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migine, Casinalbo, il Curlo, Bazuaria per sette di andarono al ferro e al fuoco; le genti, se giovani e vaghe, segno a lascivie, se attempate, a tormenti: chè straziavanle per avere indizio di tesori nascosti, scempiavanle per trastullo, per esperimento della propria forza. Più iniquo fine era serbato a' villani, a cui fosse mancato il tempo di ricoverarsi nei luoghi forti; e orrendi frutti penzolavano dagli alberi della squallida campagna. Di questo modo la compagnia, traversato il Modenese, si versava nel Reggiano, poi tornava a disertare Ganaceto, Soleria, Carpi, Campogalliano, S. Zenone, Cortile, S. Martino, Camurana e Sorbaria; e già appressandosi al Po minacciava Mantova.

Frattanto i principi di Lombardia radunati a Ferrara in concilio per consultare le vie di riparare a questa rovina, s'accorgevano, ma troppo tardi, quanto manchevoli sieno le fondamenta delle signorie fondate sulla oppressione e sulla ignavia. «I sudditi divezzi dall'armi, avviliti, malcontenti per la gravità de' tributi, per le infamie di chi regge, per la ricordanza dell' ancor fresca libertà, essere anzi di terrore che di giovamento quanto alle masnade mercenarie, e chi vorrà spedirle in campo contro que'camerata, co'quali hanno di comune il mestiere, le passioni e la origine? Essere uopo adunque di comprare vilmente coll' oro la quiete ; quand' anche questa viltà debba essere sgabello ad altra maggiore; quand'anche un esercito alle spalle, il Po e le difese apparecchiate alla fronte, il paese sollevato, e tutte le forze della Lombardia in armi debbano rendere, come rendono, al nemico il fuggire, il vincere, il rimanere difficoltosissimo ».

1343

Compratosi l'accordo, datine gli ostaggi, il duca aprile di Urslingen divise la compagnia per ischiere o insegne, e ad una ad una, a misura che aveva consegnato a ciascuna la sua giusta parte di preda e di moneta, avviolle verso l'Alemagna. Nulladimeno dieci, non sazie ancora di sangue e di bottino, si incamminarono verso la Toscana; otto s'arrestarono a Carpi. Egli poi, il duca Guarnieri, dopo essere stato ospiziato cortesemente in Ferrara da Obizzo d'Este, risali coll'ultima insegna le Alpi Friulane, seco portando a' suoi paesani infinita preda e infiammati discorsi ad accenderli del desiderio d'imitarne la sorte (1). Colà negli infami bagordi, colà nell'ozio e nel giuoco si divoravano il sangue e l'onore, a noi colle torture, a noi co' tradimenti rapito: ned altro omai ci restava, che un vil piangere e soffrire, toltoci per le pazze discordie e ambizioni il modo di sbandire que' scellerati, e coi petti nostri e colle nostre armi scacciarli dalle abbominate case e da' profanati templi.

Restringeremo qui in poche parole le ultime vicende de' capi italiani della gran compagnia. Ettore da Panigo, rimasto a' soldi di Luchino Visconti, andò con 200 cavalli a Pisa, in vista per trattarvi certe sue nozze, in realtà per tramare co'figliuoli del morto Castruccio contro il conte di Donoratico, che vi signoreggiava. Scoperta la trama e mandato fuori onestamente dalla città, finse di avere abbandonato i servigi di Luchino Visconti, e di essere passato a quelli del signore di Mantova. Sotto questo colore guerreggiò il marchese di Ferrara, e lo sconfisse presso

(1) Bronner cit. § 31.

le sponde della Lenza (1). Finalmente per ordine di Luchino si recò in Garfagnana a concludere una restituzione di alcune castella. Quivi mentre separato dalla comitiva sta a colloquio con Niccolò da Gragnano, uomo molto potente di quelle parti, gli arrivò da costui tal motto, che senza più, sguainata la spada, Ettore gli calava un fendente sulla testa. Cansollo Nicolò, chinandosi e ricevendo la botta sulla spalla difesa dalla corazzina: nel medesimo istante un suo compagno stramazzava il Panigo d'una lanciata nel petto; e tosto Niccolò, piantandogli lo stocco tra il pettignone e il bellico, lo conficcava al suolo come. morto (1). Pochi giorni innanzi Mazarello da Cusano, reo di avere rivelato al marchese di Ferrara i disegni del signore di Mantova suo padrone, aveva avuto mozzo il capo per mano del carnefice (2).

Tale era il fine de' condottieri italiani della gran compagnia.

(1) Cron. di Pisa p. 1014 (R. I. S. t. XV). Ist. Pistolesi, p. 491. 506 (t. XI).

(2) Ist. Pistolesi, 509. — Cron. Miscell. di Bol. p. 393. (3) Cron. Miscell. di Bol. p. 395 (t. XVIII).

marzo

1345

CAPITOLO TERZO

Compagnie Tedesche, Unghere e Provenzali

A. 1343-1354.

IL DUCA GUARNIERIFRÀ MORIALE.

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1. Regno e morte del re Roberto. · Calata del re d'Ungheria col duca Guarnieri. Costui contesa col Guilforte. Cassato dal Re, aduna compagnia: stermina Anagni: si mette a'servigi della Regina: poi la tradisce e torna cogli Ungheri.

II. Fazioni della compagnia guidata dal Guarnieri, da Corrado Lupo e da frà Moriale. Battaglia di Meleto. Torture de' prigionieri. Accorgimento degli oltremontani per rimuovere i nostri dalla milizia. Nuovi tumulti. Divisione della preda: scioglimento della compagnia.

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III. Notizie intorno a frà Moriale. Sue imprese. — Milizia de.. gli Ungheri introdotta dal re Lodovico in Italia. Che fossero le barbute. — Ultime fazioni del Guarnieri.

IV, Frà Moriale espulso da Aversa, si trabocca in Romagna, e aduna compagnia: ordini che vi pone. Suoi progressi in Toscana. Si volge verso Roma.

V. Sua presa e morte.

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