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esistenza. E questo in conformità alle leggi delle cerimonie. senza che questi libri si inquietassero per nulla di sapere se in grazia di particolari circostanze fosse stata diferitą la celebrazione della solennità come accade di frequente per le feste consacrate agli Dei,

Se, dietro questa regola, si parte dal primo punto d'intersecazione secolare storicamente determinato, il fine del primo secolo, o piuttosto il principio del secondo cadrà sull'anno 78 di Roma. Io dico il principio del secondo secolo; perchè è molto più verosimile che si celebrasse con gioja il principio d'un periodo nuovo come facevano gli Aztequi (655), che non vedevano che con ansietà il passaggio di un secolo all' altro. Il fine di un secolo come tutte le cose che muojono e finiscono doveva piuttosto ec citare un sentimento di dolore. Ora secondo la cronologia dei pontefici quest' anno 78 era il primo del regno Tullo Ostilio; io dico dietro i pontefici perchè Polibio si servi della loro tavola per la cronologia romana (656), e non è che sull' orme sue che Cicerone annovera gli anni dei regni dei re di Roma (657). Erano dunque i pontefici che attribuivano a Romolo trentasette anni, ed a Numa trentanove (558) accadendo l'interregno tra i due regni, come lo fa Scipione in Cicerone, mentre che Tito Livio e Diopigi contano quarantatre anni per Numa.

Ciò che al presente è una certezza positivamente annunciata non poteva che essere indovinata con qualche audacia, allorchè per la prima volta io cominciai queste ricerche sulle traccie poco certe della cronaca d' Eusebio, tradotta da s. Girolamo ove si dà duecento quarant' anni di durata alla somma dei regni dei re, di cui quaranta per Numa , e trentotto per Romolo (659). È vero che il numero degli anni non quadrerebbe appuntino, e questo

basto perchè degli eruditi circospettissimi prendessero il partito di non accogliere come temerarie, e l'applicazione di questo passo, e le sue consegueuze. Oggidì il caso avendoci rivelata la repubblica di Cicerone ha confermata la mia congettura d' allora; ed è un esempio che prova come, pelle nozioni che ci furono conservate da compilatori superficiali e mal instruiti il danno che sostennero in tali mali non deve determinare la forma sotto la quale unicamente se ne potrebbe far uso. V' ha un numero infinito di casi in cui si può indovinare questa forma primitiva e non ancora malconcia. Questo procedere senza dubbio non è im¬ mune d'errori in alcune occasioni; ma ciò di cui non si può mai abusare è buono a nulla.

L'osservazione che in un momento di felice inspirazione mi balenò una luce sulle discrepanze della cronologia romana che sono inesplicabili in apparenza, si è che Fabio si discosta da Catone in ciò che non conta che duecento quarant' anni per i re, ed io deggio quest' osservazione al secondo libro della cronaca di Eusebio. Essa mi fa conoscere l'importanza di queste tavole che quasi per tutto ci rappresentano le opinioni di Apollodoro; onde si avvicinerebbe all' ingratitudine chi cercasse di sopprimerne gli elogi che ne feci per la ragione che oggidì la scoperta insperata di una foute più pura permette su questo punto di poterne far senza. È una scoperta simile, e che ha quasi intieramente rivocato alla vita ciò che le mancava. Ed invita la nostra età a conoscere il suo merito ed a rinnovare delle ricerche pur troppo negiette, dacchè Casaubono animava e ricompensava de' suoi studj il grand' uomo che consumò nella restituzione della cronaca d'Eusebio tutto il vigore del suo genio, e l'immensità della sua erudizione (660). Se non ha scorto ciò che era occulto in una tradizione

mal intesa si è perchè l'abbondanza de' suoi materiali era inesauribile fin per lui stesso di modo che, ci rimase pure qualche cosa da spigolare, a noi che siamo suoi posteri e inferiori.

Ma poichè troviamo che si aveva l'anno della morte di Roma come l' ultimo del primo secolo, un' altra tradizione che senza ciò sarebbe strana e sprovvista di senso ? assume quivi una significazione determinata facendolo pa❤ scere il giorno della fondazione di Roma (661). Questa tradizione era fondata sulle idee etrusche in quanto al primo secolo fisico, idee dietro le quali era chiuso per la morte di colui che tra tutti i fanciulli nati il giorno della fondazione, toccò colla saa esistenza il termine più lontano (662). Più vi ha evidenza, più deggio venire incontro a un' obbiezione che potrebbe farmi un lettore instruito. Egli potrebbe notare che se pel tempo dei re si annoverano duecento quarant' anni, e cento venti dal principio del consolato sino all' assedio dei Galli, ne viene che l'anno della fondazione sarebbe quello adottato da Fabio, il primo dell' ottava Olimpiade; ma che dopo l'auno settantotto di Fabio all'anno duecento ottantotto di Varrone non corsero duecento venti anni, ma solamente duecento quattordici, e che per conseguenza si lasciano aggirare da un' ingannevole apparenza.

