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anzidette villeggiature, gli si avvicinarono due frati minori coll'usato saluto della buona pace. Ai quali egli tosto Dio vi tolga la vostra limosina! » E i ⚫ buoni frati spaventati Monsignore, perchè ci dite « voi così? » Disse messer Giovanni « Anzi voi, perchè dite voi così a me?» Dissono i frati « Noi credevamo dir bene» E messer Giovanni rispose Come credete dir bene, che venite a me, e dițe che Dio « mi faccia morire di fame? Non sapete voi, ch'io « vivo di guerra, e la pace mi disfarebbe? E così << come io vivo di guerra, così voi vivete di limo« sina » (1).

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Però gli onori, le ricchezze, e la figliuolanza ottenuti in Italia non quietavano nell'animo di Giovanni Acuto quel pensiero, che ci conduce verso gli ultimi anni a riporre nella patria, quasi proprio suo tributo e derivazione, la gloria e gli averi acquistati lungi da quella. Maritate adunque onestamente le sue figliuole, trattava egli di vendere al Comune di Firenze tutte le sue castella, per ridursi a morire nell'avita Inghilterra, quando il sopraggiunse la crudele infermità, che dopo lunghi spasimi il doveva togliere dal mondo, 16marzo Furono le esequie degne e del capitano e dello Stato; bara ornata di drappi d'oro e di velluto vermiglio, corteggio pienissimo di popolo e di cavalieri, compianto di tutte le nobili matrone, funebre orazione, ritratto equestre titolo sulla navata sinistra di S. Maria del Fiore, che tuttavia lo ricorda allo straniero (2). Qualche tempo dipoi il re d'Inghilterra

(1) Sacchetti, Nov. 181.

(2) << Johannes Acutus, Eques Britannicus, dux ætatis suæ

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mandò a Firenze a chiedere le ossa di Giovanni Acuto, e la repubblica nel concedergliele gliene raccomandava il figliuolo già colà ripatriato.

VI.

Seguitavano frattanto le fazioni della compagnia di s. Giorgio in Toscana ed in Romagna, ora divisa ora unita, ma sempre alacre nel mandare ogni cosa a preda ed a spavento. Nel generale scompiglio Pisa, Siena, Forli, Perugia andarono a taglia od a ruba; Todi ed Orvieto vennero occupate da Biordo de' Michelotti che poscia le ottenne in feudo dal Papa (1); i Sanesi ed i Romani furono sconfitti in battaglia dai Brettoni. Insomma il male venne al punto, che i Fiorentini e Gian Galeazzo Visconti signore di Milano simularono di stringersi in alleanza offensiva cogli Stati della Toscana e della Lombardia per distruggere maggio tutte le compagnie : ma appunto nel medesimo tempo di qua il Visconti mandava sotto altro colore contro Firenze il Broglia, il Brandolino e Giovanni da Pietramala, di là Firenze conduceva a mezzo soldo Bartolomeo Boccanera da Prato (2) e Tommaso degli Albizzi,

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« cautissimus, ac rei militaris peritissimus ». L'effigie è di mano di Paolo Uccelli. A sinistra vi sta quella pure a cavallo di Nicolò da Tolentino coll'iscrizione:

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«Hic, quem sublimem in equo

« Pictum cernis, Nicolaus Tolentinus

«Est, inclitus dux Florentini exercitus ».

(1) Minerbetti, 315. 336. 349. 358. Bonincont. Ann. Mi

niat. 66.

(2) M. Bartolomeo di Gherardaccio di M. Geri da Prato, detto per soprannome il Boccanera, servì molti anni in guerra i Fiorentini, posciachè essi nell'A. 1382 gli fecero grazia del

acciocchè sotto il nome di compagnia guerreggiassero il Visconti. Con questa fede si combatteva, con questa fede si maneggiavano allora le pubbliche faccende! Eppure tutto ciò era poco appetto alla scena, che in quel mezzo avveniva nella Romagna.

Quivi Giovanni conte di Barbiano aveva promesso a Niccolò marchese di Ferrara di dargli morto Azzo d'Este, di lui congiunto ed emulo nella signoria, con patto di averne in premio i castelli di Lugo e di Conselice e 50,000 ducati. Parricida ambizione trasse Niccolò ad accettare il partito; infame avarizia indusse il Barbiano non solo a proporlo, ma ad allestire poscia con Azzo un doppio tradimento. Affretteremo il racconto. Il cadavere di un fedel servo ucciso a pugnalate dal figliuolo medesimo del Barbiano venne mostrato ai legati Ferraresi, come se fosse quello di Azzo. I legati allora consegnarono al Barbiano i denari pattuiti e i contrassegni delle fortezze (1): ma il Barbiano non li ha appena ricevuti, che il vero e vivo Azzo si precipita sulle genti inviate dal marchese a ricevere il suo corpo, e le fa a pezzi (2). Di qui sorgeva guerra di mezza Italia contro il Barbiano, che

l'esiglio, a cui era stato condannato. I suoi discendenti mutarono il cognome antico in quello dei Boccaneri.

