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rentino senza che alcuno opporsegli ardisse: a tanta grandezza l'avevano condotto le discordie di Firenze! Grande veramente e misera città, la quale nè la memoria delle passate divisioni, nè la paura di Uguccione, nè l'autorità di un re avevano potuta tener ferma; tantochè in malissimo stato si trovava, sendo fuora da Uguccione corsa, e dentro da Lando d'Agobbio saccheggiata. Erano gli amici del re, contrarj a Lando e suoi seguaci, famiglie nobili e popolani grandi, e tutti Guelfi. Nondimeno per avere gli avversari lo stato in mano, non potevano se non con loro grave pericolo scoprirsi. Pure diliberati di liberarsi da sì disonesta tirannide, scrissero segretamente al re Roberto, che facesse suo vicario a Firenze il conte Guido da Battifolle. Il che subito fu dal re ordinato; e la parte nimica, ancorachè i Signori fussero contrarj al re, non ardi per le buone qualità del conte opporsegli. Nondimeno non aveva molta autorità, perché i Signori e Gonfalonieri delle compagnie Lando e la sua parte favorivano. E mentre che in Firenze in questi travagli si viveva, passò la figliuola del re Alberto della Magna, la quale andava a trovare Carlo figliuolo del re Roberto suo marito. Costei fu onorata assai dagli amici del re, e con lei delle condizioni della città, e della tirannide di Lando e suoi partigiani si dolsero; tantochè prima che la partisse, mediante i favori suoi e quelli che dal re ne furono porti, i cittadini si unirono, ed a Lando fu tolta l'autorità, e pieno di preda e di sangue rimandato ad Agobbio. Fu nel riformare il governo la Signoria al re per tre anni prorogata, e perchè di già erano eletti sette Signori di quelli della parte di Lando, se ne elessero sei di quelli del re; e seguirono alcuni magistrati con tredici Signori. Dipoi pure secondo l'antico uso a sette si ridussero.

Fu tolta in questi tempi ad Uguccione la signoria di Lucca e di Pisa; e Castruccio Castracani di cittadino di Lucca ne divenne signore; e perchè era giovane ardito e feroce, e nelle sue imprese fortunato, in brevissimo tempo principe de' Ghibellini di Toscana divenne. Per la qual cosa i Fiorentini, posate le civili discordie per più anni, pensarono prima che le forze di Castruccio non crescessero, e dipoi contra la voglia loro cresciute, come si avessero a difendere da quelle. E perchè i Signori con miglior consiglio diliberassero, e con maggior autorità eseguissero, crearono dodici cittadini, i quali Buonomini nominarono, senza il consiglio e consenso de' quali i Signori alcuna cosa importante operare non potessero. Era in questo mezzo il fine della Signoria del re Roberto venuto, e la città diventata principe di sè stessa, con i consueti rettori e magistrati si riordinò, e il timore grande che ella aveva di Castruccio la teneva unita; il quale, dopo molte cose fatte da lui contro i signori di Lunigiana, assaltò Prato. Donde i Fiorentini diliberati a soccorrerlo, serrarono le botteghe, e popolarmente v' andarono, dove ventimila a piè e millecinquecento a cavallo convennero. E per torre a Castruccio le forze ed aggiungerle a loro, i Signori per loro bando significarono, che qualunque ribelle Guelfo venisse al soccorso di Prato, sarebbe dopo l'impresa alla patria restituito; dondechè più di quattromila ribelli vi concorsero. Questo tanto esercito con tanta prestezza a Prato condotto sbigotti in modo Castruccio, che senza voler tentare la fortuna della zuffa verso Lucca si ridusse. Donde nacque nel campo dei Fiorentini tra i nobili ed il popolo disparere: questo voleva seguitarlo, e combatterlo per spegnerlo, quelli volevano ritornarsene, dicendo che bastava aver messo a pericolo Firenze per liberare Prato; il che era stato bene sendoci costretti dalla necessità; ma ora che quella era mancata, non era, potendosi acquistar poco e perdere assai, da tentare la fortuna. Rimessesi il giudicio, non si potendo accordare, ai Signori, i quali trovarono nei consigli tra il popolo e i Grandi i

medesimi dispareri. La qual cosa sentita per la città fece 'ragunare in piazza assai gente, la quale contra i Grandi parole piene di minacce usava, tantochè i Grandi per timore cederono. Il qual partito, per essere preso tardi, e da molti malvolentieri, dette tempo al nimico di ritirarsi salvo a Lucca.

