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e nella riforma portata nel 1560 agli uffici del suo nuovo ducato, le tolse solo qualche ingerenza che volle affidata ad altre magistrature create da lui, per averle piú direttamente soggette alla sua autorità.

La Biccherna completamente trasformata e ridotta a poco più di un semplice ufficio di edili si mantenne per altri due secoli, fino a che Pietro Leopoldo di Lorena, succeduto ai Medici nel Granducato di Toscana, la soppresse del tutto il 29 agosto 1786 con la nuova istituzione delle Comunità dello Stato.

Intorno al 1290 per render piú semplice la parte amministrativa della Repubblica e per avere i proventi meno gravati di spese, si incominciò ad accollare alcune esazioni al migliore offerente. Poiché è d'uopo avvertire che nei primi secoli del Governo repubblicano raramente esigevansi imposizioni dirette a termine fisso; vi si ricorreva soltanto nei casi di guerra e di gravi emergenze. Allora la compagine dell'amministrazione finanziaria generalmente basavasi su le condanne e le multe pecuniarie, su i proventi di beni confiscati e sulla percezione di una quantità di gabelle e di dazi, di cui l'invenzione può destare invidia al piú perspicace dei finanzieri moderni. E allo scopo di vigilare alla vendita dei proventi e alla riscossione del denaro, circa a questo tempo, si creò uno speciale ufficio detto degli Esecutori di Gabella.

Gli Esecutori infatti avevano il carico di vendere a pubblico bando il retratto delle gabelle che dovevansi riscuotere alle dogane, alle porte delle città, nei pubblici mercati, o su quelle imposte ai venditori del pane, del vino, della carne, del pesce e a coloro che trasferivansi alle stazioni di bagni o transitavano per ponti e per determinate vie of affittavano piazze, case e botteghe. Né mancavano altre gabelle su speciali concessioni a privativa: come ad esempio, il tenere giuochi di azzardo di tavole e di pioli, il prestare tappeti e stoie per funerali, monòpolii che pure venivano accollati al migliore offerente; anzi, fino la custodia dei carcerati costituiva un cespite d'entrata che si vendeva a pubblico incanto. Ma la cura principale dell'ufficio, mantenuta fino ai primi anni di questo secolo, fu la percezione dei diritti contrattuali su i testamenti, sulle doti, sulla vendita e compra di beni stabili e di cose mobili, cioè su ogni contratto anche quando non era rogato per mano di notaro.

In principio gli Esecutori di Gabella furono tre con a capo un giudice forestiero ed un monaco per Camarlingo. E la elezione, rinnovata ogni semestre, veniva fatta dal Consiglio Generale sopra una lista di dodici cittadini scelti quattro per ognuno dei Terzi, in cui fin da allora era repartita la Città. La proposta dei nomi, competeva ai Governatori della Repubblica unitamente ai Consoli di Mercanzia e dei Cavalieri, con la partecipazione dei quattro Provveditori della Biccherna. Dei dodici cittadini rimanevano eletti, o come dicevasi allora si scontrinavano, tre, uno per Terzo fra quelli che avevano raggiunto il maggior numero di voti. Però è da osservare che nessun cittadino poteva esser proposto all'ufficio se non possedeva beni stabili per un valore di almeno 3000 lire a giusta estimazione.

Nel 1354 la plebe sollevatasi a tumulto, con l'aiuto dell' imperatore Carlo IV, che andava fomentando le discordie tra i senesi per rendersi agevolmente padrone della Città, tolse il governo della cosa pubblica dalle mani dell' Ordine Novesco, composto per la massima parte di agiati mercanti; e il potere venne conquistato dalle famiglie degli ar

tigiani e del popolo minuto. Allora bisognò dare qualche sodisfazione a quei frabbro-ferrai, legnaiuoli, muratori, carnaiuoli, poiché tutti agognavano di prender subito parte al governo. E fu quindi necessario accrescere il numero degli officiali nelle varie amministrazioni della Repubblica. Cosí, senza riguardo alle loro sostanze, gli Esecutori della Gabella, da tre si fecero ascendere a cinque e talora a sei, punto preoccupandosi se siffatta gente inetta all'ufficio e aumentata di numero, riusciva di piú inciampo che di vantaggio a quella pubblica amministrazione. Ma ventinove anni dopo, nel 1399, resultando manifesto il danno che pur derivava alla speditezza degli affari, il numero degli Esecutori fu ridotto a quattro; e tale si mantenne fino alla soppressione dell'ufficio avvenuta nel 1808, durante la dominazione francese in Toscana.

A queste due amministrazioni spettano le tavolette dipinte, qui pubblicate per la prima volta. Esse vennero raccolte nel senese Archivio di Stato, in quel maggior numero che fu possibile ritrovare, dal compianto Comm. Luciano Banchi, già benemerito direttore di quell'istituto destinato ai cultori degli studi storici, perché fossero conservate presso i preziosi cimeli cui un tempo appartennero. Altre poche tavolette sono state aggiunte alla collezione in questi ultimi anni, pervenute per acquisto o per dono.

Le più antiche tavolette, come già si è accennato, sono vere e proprie coperture di libri. Durante il secolo XIII la Biccherna faceva dipingere due coperture ogni semestre, essendo del pari due i libi in pergamena che gli ufficiali scrivevano in latino per tener nota delle entrate e delle spese della Repubblica ; mentre gli Esecutori della Gabella usarono costantemente di farne pitturare una soltanto, servendosi, per la loro amministrazione, di un solo libro in carta di bambagia.