(1) « I contrassegni erano per lo più una medaglia spezzata, « della quale una parte rimaneva nelle mani del principe, <«<l'altra in quelle del castellano o capo delle armi`; e talvolta «< una cifera o un nome non conosciuto che dal principe e dal capitano. Si custodivano gelosamente; perchè correva ai « governatori ed ai capi d'esercito l'obbligo di obbedire a chi «<dava loro il contrassegno. » Grassi, Diz. milit.

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(2) Cron. misc. di Bol. 562.—Minerbetti, 342. Boninc. Ann, Min. 68. — Ammirato, St. 847.

marzo

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ne sarebbe mal capitato, se Gian Galeazzo Visconti, duca di Milano, quasi per amichevole confidenza, non avesse avvertito Firenze a farla cessare, seppur non voleva che il conte Alberico accorresse colle proprie squadre in aiuto del fratello (1).

L'anno dopo entrambi i fratelli Giovanni ed AlbeA.1396 rico da Barbiano venivano mandati dal Visconti in Toscana contro Firenze, che opponeva ad essi Biordo, Bernardone di Serres, e Paolo Orsini: ma bentosto Alberico ripassava in Lombardia al soccorso di Iacopo del Verme, che coll'esercito visconteo si era ritirato da Mantova in sembianza di vinto. Del resto la guerra continuava non meno in Lombardia, che nella Romagna e in Toscana alla solita guisa, dannosa a tutti, terribile a nessuno; finchè, anzi per pigliar lena onde mordersi più acerbamente, che per amore di quiete, maggio concludevasi una tregua di dieci anni fra cotesti Stati, 4398 che sembravano destinati dal cielo ad avere solo quanta potenza bastasse per offendere l'altrui senza accrescere il proprio,

(1) Erasi Alberico in quell'intervallo travagliato nelle fazioni del regno di Napoli. Quivi combattendo sotto le insegne del piccolo re Ladislao, sbaragliò a monte Corvino il conte da Venosa; ma poi sorpreso presso Ascoli dai Sanseverineschi (10 aprile, 1392), fu rotto, fatto prigioniero e costretto col tormento dell'insomnia a riscattarsi 30,000 fiorini, oltre il giuramento di non militare più nel regno da indi a 10 anni. In conseguenza si era acconciato, come capitano generale, a servire con 100 lancie il Visconti, che oltre il prezzo del riscatto gli aveva tosto donato molte terre. V. Giorn. Napolet. 1061.Ann. Foroliv. 198 (t. XXII). Minerbetti, 296. - Corio, 533. 535. — Boninc. Ann, Min. 61. — Costanzo, IX. 262 (Napoli, 1710). Leod. Cribell. 639,

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27 7bre

Nei due anni seguenti l'assassinio, la peste e la marzo mannaia del carnefice toglievano di mezzo Biordo, luglio Broglia e Giovanni da Barbiano, famosi condottieri, 4400 de' quali il primo già era salito alla dominazione di 1399 Perugia, di Todi, d'Orvieto e di Nocera; il secondo a quella di Assisi; quanto al terzo, era egli stato sorpreso dalle armi di Bologna allora appunto che coi fuorusciti della fazione Bentivoglia macchinava d'insignorirsene (1). Però il conte Alberico di lui fratello, non potendo vendicarne il supplizio sopra Bologna istessa, toglieva a vendicarlo sopra Ettore Manfredi, signore di Faenza, che n'era stato complice ed instigatore. Scoppiò impertanto una accanita guerra tra i condottieri delle antiche compagnie di s. Giorgio e della Stella; e da una parte e dall'altra l'attizzava il duca di Milano, aspettando che alla fine della gara tanto i vinti, quanto i vincitori per isfinitezza gli si gettassero in grembo (2).

Se non che la calata di Roberto re dei Romani, il quale come alleato di Venezia e di Firenze entrava in Lombardia ai danni del Visconti, astrinse costui a rivolgere a propria difesa la poderosa frotta dei condottieri da lui mantenuti per strumento della sua ambizione, che oramai dalle Alpi minacciava le rive del Tevere. Richiamolli perciò tutti intorno Brescia : e quivi la nuova milizia italiana meglio armata ed esercitata della straniera riportò onoratissima vittoria ottobre di quelle squadre tedesche, che pur cinquanta anni innanzi maneggiavano a loro posta le sorti della con

(1) Cron. misc. di Bol. 565. — Corio, IV. 552.
(2) Dati, Cron. p. 63. — Morelli, Cronica AA. -

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