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sentiunt gentes, populi primarium fuisse viram (686), è che noi leggiamo su quello di Scipione: hanc unum plu rimi consentiunt Romani) bonorum optumum fuisse virum.

Le canzoni convertite in prosa, che sono chiamate da noi storia dei re di Roma erano differenti di forma, ed avevano una grande estensione, offrendosi le une come un insieme che avea un seguito, le altre stando senza un legame necessario. L' istoria di Romolo forma da se un' epopea; è vi furono su Numa che dei canti assai brevi. Tullo ebbe la storia degli Orazj, è la caduta d'Alba, ciò che forma un poema epico come quello di Romolo. Quivi Tito Livio ci conservò intatto, e nella misura lirica dell' antico verso romano tutto un frammento del poema (687). Ciò che si riferisce di Anco, al contrario non ha punto l'ombra del colorito poetico. Con Tarquinio Prisco comincia un gran poema' che finisce alla battaglia del lago Regillo e nella sua forma prosaica, questo canto sui Tarquini è tuttavia poetico oltre ogni credere, non somigliando per nulla all' istoria propriamente' detta. L'arrivo di Tarquinio in Koma in qualità di Lucumone, gli atti, le vittorie, la morte di lui, e poi la maravigliosa storia di Servio, l'empio maritaggio di Tullia, l'assassinio del rẻ, tutta l'istoria dell' ultimo Tarquinio, i presagi della sua caduta, Lucrezia, la dissimulazione di Bruto, la sua morte, la guerra di Porsena, in fine la battaglia affatto omerica del lago Regillo, tutto cio costituisce un epopea che per la profondità e il brillantato dell' invenzione passerebbe di gran lunga tutto ciò che Roma ha mai prodotto dappoi. Straniera all' unità del poema greco più perfetto si divide in sezioni che rispondono alle avventure del poema Niebelungien e se mai qualcheduno fosse così ardito

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& imprenderne la restituzione avrebbe torto di scegliere un altra forma diversa di questo nobile lavoro.

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Questi canti son ben più antichi di Ennio che li trasformò in esametri e vi trovò da riempire tre libri. Egli si stimava seriamente il primo poeta di Roma perchè ignorando l'antica poesia della nazione, la disprezzò e spense con buona fortuna. Parlerò altrove di questa poesia e del suo fine, non aggiungendo quivi che una sola parola per antico che sia il fondo dei canti epici, la forma in cui sono redatti ed una gran parte del loro contenuto sembrano comparativamente più recenti. Se da una parte gli annali dei pontefici alteravano la storia a profitto dei patrīzj, dall'altra vive in tutte queste poesie uno spirito plebeo che si rivela per l'odio contro gli oppressori, e si hanno indizi certi che allora che si captavano le famiglie plebee erano di già grandi e potenti. È in questo spirito, che ci sono rappresentate le distribuzioni delle terre di Numa, di Tullo, d'Anco, di Servio. Tutti i re amati fa vorivano gli uomini liberi, e Servio è il migliore plebeo dopo il santo Numa; i patrizi appajono sotto un aspetto orribile ed odioso e come complici della strage di Servio. Caja Cecilia sposa romana di Tarquinio Prisco è una plebea parente di Metello; il fondatore della repubblica e Muzio Scevola sono, plebei, e fra gli altri non v' ha che i Valerj e gl'Orazj che siano di nobili portamenti, e queste famiglie erano amiche del popolo. Per questo io non assegnerei a questi poemi dopo quello che sappiamo del loro contenuto, una data anteriore alla ristaurazione della città dopo il disastro dei Galli, e questo è il tempo più antico a cui si possa galire. La metà del quinto secolo che fu l'età d'oro del Parte può essere stata pur quella della poesia. Le cousultazioni dell' oracolo Pittico fanno cenno di questo tempo,

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la maniera simbolica con cui l'ultimo re fa conoscere a suo figlio d' essersi tolti d' attorno i principali dei Gabi è tratto da un racconto greco che si legge in Erodoto si vede pure rinnovare la frode di Zopiro, convien dunque ammettere che s' aveva qualche notizia delle greche tradizioni. E perchè non si poteva conoscere Erodoto?

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ERA DELLA FONDAZIONE DELLA CITTA'.

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Un'era che torna indietro cominciando da un dato punto, e non trova il suo principio che per via di stuż diate combinazioni potrebbe essere mal' atta all' uso cronologico, o per lo meno sembrarne poco degna. La sola cosa essenziale per l'uso, si è che il principio ne sia posto in un modo relativo. (non si sa forse che il primo anno dell' era di cui generalmente ci serviamo è incontestabil mente errato? Se non che converrà badare che questo punto cronologico non sia preso per una certezza istorica. La dignità di Roma cancella la macchia fatta all' era sua per l'impostura della sua origine.

