Immagini della pagina
PDF
ePub

signata sotto il nome di istoria mitica. Non ha punto lig miti fissi, ma si estende sino al momento in cui comincia la storia contemporanea, e il suo carattere è tanto più marcato, quanto più la nazione è ricca di canti eroici, e che gli autori venuti in seguito si sono meno studiati a riempir la lacuna coi monumenti e coi titoli, trascurando i canti e senza animare l'immagine del passato. Quindi interviene che si ritrova questa miscela pel medio evo nel nord e nella Spagna, mentre se ne incontra appena una traccia laddove non vi sono canti storici come in Italia. Presso i Greci la guerra persiana porta il carattere di libertà della finzione epica, e pei tempi più antichi quasi tutto ciò che vi ha di vivo e di attraente nella loro storia è poesia. In quella dei Romani, la finzione propriamente detta non scende guari più basso, quantunque si veda riapparire di tempo in tempo, e perfino al quinto secolo. Sino alla guerra di Pirro, epoca di cui almeno si occuparono dei contemporanei forestieri, questa storia langue per colpa di alterazioni operate a disegno. È pura corruzione : la narrazione poetica è qualche cosa di diverso, ma altresi qualche cosa di medio che la storia tutta nuda, poichè noi non troviamo in quest' ultima che ciò che affatica c turba la vita (664). Fra la storia poetica e la mitologia vi ha questo legame che la prima si posa sempre e necessariamente sopra un fondo storico, e che la più parte del tempo trac i suoi argomenti dalla storia come ci è trasmessa nei racconti liberamente concepiti, mentre la mitologia usurpa i suoi alla religione ed alle più vaste finzioni e non aspira all' onore di storia secondo il movimento ordinario delle cose di questo mondo; quantunque soggiornando su questa terra non possa avere altro teatro. Per citare degh

esempi Ercole, Romolo, Sigiffredo appartengono a quest' ultima; Aristomene, Bruto e il Cid all' istoria poetica.

[ocr errors]

La fuzione domina accanto alla mitologia; nell' altro estremo trovi la storia. Fra gli uomini nominati nel corso di questo periodo, sono ben pochi i personaggi d' invenzione molte indicazioni cronologiche tolte agli annali hanno tutta la precisione a cui si può aspirare nel bujo di quei tempi. Ma a questo si restringe ciò che vi ha di storico; perchè quando apparvero degli storici l'attenzione non si rivolse su ciò che portava il nome di annali; nè si fece uso di monumenti e di titoli sia che si trascurassero sia che non si potessero accordare colle tradizioni poetiche, e che non si sapesse per anco dare il giusto pregio ad una storia di frammenti appoggiata alle prove. In Grecia e nei tempi meno antichi, Eforo e gli autori degli Attidi, in Sicilia Timeo, il quale però non è sempre verace si servirono di questi materiali per redigere delle storie come si scrissero sul medio evo; sono pregievoli, ma senza vita e senza immagini. A Roma non v' ebbe forse che Lucio Cincio e Cajo Marzo che facessero con cura e discernimento uso assai sobrio di questa sorgente. Senza contrasto i documenti dei primi tempi di Roma erano poveri se si paragonano alle ricchezze istoriche d'Atene e di quasi tutte le città della Grecia. Per assai lungo tempo le leggi non furono scolpite che in tavole di quercia (655). Oppure quando queste tavole erano intonacate vi si dipingevano sopra i caratteri. Onde furono facilmente preda alle fiamine nell'irruzione dei Galli, poichè non si ebbe pur tempo di pensare a porre in salvo le leggi fondamentali. Per tutto il periodo dei re non si citano altri titoli che il trattato di alleanza fra Servio e i Latini (666), trattato dell' ultimo Tarquinio cogli abitanti di Gabio ed un' altro coi Sabi

מו

pi (667). Quest' ultimo era stato dipinto su uno scudo di legno. Verrio Flacco ha fatto menzione dei commentari del re Servio Tullio che sembravano rinchiudere la sostanza della legislazione che gli si attribuisce (668). Nè mi par ragionevole di dubitare dell' alta antichità di una raccolta di leggi dei re di Roma, redatta da Papirio.

[ocr errors]

Oltre le dodici tavole, alcune altre leggi e le capitolazioni fra gli ordini dello stato che esistevano nel settimo ed ottavo secolo di Roma și aveano ancora intorno al periodo che seguì immediatamente l'espulsione dei re, i trat tati d'alleanza con Cartagine (669), coi Latini (670), e cogli Ardeati (671), ma il loro significato è inconciliabile con la storia accreditata o difficile d'accordarsi. Eccomi pervenuto a questa questione così di frequente agitata sull'autenticità dei primi annali, e sulla fede che possono meritare. La prosperità che le scoperte dei nostri giorni hanno sparso sulla filologia pose la discussione della questione su un campo migliore che mancava ai nostri antenati.

