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(658)

Cicer., id. II, 10, 14.

(659)

Chronicon. in Thes. tempor. Scaligeri, n. 1265, 1503,

(660)

Scaligero aveva tocco l'apogeo dell' erudizione filologica universale, e niuno lo pareggio. Conosceva talmente tutte le scienze che qualunque cosa gli si appresentasse, il suo gindizio bastava per coglierla, impiegarla e darle la direzione convenevole. A petto di lui è nulla l'erudizione che Saumays non doveva che ai libri? perchè la Francia non oppose Scaligero a Leibnitz? Se si eccettua l'Italia e la Grecia non v' ha pel filologo un luogo più sacro della sala dell' università di Leida, ove dopo Scaligero sotto la porpora principesca fino a Ruhnkenius tutti i maestri sono rappresentati attorno al ritratto del gran Guglielmo d' Orange padre di questa università, di cui Leida sollecitò la creazione come la più bella ricompensa di patimenti e di una costanza più che umana. Il generale di questa città republicana, il sig. Nordwyk stesso era gran filologo.

(661)

Plutarco Numa, 61. Dione, Gassio fr., 20, pag. 8. Dionigi avrebbe arrossito di parere d'aggiungere fede a questa singolare coincidenza, ma egli si serye delle opi nioni altrui per fare entrare nella storia l' età di questo re a cui dà a suo piacere circa 40 anni, II, 158.

(662)

V. più sopra.

(665)

Nell' Olimpiade 98.

(664)

Non fu che più tardi, e verso il tempo di Alessandro

che Lisistrato cominciò a modellare i ritratti per le statue; da prima la somiglianza era ideale e raccolta solamente sui principali contorni della figura e della persona,

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De re publ., I, 16, hac in re tanta inest ratio atque solertia, ut ex hoc die, quem apud Ennium et in maximis annalibus consignatum videmus, superiores solis defectiones reputatae sint, usque ad illum, quae nonis Quinctilibus fuit regnante Romulo, ecc. Prima che venisse fuori questo passo, aveva già dimostro, con buone ragioni, che non bisognava pensare a degl' annali contemporanei, almeno per tutto ciò che precede la battaglia del lago Regillo queste ragioni sono ormai superilue. Un altra questione sarebbe se dietro il metodo seguito nei cal

coli di quest' epoca, ne siano usciti dei giusti risultati. Chi potrebbe verificarli? È tuttavia molto verosimile che si fossero serviti d'uno di questi falsi calcoli per segnare la fine di Romolo.

(675)

Cicer., 1. c. Ut, Ennius scribit anno CCCL fere post Romam conditam... nouis Junis soli luna obstitit et nox. Le profonde osservazioni d' Edoardo Heis a Colonia dirette dal mio amico Munchow, danno per risultato non dubbio che quest' eclisse del sole non può esser che quella del 21 giugno dell' an. astron. 399 innanzi G. C. che non cominciò per Roma che dopo la caduta del sole. A Cadice, ove l'eclisse fu di undici pollici, la sua metà arrivò tre minuti innanzi la caduta del sole, e questo ne dà un senso così fino come inaspettato per queste parole: soli luna obstitit et nox, che non presentano più di tautologia. Nè v' ha nulla di sorprendente che le none coincidono così col 21 giugno, perchè è nel sistema d'intercalazione. Come non è sorprendente che l'osservazione di Gadice sia stata conosciuta a Roma: il fatto dell' adorazione dell' anno e della luna, come divinità, prova più di propensione che non v'è comunemente a discorrere di rapporti astronomici. (676)

Come la vita di Mosè in tre epoche, ciascuna di quarant'anni, e come la tavola genealogica di s. Matteo, egnuna di quattordici generazioni.

(677)

V. questo numero in Cicerone de re publ., II, 18.

(678)

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Animadversiones historicae, c. 6. Confesso non senza arrossire, ch' io non le conosceva quando scrissi per la

Nicbhur. T. I.

23

:

354

prima volta su quest'argomento; ma quelli che mi contraddissero le conoscevano meno di me.

(679)

Il passo essenziale è nelle Tusc., l. IV, 3. Gravissimus auctor in originib, dixit. Cato, morem apud majores hunc epularum fuisse, ut deinceps, qui accubarent, canerent ad tibiam clarorum virorum laudes atque virtutes. Cicerone deplora la perdita di queste canzoni; Brut., l'indifferente, 18, 19. Eppure non erano perdute che come le sentenze di Appio Cajo. Dionigi conosceva le canzoni su Romolo.

(680)

per

In Nonio, II, 70; assa voce (aderant) in conviviis pueri modesti, ut cantarent carmina antiqua, in voce et cum tibiquibus laudes erant majorum, assa

cine 681.

(681)

Festo, estr. s. v. Camenue, musae quod canunt antiquorum laudes.

(682)

Ennie le cante, e Lucrezio ue fa onorata menzione.

(685)

Cicerone de leg., II, 24.

(684)

Sul monumento di L. Barbeto i versi sono distinti da alcuni tratti in una maniera visibile. Nell' iscrizione di suo figlio, e del flamine sono ordinati in linea, e si riconoscono alla loro diversa lunghezza non meno agevolmente dei versi elegiaci nelle iscrizioni più recenti.

(685)

Le tre inscrizioni seg. sono di questo genere ; io le trascrivo, perchè vi sono senza dubbio molti de' nici lettori che non le hanno mai viste :

Corneliu Lucici Scipio Barbatus

Gnaivo (patre) prognatu, fortis vir sapiensque,
Quoici forma virtuti parissuma fuit,

Consul, Censor, Aedilis, qui fuit apud vos,
Taurasiam, Cesaunam, Samnio capit,
Subicit omnem Lucanaam,

Obsidesque abducit.

La seconda:

Hunc unum plurimi consentiunt R. ( omani )
Duodonorum optimum fuisse virum.

Lucium Scipionem, filium Barbati

Consul, Censor, Aedilis, hic fuit apud vos..

Hic cepit Corsicam, Aleriamque urbem,
Dedit tempestatibus acdem merito.

La terza :

Qui apicem (insigne Dialis flaminis gessisti
Mors perfecit tua) ut essent omnia
Brevia, honos, fama, virtusque,
Gloria, atque ingenium, quibus

Si in longa licuisset tibi utier vita
Facile factis superasset gloriam maiorum.

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Quare lubens te in gremium Scipio recipit terra,
Publi, prognatum Publio Cornelio.

Addolcii l'asprezza dell' ortografia, ed anche omisi d'indicare che l'm finale in Taurasiam, Cesaunam, Aleriam, optumum, omnem et prognatum non si pronunciavano. L'i breve in Scipio, consentiunt, fuisse, licuisset è assorbito di sorta che Scipio p. e. non ha che due sillabe in questo genere Plauto offre degl' esempi ancora più chiari. Nell' iscrizione di Barbato, v. 2, patre dopo Gnaivo è senza dubbio una cattiva interpolazione. In quella del figlio, v. 5, e nella terza V. I e 2,

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