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L'istoria ha duopo di più di un' era. E differenti ne occorrono all' Asia, ed all' Europa. Quelle che camminano ą ritroso o che sono necessariamente legate ad un dato conosciuto per falso sono assolutamente cattive; ed occorrono altre ere per altri tempi. Cosi finchè durò l'impero d'oc cidente, l'era spagnuola che partiva dalla battaglia d'Azio, era conveniente'; ma si avrebbe dovuta abbandonare molto. più presto per l'era generale dei cristiani, come l'era di Nabonassare cesse il luogo a quella dei Seleucidi. La princię pale condizione dell' uso di un era si è ch' ella incominci

tempo per comprendere nella sua sfera una serie di date realmente storiche, procedendo sempre in avanti, si è che

in questa sfera raccolga senza sforzo la storia dei popoli più importanti; in fine bisogna che la ragione che glie ne diede la preferenza si mantenga lungo tempo senza alterazione. In quanto al punto di partenza, l' era delle Olimpiadi e quella di Nabonassare differiscono poco da quella di Roma, ma mentre che quest'ultima si conserva e diventa ogni giorno più applicabile șino alla battaglia d'Azio l'una delle due prime, simile alla Grecia stessa, non sopravvisse ad Alessandro che di nome, e la seconda fini come Babilonia ed alla stess' epoca. Al di là del punto in cui si loca la fondazione di Roma non vi ha alcuna specie di cronologia per l' Esperia. Il calcolo di Eratostene, cominciando dalla caduta di Troja, fu una felice idea per indicare dei rapporti d'epoca in Grecia. In quanto ai tempi anteriori dei Greci, ogni cronologia è un sogno da quella d'Asia in fuori; ma possiamo aderire al computo habilonese che comincia mille novecento cinque anni innanzi il primą anno della residenza d'Alessandro in Babilonia, e che è applicabile a tutta l' Asia di quà dall' Indo (689).

Le ere delle città erano comuni in Italia, e Scaligero riferisce l'esempio dell' iscrizione d'Interanna presso gli Om brj (690). Nè vi ha dubbio dopo quello che abbiamo ac cennato di Catone che Ameria non avesse pure la sua. Non abbiamo nulla che ci dia indizio che prima d' Augusto į Romani numerassero gli anni a quel modo; ma si trovą di frequente un' era che parte dall' espulsione dei re. È soprattutto a proposito d' innovazioni nella costituzione dello stato che si avea costume di notare le date a quella foggia. Così adoperavano Cicerone, Tacito e lo stesso Cajo (691); e questa conformità di procedere fa pensare che un autore che tutti copiarono abbia notate quelle innovazioni; questo

autore probabilmente non era che Giulio Gracano che apparteneva alla prima metà del settimo secolo.

Dionigi poneva che questa maniera di numerare era in uso dalla metà del quarto secolo. Senza questo non si sarebbe fondato sui registri dei censori che fissavano la presa di Roma nell'anno cento diecinove dell' espulsione dei re, come sopra documenti autentici (692). Ma concedendo pure l'autenticità dei registri una tal data non poteva essere contemporanea, ma piuttosto un' addizione fatta innocentemente o con intenzione di falsare. Intanto non conviene obbliare che tale addizione mostrerebbe senza replica l'uso d'una tal era nei documenti pubblici, quand' anche ciò fosse per un' epoca più recente,

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İn un'era ogni numero d'anni deve sempre essere supposto della medesima natura, sia che și parli di anni astronomici o di anni lunari. Ora i nostri fasti contando cento venti anni di magistratura, dal principio del consplato alla presa di Roma, risponderebbero anno per anno a un simil numero di quelli dell' era. Ma non si può in niun modo aquetarsi a questi fasti e questa circostanza che nel trattato con Cartagine, Bruto ed Orazio sono nominati come colleghi, basterebbe per provarlo (695). Faro vedere altrove che i consoli che nel principio della repubblica, si presentano per un solo anno più numerosi che mai appartengono a parecchi anni. Per questo in Tito Livio, che tien dietro a Catone, mancano precisamente in tal' epoca consoli degli anni 248, 264, 265, senza parlare di variazioni di meno importanza. I fasti di Diodoro offrono ancora maggiori differenze; e qualunque ne sia il disordine meritano maggiore considerazione che non ebbero. Perchè ciò che richiudono di più cattivo non sono che falli d'inavvertenza: Diodoro può aver guastati i suoi fasti, ma non

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