Un uso assai consueto e che apertamente comincia da tempi rimotissimi, si è quello per cui il sovrano pontefice notava sopra un quadro imbiancato gli avvenimenti dell'anno, come sarebbero i prodigi, le ecclissi, le pesti, le fami, le guerre, i trionfi, la morte degli uomini illustri. In somma tutto ciò che nel fine del decimo libro, e nei libri seguenti, Tito Livio ordinò in termini molto semplici e colla più grande brevità per chiudere l'istoria d'un anno ; queste menzioni erano sì aride che non lo potrebbero essere d'avvantaggio. Il quadro era esposto nella casa del gran prete (673), ed in seguito questi aunali furono riuniti e trascritti ne' libri. Quest' uso si mantenne fino al pontefice Pubblio Mucio, ed ai tempi dei Gracchi in cui fu abbandonato; perchè si era di già formata una letteratura, e la

Fedazione di simili cronache ha potuto parere troppo mi nore della dignità del pontefice.

È vero che in Cicerone, Antonio dice che quest' uso durava dai principj dello stato romano; ma non ne seguita perciò che Cicerone abbia voluto dire che gli annali che possedevano gli storici che sono venuti si tardi, salissero così in alto. Quelli dei primi tempi potevano essere periti, e senza parlare espressamente degli annali massimi Tito Livio ed altri autori indicano che avvenne lo stesso ai tempi del disastro di Roma portato dai Galli. Ciò dovea accadere tanto più facilmente se questi quadri non erano ancora trascritti ne' libri, nè se ne erano ancora tratti degli esemplari, in fine se non si custodivano nel campidoglio ove non dimorava il gran prete; ed ove non aveva occasione di tenere i suoi archivj, come i decemviri dei libri sibillini.

Io credo che non possiamo aver per certissimo che in effetto quegli annali corsero allora un tal destino, e che furono suppliti da nuovi annali. Cicerone dice che la più antica ecclisse del sole notata negli annali massimi si ri➡ feriva alle none di giugno dell'anno 550 e che le ecclissi antecedenti erano state calcolate partendo da quivi sino al l'altra in cui segui l'assunzione di Romolo (674); un frammento di Gatone ci insegna che le ecclissi del solé come quelle della luna entrano essenzialmente negli annali dei pontefici, e il fatto di questi calcoli retroattivi conferma questa asserzione attestando gli sforzi con cui si esperimento di. supplire alle osservazioni reali. Così si è adoperato rispetto le cronache chinesi nei tempi in cui esistevano come ŝi dice degli annali che furono distrutti: L'ecclisse che noi ricordammo non fu punto visibile in Roma ma si seppe da Cadice il giorno e l'ora e nel medesimo tempo s'ebbe notizia di una circostanza fortuita che la rendeva memora¬

bile essendo caduto il sole mentre era ecclissato: in quanto all' ecclissi marcate per via di osservazioni non cominciano che dopo la ristorazione della città (675). Ma se i primi annali fossero restituiti e non originali, si spiegherebbero le singolarità che nell'antica storia romana offre il sistema dei numeri e i suoi rapporti alla conquista dei Galli. Per verità i fasti e le menzioui annuali non erano tutte perite in quel disastro, poichè si ebbero salvati molti documenti al campidoglio e nelle città latine, e questi documenti saranno stati raccolti. Ma noi non attenderemo dai pontefici ně delle faticose ricerche, nè un interesse per conseguire pe nosamente un' esattezza storica se non laddove delle combinazioni numeriche gli permettevano di aggiungere lo scopo. L'unica cosa spiacevole si è che l'opera foro fu tenuta come unicamente autentica. Per la cronologia di Fabio i tempi che passarono dalla fondazione della città sino alla presa dei Galli, si dividono in duecento quarant' anni prima der re, ed in cento venti dopo loro, o per servirmi d' un' altra espressione in tre periodi (676) ciascuno di dieci dozzine di dieci anni. Dodici è il numero dell' angurio di Romolo Questo sistema di numeri era il letto di Proenste; bisognava accomodare la sua misura a tutto quanto si sapeva o si credeva degli antichi tempi. Si scoperse che circa settant'anni innanzi era stata celebrata una festa secolare; del resto si aveano su Romolo, su Numa, e sugli altri cinque re tradizioni e racconti melto varj, ma senza alcuna determinazione cronologica, quando se ne eccettui l'ultimo regno.

Allora i sacerdoti che ordinavano gli annali fissarono pei regni di Romolo e di Numa a norma delle combinazioni numeriche discorse più sopra una durata di settantasette anni; era il primo secolo, un secolo eroico.

Fra i sette re ch' ebbero statua in campidiglio, Anco

« IndietroContinua »