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pronuncia, come ambizione, ambission (pronunc. an); mutasi pure in N, nella voce stessa, in forza della consonante che segue, come cambiare e cangiare,

N

Viceversa (V. M), cambiasi in M, in forza della consonante che segue, come immobile, imperfetto e sim. (però nel dialetto pronunciasi sempre in/; N ama pure cangiarsi in L, come Palermo, Bologna, da Panormo, Bononia; similmente allorchè la precede, come illazione, illogismo, da inlazione, ec., collegare, collegio, collega da con, ec., veleno da veneno, cuna e culla (noi cuna soltanto); così, innanzi a R, mutasi in questa, come irreparabile, corrispondere, da inreparabile, conrispondere, e sim.; viene pure assorbita ancorchè non preceda la R, immediatamente, come porre da ponere, verrò da veniró (ma in tal caso il dialetto si tiene più all'orig.).

Questa è la vocale più sonora e più maschia, direbbe il nostro Tesauro; per amore di essa (pronunciata però chiusa), noi diciamo fomna, da fëmna, femina; andoma, andomo da andemo (antic.) per andiamo; avoma, avomo da avemo; somo da semo; col, cost (o ch.) da chël, chëst, ec.; si ritiene (pronunciata più o meno aperta) in molte v. d'orig. lat., come om, nom, scola, son, ton, long, ec.; talvolta mutasi nel dittongo eu, talvolta in u, ma meno sovente che in ital.; del resto, V. A, E, I, U.

P

Scambiasi facilmente con B (V. B); con V, come da sapere, savere (ant., noi savei), savio, saviezza, sapore, savore, ec.; noi oltre a questi, anche savon da sapone, levr da lepre, luv da lupo, rava da rapa, ec.

Q

Cambiasi talora in C, sia nella lingua, sia nel dialetto. come quotidiano, cotidiano, noi col e cost (o ch.), da quel, quest, ec.

R

Questa consonante avendo qualche affinità di suono con L, anzi parendo quasi un Z indurita, scambiasi facilmente con essa, come albero da arbore, varcare e valicare, scirocco e scilocco, peregrino e pellegrino; assorbe N precedente, nè solo immediata (V. N); mutasi talvolta in D (V. D); in I come pajo da paro, e sim. Nel nostro vernacolo poi, Riniziale ha una specialità tutta propria; ove dopo le venga un I, se ne disfa, e piglia il suono di semivocale, ovveroзsia pronunciasi chiusa, come rbate, rfè (ribattere, rifare), suono un po' duro, ma comunemente allargato e perciò raddolcito da A, sua simpatia. (V. a questo proposito nel Dizionario la nota alla lett. AJ.

S

Lettera potentissima nel nostro dialetto, avendo non solo fatto man bassa sullo Z, ma allargato il suo dominio a spese di C, là dove questa consonante è seguita da e o i, ce, ci; forse per l'indole sua energica, poco amica di suoni siffatti. Circa le sue permutazioni con F, G, Z, V. queste lettere.

T

Si permuta facilmente nell'altra dentale, massime in piemontese (V. D).

Merita osservazione questo che le favelle nello stato loro primitivo anzichè il suono dell'U, prediligono quello dell'O, assai più aperto, maschio e sonoro; così il latino, e così pure l'italiano. La vocale U non si fe' strada, non si dilatò, che più tardi, e questa che gli antichi segnalavano alla poca loro simpatia col cucurrire del gallo, come l'i col tintinnire d'un uccellino, non solo giunse a sostituirsi in molte parole all'O, ma non contento ancora, dove non potè scavalcarlo, gli si attaccò ai panni, sto per dire da parassito, e fece il guasto che tutti sanuo, non risparmiando tampoco l'uomo, e il cuore (omo, core), e impinguando persino il verbo muovere. Nè il sottile e mingherlino compagno se ne stette a bada, ma lavorando anch'esso del suo meglio, quasi fossero di balla, riuscì a ficcarsi per tutto, e a dare il la alla lingua (Manco male che la poesia, se non li mise alla porta, non fe' mai loro troppo buona cera); che abbiano voluto esercitar rappresaglie, vendicar il cucurrire e il tintinnire ?..... Sul serio, la lingua può aver guadagnato in elasticità, in pieghevolezza, che so io, ma se ciò non sia un po' a spese d'altre qualità più maschie e robuste, lascio ad altri il giudicare.

Per tornare alla vocale U, essa permutasi quindi assai facilmente con O, come groppo e gruppo, sovero e suvero, bove e bue, emolo, emulo, oliva, uliva, urina, orina, scodella, scudella; e noi inoltre, cuverta e coverta (o ch.), cucumer e cocomer, ec. Scambiasi pure con I, e con E (V. queste lettere); talvolta eziandio colla consonante sua affine (V. V).

Ama talora scambiarsi con U come Pavolo da Paulo, cavolo da caulis colis, onde noi per sinc. coi); vedova da

vidua, continovo, ec.; spesso pure si sopprime per eufonia, come Paolo, dee, dovea, bee, bevea, beone, ec.; noi dova e doa (doga), pavon e paon, vidova e vidoa, ec. Riguardo all'altre permutazioni (V. B, D, G, P).

Intorno a questa lettera, la cui frequenza nella lingua pare una greca eredità, V. la lett. C.

Oltre alle permutazioni alfabetiche, sono pure da osservarsi, come principii elementari dell' etimologia, la trasposizione sillabica o metatesi, e l'onomatopea o imitazione delle cose mediante il suono delle parole.

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