Questo disordine in modo fece contra i Grandi il popolo indegnare, che Signori la fede data agli usciti per ordine e conforti loro osservare non vollero. Il che presentendo gli usciti diliberarono d'anticipare, e innanzi al campo, per entrare i primi in Firenze, alle porte della città si presentarono. La qual cosa perchè fu preveduta non successe loro, ma furono da quelli che in Firenze erano rimasi ributtati. Ma per vedere se potevano aver d'accordo quello che per forza non avevano potuto ottenere, mandarono otto uomini ambasciadori a ricordare ai Signori la fede data, e i pericoli sotto quella da loro corsi, sperandone quel premio che era stato loro promesso. E benchè i nobili, ai quali pareva essere di quest' obbligo debitori, per avere particularmente promesso quello, a che i Signori si erano obbligati, si affaticassero assai in beneficio degli usciti; nondimeno per lo sdegno aveva preso l'universalità, che non si era in quel modo che si poteva contra Castruccio vinta l'impresa, non l'ottennero; il che seguì in carico e disonore della città. Per la qual cosa, sendo molti de' nobili sdegnati, tentarono di ottenere per forza quello, che pregando era loro negato; e convennero con i fuorusciti venissero armati alla città, e loro dentro piglierebbero l'armi in loro aiuto. Fu la cosa avanti al giorno diputato scoperta; talchè i fuorusciti trovarono la città in arme, ed ordinata a frenare quelli di fuori, e in modo quelli di dentro sbigottire, che niuno ardì di prender l'armi; e così senza fare alcun frutto si spiccarono dall'impresa. Dopo la costoro partita si disiderava punir quelli, che dell' avergli fatti venire avessero colpa; e benchè ciascuno sapesse quali erano i delinquenti, niuno di nominargli non che di accusargli ardiva. Pertanto per intenderne il vero senza rispetto, si provvide che ne' consigli ciascuno scrivesse i delinquenti, e gli scritti al capitano segretamente si presentassero. Donde rimasero accusati messer Amerigo Donati, messer Teghiaio Frescobaldi e messer Lotteringo Gherardini; i quali avendo il giudice più favorevole, che forse i delitti loro non meritavano, furono in danari condannati.

I tumulti che in Firenze nacquero per la venuta dei ribelli alle porte, mostrarono come alle Compagnie del popolo un capo solo non bastava; e però volleno che per l'avvenire ciascuna tre o quattro capi avesse, e ad ogni Gonfaloniere due o tre, i quali chiamarono Pennonieri, aggiunsero, acciocchè nelle necessità, dove tutta la Compagnia non avesse a concorrere, potesse parte di quella sotto un capo adoperarsi. E come avviene in tutte le repubbliche, che sempre dopo un accidente alcune leggi vecchie s' annullano, ed alcune altre si rinnovano, dove prima la Signoria si faceva di tempo in tempo, i Signori e i Collegi che allora erano, perchè avevano assai potenza, si fecero dare autorità di fare i Signori che dovevano per i futuri quaranta mesi sedere; i nomi de' quali misero in una borsa, e ogni due mesi gli traevano. Ma prima che de' mesi quaranta il termine venisse, perchè molti cittadini di non essere stati imborsati dubitavano, si fecero nuove imborsazioni. Da questo principio nacque l'ordine dell'imborsare per più tempo tutti i magistrati, così dentro come di fuori, dove prima nel fine dei magistrati per i Consigli i successori si eleggevano; le quali imborsazioni si chiamarono dipoi Squittinj. E perchè ogni tre o al più lungo ogni cinque anni si facevano, pareva che togliessero alla città noia, e la cagione de' tumulti levassero, i quali alla creazione di ogni magistrato per gli assai competitori nascevano. E non sapendo altrimenti correggerli, presero

questa via, e non intesero i difetti che sotto questa poca comodità si nascondevano.

