Federico il GrandeSellerio, 2007 - 226 pagine Da giovane era stato il figlio ribelle e avventuroso di un padre violento e militarista; amava la musica, suonando e componendo con estro; leggeva instancabilmente, e la conversazione con i filosofi era nella sua giornata la cosa più importante; dichiarava il re primo servitore dello stato e la "corona un cappello che lascia passare la pioggia". Eppure, in una politica europea già spregiudicata, Federico il Grande inaugurò un cinismo aggressivo, strumento della volontà di potenza entrata - secondo alcuni storici - nei geni maligni dell'Europa futura; era sleale e ingrato, "il malvagio uomo" lo chiamava Maria Teresa d'Austria. Si reputava un philosophe innanzitutto: strano philosophe che disprezzava l'umanità. Figura doppia, contraddittoria, enigma sfuggente, e quindi soggetto ideale per una biografia. Alessandro Barbero, nato a Torino nel 1959, è professore ordinario presso l'Università del Piemonte Orientale a Vercelli. Studioso di storia medievale e di storia militare, ha pubblicato fra l'altro libri su Carlo Magno, sulle invasioni barbariche e sulla battaglia di Waterloo. È autore di diversi romanzi storici, il primo dei quali, "Bella vita e guerre altrui di Mr. Pyle gentiluomo", ha vinto nel 1996 il Premio Strega. |