Non si può però dire che vi sia inganno perchè i fasti dei primi cinquant'anni della repubblica sono in un disordine intiero, e questo disordine procede in parte dal non aver voluto raffrontargli con la supposizione che assegna ai consoli il terzo del tempo corso dalla fondazione alla presa della città, in parte perchè per la natura istessa di questi fasti, la confusione era inevitabile. Un dato numero d' anni di magistratura non rispondeva per nulla a

un simile numero d'anni astronomici a motivo dei frequentissimi interregni dei primi tempi, e che diferivano sempre l'incominciamento dell'anno. Questo induceva in errore chiunque metteva, come Fabio le due serie d'anni in parallelo; ma la correzione si operava alla metà del secolo; i pontefici lo sapevano, e Polibio e Catone l'avevano imparato da loro. In quanto a Polibio che fissa la presa di Roma un' anno più tardi di Dionigi (665) P anno secolare duecento novantotto risponde al terzo anno dell'Olimpiade ottantuno. Se da questo punto si calcola montando in su di due secoli, cioè di cinquantacinque Olimpiadi, il secondo secolo si aprirà nel terzo anno della 26 Olimpiade, che secondo Polibio è la 78 di Roma e la prima del reguo di Tullo. Rammento un' altra volta che Polibio ci tien luogo delle tavole dei pontefici.

È impossibile di non voler conoscere in questo luogo che i pontefici stessi riguardavano i due primi re come appartenenti a un altro ordine di cose e che separavano ciò che si diceva di questi re come diverso da ciò che ne dava la storia; all' istesso modo che gli Egiziani comincia vano la serie dei loro re con degli Der e semidei. Romolo era Dio figlio di un Dio; Numa era uomo ma in relazione con esseri superiori. Ora, se le tradizioni relative a questi due re non sono altro, che finzioni sino nella loro essenza la fissazione della durata dei loro regni non potrà spiegarsi che attribuendola a un audace arbitrio o a delle combinazioni di numeri. E quantunque la prima supposizione paja più verosimile, la seconda potrà in un'epoca così antica, essere posta con maggior fondamento sopra tutto laddove gli anuali erano fra le mani di una casta istruita di preti. Tale è il carattere della cronologia di Asia; molte cose che dissi e che dirò ancora chiariranno che avveniva lo

stesso presso gli Etruschi che erano i sapienti dell'antica Roma. L'anno ciclico che si suppone instituito da Romolo, e che si avrebbe costumato sino ai tempi di Numa che era diviso in trentotto nundine, e il pensiero di contare altrettanti anni dalla fondazione della città sino a Numa si offeriva da se stesso; se ne prese uno per l'interregno onde non ne rimasero a Roma che trentasette. Ora se si volesse doppiare il numero trentotto pei due re ne risulterebbero trentanove anni per Numa, e questa cifra si raccomandarebbe per più di un genere di attrattiva. In questi elementi che sono tre volte dieci e tre volte tre si vede dominare il numero che indica i rapporti di tutte le istituzioni più antiche di Roma. Di più il quoziente approsimativo della divisione per nove, della totalità di trecento cinquantaquattro giorni dell' anno lunare è, di trentanove. Questi giuochi di numero sono fanciullaggini e trastulli da giocoliere ma noi non dobbiamo attenderci che delle sottigliezze sacerdotali bene spesso più strane che profonde. L'altra indicazione che fa regnar Numa quarantatre anni porta la sua età ad ottantun' anni che è il numero tre elevato alla potenza hiquadrata. Quando tutto questo era obbliato poteva Catone aver preferito questo numero, rigettando per avventura quattro anni al di là dei fasti annuali i quattro anni in cui non si trovavano consoli: degli altri forse hanno tenuto questo modo per togliere ai numeri l'apparenza sorprendente dell' invenzione.

Con Tullo Ostilio comincia un nuovo secolo ed un racconto di fondo storico, e di tutt' altro genere di quello che concerne i tempi anteriori. Presso tutti i popoli l'epoca intieramente poetica, quella che è con la storia in un rapporto intieramente irrazionale è divisa dall' epoca storica per una mescolanza d' indole così fatta che può essere deNiebuhr. T. I.

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