Era l'anno MCCCXXV, e Castruccio avendo occupata Pistoia era diventato in modo potente, che i Fiorentini, temendo la sua grandezza, diliberarono, avanti che egli avesse preso bene il dominio di quella, di assaltarlo, e trarla di sotto la sua ubbidienza. E fra di loro cittadini ed amici si ragunarono ventimila pedoni e tremila cavalieri; e con questo esercito si accamparono ad Altopascio per occupar quello, e per quella via impedirgli il poter soccorrere Pistoia. Successe ai Fiorentini prendere quel luogo; dipoi ne andarono verso Lucca guastando il paese. Ma per poca prudenza e meno fede del capitano non si fecero molti progressi. Era loro capitano messer Ramondo di Cardona. Costui, veduto i Fiorentini essere stati per l'addietro della loro libertà liberali, ed aver quella ora al re, ora ai legati, ora ad altri di minor qualità uomini concessa, pensava, se conducesse quelli in qualche necessità, che facilmente potrebbe accadere che lo facessero principe. Nè mancava di ricordarlo spesso, e chiedeva di avere quella autorità nella città, che e' gli avevano negli eserciti data, altrimenti mostrava di non potere aver quella ubbidienza, che ad un capitano era necessaria. E perchè i Fiorentini non gliene consentivano, egli andava perdendo tempo, e Castruccio lo acquistava; perchè gli vennero quelli aiuti, che dai Visconti e dagli altri tiranni di Lombardia gli erano stati promessi; ed essendo fatto forte di genti, messer Ramondo come prima per la poca fede non seppe vincere, così dipoi per la poca prudenza non si seppe salvare; ma procedendo con il suo esercito lentamente, fu da Castruccio propinquo ad Altopascio assaltato, e dopo una gran zuffa rotto, dove restarono presi e morti molti cittadini, e con loro insieme messer Ramondo; il quale della sua poca fede e dei suoi cattivi consigli dalla fortuna quella punizione ebbe, che egli aveva dai Fiorentini meritato. I danni che Castruccio fece dopo la vittoria ai Fiorentini di prede, prigioni, rovine ed arsioni, non si potrebbero narrare; perchè, senza avere alcuna gente all'incontro, più mesi dove e' volle cavalcò e corse, ed ai Fiorentini dopo tanta rotta fu assai il salvare la città.

Nè però s'invilirono in tanto che non facessero grandi provvedimenti a danari, soldassero gente, e mandassero ai loro amici per aiuto. Nondimeno a frenare tanto nimico niuno provvedimento bastava; dimodochè furono forzati eleggere per loro signore Carlo duca di Calabria e figliuolo del re Roberto, se vollero che venisse alla difesa loro; perchè quelli sendo consueti a signoreggiare Firenze, volevano piuttosto l' ubbidienza che l'amicizia sua. Ma per esser Carlo implicato nelle guerre di Sicilia, e perciò non potendo venire a prendere la signoria, vi mandò Gualtieri di nazione Francese e duca d'Atene. Costui come vicario del Signore prese la possessione della città, ed ordinava i magistrati secondo l'arbitrio suo. Furono nondimeno i portamenti suoi modesti, ed in modo contrarj alla natura sua, che ciascuno l' amava. Carlo, composte che furono le guerre di Sicilia, con mille cavalieri ne venne a Firenze, dove fece la sua entrata di luglio l'anno MCCCXXVI; la cui venuta fece che Castruccio non poteva liberamente il paese fiorentino saccheggiare. Nondimeno quella riputazione che si acquistò di fuora si perdè dentro, e quelli danni che dai nimici non furono fatti, dagli amici si sopportarono, perchè i Signori senza il consenso del duca alcuna cosa non operavano, e in termine di un anno trasse dalla città quattrocentomila fiorini; nonostante che per le convenzioni fatte seco non si avesse a passare dugentomila. Tanti furono i carichi con i quali ogni giorno o egli o il padre la città aggravavano.

A questi danni s' aggiunsero ancora nuovi sospetti e nuovi nimici; perchè

i Ghibellini di Lombardia in modo per la venuta di Carlo in Toscana insospettirono, che Galeazzo Visconti e gli altri tiranni lombardi con danari e promesse fecero passare in Italia Lodovico di Baviera, stato contro la voglia del papa eletto imperadore. Venne costui in Lombardia, e di quivi in Toscana, e con lo aiuto di Castruccio s' insignorì di Pisa, dove rinfrescato di danari se ne andò verso Roma. Il che fece che Carlo si partì di Firenze temendo del regno, e per suo vicario lasciò messer Filippo da Saggineto. Castruccio dopo la partita dell' imperadore s' insignorì di Pisa, e i Fiorentini per trattato gli tolsero Pistoia; alla quale Castruccio andò a campo, dove con tanta virtù e ostinazione stette, che ancorachè i Fiorentini facessero più volte prova di soccorrerla, ed ora il suo esercito, ora il suo paese assalissero, mai non poterono nè con forza nè con industria dall' impresa rimuoverlo; tanta sete aveva di gastigare i Pistolesi, ei Fiorentini sgarare. Dimodochè i Pistolesi furono costretti a riceverlo per signore; la qual cosa ancora che seguisse con tanta sua gloria, seguì anche con tanto suo disagio, che tornato in Lucca si morì. E perchè egli è rade volte che la fortuna un bene o un male con un altro bene o con un altro male non accompagni, morì ancora a Napoli Carlo duca di Calabria e signore di Firenze, acciocchè i Fiorentini in poco tempo, fuori d'ogni loro opinione, dalla signoria dell' uno e timore dell' altro si liberassero. I quali rimasi liberi riformarono la città, ed annullarono tutto l'ordine de' Consigli vecchi, e ne crearono due, l'uno di trecento cittadini popolani, l'altro di dugento cinquanta grandi e popolani; il primo dei quali Consiglio di Popolo, l' altro di Comuni chiamarono.

