschi, s'avvisò di signoreggiare con esse i traditi cittadini.

Venduta Lucca, e spartitone il prezzo, le soldatesche del Ceruglio o si sbandarono per l'Italia a vivere di ventura, ovvero piene di bottino ripassarono i monti. Ciò udito, Marco Visconti, che alcuni giorni prima s'era recato a Firenze per accordare quella vendita, e vi era stato onorato a guisa di principe, se ne parti per andare a Milano, dove lo attendeva una crudel morte per man de'proprii congiunti (1).

-4333

L'anno dopo i Lucchesi, avendo scacciato di città A. 4330 lo Spinola, si davano in obbedienza a Giovanni re di Boemia, che venuto per caso in sui confini dell'Italia aveva in breve tempo ricevuto a volontaria de

(1) G. Vill. X. 107. 124. 128. 129. 134. 142. 143.

dizione Brescia, Bergamo, Reggio e Modena. Tre anni solamente durò questa potenza sorta all'improvviso e quasi per incanto: ma quando gli sforzi uniti di Firenze e dei signori ghibellini di Lombardia la fecero cadere, ed egli si tornò a Parigi a' soliti diletti ed amoreggiamenti, un migliaio de'suoi soldati tra Tedeschi e Francesi si ricolsero nel Piacentino alla Badia della Colomba, e sotto il nome di Cavalieri della Colomba tolsero a vivere di rapina sopra i paesi attorno. Nel 1553 la città di Perugia li chiamò in suo soccorso contro il signore d'Arezzo, che l'aveva sconfitta in una gran battaglia; ed eglino entrarono a bandiere spiegate in Toscana, e respinsero dalla città gli Aretini, e cambiando le sorti della guerra presero é disertarono Cisterna e Città di Castello. La pace impose termine come al vincere, così al servir loro. Allora si dispersero quà è là per le terre d'Italia; 540 pigliarono partito presso il Comune di Firenze (1). Ma questi non'erano che i primi segni di quel che stavano per operare le Compagnie di ventura.

II.

Prima della sua partenza il re Giovanni di Boe4335 mia aveva ceduto Lucca ai Rossi, illustri cittadini di -1338 Parma; questi l'abbandonarono in preda a Mastino della Scala, signore di Verona, anzi della Marca Trivigiana. Ciò fu cagione per cui una potente lega si stringesse a' costui danni tra Firenze, Venezia, Milano, Mantova, Ferrara e il duca di Carinzia. Verso questi tempi appunto i Fiorentini col passare secondo l'uopo

(1) Joh. de Cornaz. Hist. Parm. p, 740 (R. I. S. t. XII). - G. Vill. XI. 28. 38. 62.

dall'una all'altra alleanza, avevano trovato il modo di conservare l'equilibrio tra gli Stati italiani; nè le schiere di ventura, che al suono dei fiorini d'oro poteano venire assoldate e spedite ovunque occorresse, erano mediocre strumento a effettuare tal disegno. I Fiorentini ed i Veneziani stipendiarono impertanto a spese comuni due mila cavalli ed altrettanti fanti sotto un capitano di guerra (1): e dopo tre anni di guasti e di rapine sforzarono Mastino a sottoscrivere vergognose condizioni di pace. Per virtù di questa pace venne egli spogliato, tranne Verona e Vicenza, di tutte le città con tanta riputazione già acquistate e rette da Cangrande: ma gli restò quasi a compenso, una immensa smania di vendicarsi: bentosto il posar dell'armi gli aperse la strada a soddisfarla.

Era stata nel corso della guerra la città di Vicenza come divisa tra le masnade tedesche della lega e quelle dello Scaligero: le prime ne aveano occupato e messo in forte i sobborghi; le altre, cacciatine gli abitatori, aveano piantato da padroni le loro stanze

(1) I patti di lega del 1336 portavano « che per li pre« detti Comuni si soldino 2000 cavalieri e 2000 pedoni al « presente., . . che tutte l'emende de' cavalli ed ogni spesa << che occorresse, si dovessono pagare comunemente, e che « per la detta guerra fare, si debba tenere uno Capitano di «guerra a comuni spese. E in Venezia dimoravano al «< continuo due savi e discreti cittadini a fornire le dette paghe e a provvedere le condotte de'soldati, e simile per «<lo Comune di Vinegia, e due altri ambasciatori, uno Ca<«<valiere ed uno Giudice a stare continuo in Vinegia col Dogio, «e col suo Consiglio a dare ordine alla guerra; e due altri << Cavalieri militanti a stare per ciascuno de' detti Comuni << nell'oste col Consiglio del Capitano della guerra ». G. Vill. XI. 49.

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