Le prime composizioni che si vedono disegnate in queste coperture di tavola sono semplici ed ingenue e non hanno veruna pretesa d'opera d'arte. Una breve iscrizione, posta quasi sempre nella parte superiore della tavola, dà il titolo del codice e dell' amministrazione, col nome del Camarlingo, se il libro spettava al Camarlingo; o altrimenti con quello dei Provveditori, se il registro fu scritto per conto di essi dall' uomo di penitenza o controscrittore. Vi è poi aggiunta l'indicazione cronologica, spesso accompagnata dal nome del Potestà che tenne signoria nella repubblica durante il semestre. E, a corredo della leggenda, nei volumi del Camarlingo vedesene la figura che forse ebbe la pretesa di un ritratto in atteggiamento di sfogliare il libro d'amministrazione o di contar danaro invece negli altri volumi dei Provveditori sono disegnati gli stemmi delle loro famiglie a regola di blasone.

Ma quelle umili composizioni, poco alla volta, col progredire della civiltà e dell'arte, si elevarono a piú alta espressione. Nell' esordire del secolo XIV, la Biccherna fece scrivere un solo libro in latino, legato in tavola; l'altro registro dell'amministrazione venne redatto in volgare su grossa carta in foglio, cucita su pergamena. E cosí, il denaro che fino allora si era speso per la pittura dei due volumi, si destinò ad uno solo che si volle con più ricco ornamento. Quindi vediamo succedere alle figure dei camarlinghi, rappresentazioni sacre, immagini della Madonna, di Santi e allegorie sul buon governo, che pur si ripetono nel secolo successivo, quando appunto quel richiamo rendevasi ognora piú necessario.

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L'arte, che ama più ampi spazi oltre a quelli interchiusi tra le ristrette mura di una città benché operosa e piena di movimento e di vita, adornando le fodere di quei libri, non sempre tolse il soggetto dall' istorie paesane, ma preferí di illustrare anche avvenimenti memorabili cui andava congiunto il nome italiano se non sempre il nome senese. Per tutto quasi il secolo decimoquinto prevalsero gli argomenti religiosi o alla religione attinenti; immagini di santi, rappresentazioni di incoronazioni di papi, soggetti tolti dal vecchio e dal nuovo Testamento. Non già che anche nel corso di quel secolo venissero affatto trascurati i soggetti civili, ma certo sono più raramente trattati. Nondimeno fanno bella eccezione le due tavole dove si rappresentarono i buoni effetti della Pace e i cattivi della Guerra, i senesi che entrano ad oste coi loro collegati nella città di Colle, e i magistrati supremi della Repubblica che consacrano alla Vergine la città per le cessate discordie. Tavole condotte con bel magistero d'arte e preziose per la storia dei costumi e delle usanze del tempo.

Ma quando la consuetudine ebbe preso vigore, l'arte si impose alla stessa consuetudine. L'assicella del libro era divenuta troppo angusta al bisogno o meglio ai desideri. Posto nella parte superiore il soggetto e sotto gli stemmi e la intestazione del libro e i nomi del Camarlingo e dei cittadini risieduti nell'ufficio, sorge subito la necessità d'allargare lo spazio. Già alla metà del secolo XV, tralasciato affatto l'uso di scrivere i libri in pergamena e adottati i registri in gran foglio cartaceo, si rilegarono tutti in cuoio pressato o in pergamena e non piú in tavola; allora la consuetudine dovette di necessità rimanere alterata.

Non potendosi lasciar dipinta la fodera del libro, per tramandare ricordo anche piú degno si volle ricorrere alle pitture murali; ma sia che le pareti dell'ufficio rimanessero ben presto coperte di dipinti o sia che la spesa fosse riconosciuta troppo ele vata, poco tempo dopo se ne abbandonò l'usanza per riprenderla quasi costante, un secolo e mezzo più tardi. Cosí nel 1445 i Provveditori della Biccherna fecero dipingere a maestro Sano di Pietro, noto pittore senese, una intiera parete a buon fresco. In quella pittura, sovrapposta ad un'altra fattavi dipingere un secolo innanzi da Lippo di Vanni, si rappresentò l'incoronazione della Madonna. E l'anno appresso nel prolungamento della stessa parete il medesimo pittore colorí la figura di S. Pietro Alessandrino in mezzo ad Ambrogio Sansedoni e ad Andrea Gallerani beati senesi. Questa pittura fu ricoperta dal bianco di calce, e da pochi anni soltanto è stata rimessa alla luce.

In seguito siritornò alle pitture in tavola, ma non è più la fodera del libro che gli amministratori lasciano dipinta, è invece un vero e proprio quadretto racchiuso in cornice, che appartiene si al registro dell'entrata e dell'uscita della Biccherna o della Gabella, perché anche in quello si continua a riportare la data e i titoli del registro, ma la tavola separata dal codice e di maggiori dimensioni, sta omai a rappresentare un ricordo artistico da lasciarsi appeso alle pareti dell' ufficio.

Poco alla volta le dimensioni della tavola si fanno maggiori scompare la intestazione del libro, e solo vi rimangono e vi campeggiano per boria gli stemmi dei cittadini e i loro nomi. E purtroppo adagio adagio scompare anche l'arte, quell'arte cioè, umile e castigata che rende simpatiche le ingenue composizioni dei secoli precedenti.

La Bibliofilía, volume IV, dispensa 3"-4".

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