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"minum contraditione remota. Praecipientes denique, Jubemus, ut nullus Dux, Episcopus, Marchio, Comes vice Comes, seu aliquis homo ma„ gnus, sive parvus praedictum Abbatem ejusque successores, qui pro tem"pore fuerint de jam dictis Curtis, & earum pertinentiis inquietare, molestare vel disvestire praesumat. Si ,, quis igitur hoc praeceptum, quod minime credimus fregerit, sciat se ,, compositurum centum libras Auri optimi, medietatem Camerae nostrae, & medietatem jam dicto Abbati, ejus,, que successoribus. Quod ut verius ,, credatur, & firmius observetur hanc " paginam, manu nostra sigillari jussi

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,, mus.

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,, Sign. Domni Henrici Regis Invi,, tissimi.

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Everardus Cancellarius recognovit. Data pridie jdus Maii an. Dominicae Incar. MXII. Ind. X. Domini ,, vero Henrici Regis secundi, Regnantis X. Actum Pavembero feliciter Amen.

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In questo medesimo Anno 1012. Errico venne nuovamente in Italia chiamato alla Corona dell' Impero da Papa

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Benedetto VIII. e necessitato dalle nuove sedizioni d' Arduino, e dalle lacrimevoli situazioni della Toscana, e spécialmente di Pisa, la quale in quell'Anno da un grosso stuolo degli Infedeli di Spagna era stata di nuovo saccheggiata, e maltrattata. (28) Dimorò Errico l'Anno seguente in Italia, e come dice il Baronio nella Primavera dell'anno 1014. ricevè dall' suddetto Pontefice Benedetto VIII. La Corona Imperiale assieme colla sua Moglie Conegonda. Di quí passò Errico in Toscana per scacciarne affatto i Saracini come seguì, e per sollevare le miserie di Pisa. In questa occasione vi è tutto il motivo di credere che anche Firenze fosse onorata della presenza di questo Sovrano. Moltissimi Documenti abbiamo i quali provano che anche negli anni successivi questo Santo Imperatore fu supremo Signore della Città di Firenze fra i quali noteremo i seguenti. In uno Istrumento stipulato in Firenze, di cessione che fa un certo Gio

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(28) Ebbe questa medesima disgrazia la Città di Pisa nell' anno 1005. come si ha da una antica Cronica Pisana scritta da Michele de Vico Canonico Pisano nell' anno 1371.

vanni d'Andrea chiamato ancora Azzo a Marino Abbate della Badia Fiorentina l'anno 1018. nel mese di Giugno di un pezzo di Terreno contiguo all' Orto del Monastero, e vicino al Parlascio ( 29 ) si leg

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(29) Era collocato il Parlascio, o Parlagio cioè l'Anfiteatro, secondo Domenico Maria Manni, ove le Case oggi tondeggiano dalla via de' Vasellai, cioè dietro al fianco. sinistro della Chiesa di S. Simone, fino alla Piazza de' Peruzzi per la sua lunghezza, e per la larghezza dalla Via dell' Anguillaia fino alla Piazza di S. Croce. Questo luogo serviva a più usi secondo il sentimento di Leon Battista Alberti, il principale. dice egli, era per le Cacce. e facevasi di figura rotonda perchè le Fiere ivi rinchiuse, angolo non trovassero per sottrarsi al Cacciatore. Combattimenti ancora vi si facevano, e strazio d' Uomini valorosi, che colle Fiere contrastando mostravano la loro forza per riportarne gloria, e onore. Vi si faceva ancora lo strazio dei Martiri, come dottamente scrive il P. Maestro Gio. Tommaso Rinaldi Agostiniano, nella sua bella Dissertazione de Persecutoribus quibus primo, & secundo saeculo Ecclesia exagitata est, ove dimostra, che i Cristiani Ferarum Tergis sæpissime involvebantur, ut laniatu Canum interirent In " questo Parlagio,

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legge nel principio,, In nomine D. N. J. C. Anno ab Incar. ejus octavo decimo post

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o sia Anfiteatro per sentimento degli Scrittori più accurati, e specialmente del Borghini, fu presentato il nostro Martire S. Miniato ad un Leopardo, e ad un Leone per essere da quelli sbranato. Ed in fatti consueta era tal pena per i Cristiani, onde si diceva Christianus ad Leonem siccome c' insegna Tertulliano: Secondo la critica più esatta, questo fatto seguì circa l'anno 250. sotto l'Impero di Decio. Secondo Giovanni Villani serviva il Parlagio anche per le adunanze del Popolo Fiorentino per trattare dei pubblici affari. Io credo che saggiamente opini il Villani, poichè anche i Greci, ed i Romani così costumavano, e forse da loro i Fiorentini ne presero l'esempiol. Che i Greci si adunassero a Parlamento nell' Anfiteatro, lo dimostrano a meraviglia Ausonio nel Ludo sapientum, e Tacito nel libro III. delle storie. E che i Romani almeno nei Teatri perorassero, e facessero arringhe al popolo ce lo prova Varrone appresso Nonio, e Seneca nell' Epistola 108. E Ammiano Marcellino libro 26. ci fa vedere, che i Romani non solamente nel Teatro, ma eziandio nell' Anfiteatro trattavano le Cause, ed erigevano Tribunale.

Il nome d' Anfiteatro, che così chiama

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Imperatoris Augusti IIII. Mense Iunij Indictione prima. E parimente in un altro strumento dell' Anno 1019. fatto in Firenze di donazione che fa un certo Pietro della buona memoria di Giovanni a Marino Abbate della suddetta Badia di alcuni Terreni contigui all' Orto del Monastero, si legge In Nomine D. N. J. C. Anno ab Incarnatione ejus nonodecimo post mille. Enricus gratia Dei Imperator Augustus, et anni Imperj ejus VI. Mense Decembris. Indictione III.

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Nell' Anno 1037. abbiamo un Diploma di Corrado II. detto il Salico successo ad Errico nell' Impero l' Anno 1024. (30) fatto a favore dei Canonici di S. Gio

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vasi nei tempi Romani, fu mutato in quello di Perilasium, la qual voce Grecobarbara significa un circuito di fondamenti, ne' tempi Barbari, e certamente dopo la sua rovina seguita al tempo de' Goti. E che il Parlascio sia l' istesso, che l' Anfiteatro lo prova, che i vestigj della fabbrica, sono eguali, e sono posti nel medesimo sito.

(30) Il dì 13. di Luglio del 1024. in giorno di Domenica morì il S. Imperatore, detto lo Zoppo, l'anno XI. del suo Impero,

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