L'imperadore arrivato a Roma creò uno antipapa, ed ordinò molte cose contra alla Chiesa, molte altre senza effetto ne tentò; in modo che alla fine se ne partì con vergogna, e ne venne a Pisa, dove o per isdegno, o per non essere pagati, circa ottocento cavalli tedeschi da lui si ribellarono, e a Montechiaro sopra il Ceruglio s' afforzarono. Costoro, come l' imperadore fu partito da Pisa per andarne in Lombardia, occuparono Lucca, e ne cacciarono Francesco Castracani lasciatovi dall' imperadore. E pensando di trarre di quella preda qualche utilità, quella città ai Fiorentini per ottantamila fiorini offersero; il che fu per consiglio di messer Simone della Tosa rifiutato. Il qual partito sarebbe stato alla città nostra utilissimo, se i Fiorentini sempre in quella volontà si mantenevano. Ma perchè poco dipoi mutarono animo fu dannosissimo; perchè se allora per sì poco prezzo avere pacificamente la potevano e non la vollero, dipoi quando la volleno non l'ebbero, ancorachè per molto maggior prezzo la comperassero; il che fu cagione, che più volte Firenze il suo governo con suo grandissimo danno variasse. Lucca adunque rifiutata dai Fiorentini fu da messer Gherardino Spinoli Genovese per fiorini trentamila comperata. E perchè gli uomini sono più lenti a pigliar quello che possono avere, che e' non sono a disiderar quello a che e' non possono aggiugnere, come prima si scoperse la compera da messer Gherardino fatta, e per quanto poco prezzo l'aveva avuta, si accese il popolo di Firenze di uno estremo disiderio d' averla, riprendendo sè medesimo, e chi ne l'aveva sconfortato. E per averla per forza, poichè comperare non l' aveva voluta, mandò le genti sue a predare e scorrere sopra i Lucchesi. Erasi partito in questo mezzo l' imperadore d'Italia, e lo antipapa per ordine de' Pisani ne era andato prigione in Francia, ed i Fiorentini dalla morte di Castruccio, che segui nel MCCCXXVIII, infino al MCCCXL stettero dentro quieti, e solo alle cose dello stato loro di fuora attesero, e in Lombardia per la venuta del re Giovanni di Boemia, e in Toscana per conto di Lucca di molte guerre fecero. Ornarono an

cora la città di nuovi edificj, perchè la torre di Santa Reparata secondo il consiglio di Giotto, dipintore in quelli tempi famosissimo, edificarono. E perchè nel MCCCXXXIII alzarono per un diluvio l' acque d' Arno in alcun luogo in Firenze più che dodici braccia, donde parte de' ponti e molti edificj rovinarono, con grande sollecitudine e spendio le cose rovinate restaurarono.

Ma venuto l'anno MCCCXL, nuove cagioni d'alterazioni nacquero. Avevano i cittadini potenti due vie ad accrescere o mantenere la potenza loro; l'una era ristringere in modo le imborsazioni dei magistrati, che sempre o in loro o in amici loro pervenissero; l'altra l'essere capi della elezione dei rettori, per avergli dipoi nei loro giudicj favorevoli. E tanto questa seconda parte stimavano, che non bastando loro i rettori ordinarj, un terzo alcuna volta ne conducevano; dondeche in questi tempi avevano condotto strasordinariamente sotto titolo di capitano di guardia messer Jacopo Gabbrielli d' Agobbio, e datogli sopra i cittadini ogni autorità. Costui ogni giorno, a contemplazione di chi governava, assai ingiurie faceva, e tra gl' ingiuriati messer Piero de' Bardi e messer Bardo Frescobaldi furono. Costoro, sendo nobili, e naturalmente superbi, non potevano sopportare che un forestiere, a torto e a contemplazione di pochi potenti, gli avesse offesi; e per vendicarsi, contra lui ed a chi governava congiurarono. Nella qual congiura molte famiglie nobili con alcune di popolo furono, ai quali la tirannide di chi governava dispiaceva. L'ordine dato intra loro era, che ciascuno ragunasse assai gente armata in casa, e la mattina dopo il giorno solenne di Tutti i Santi, quando ciascuno si trovava per i tempj a pregare per i suoi morti, pigliare l'armi, ammazzare il Capitano e i primi di quelli che reggevano, e di poi con nuovi Signori e con nuovo ordine lo stato riformare.

Ma perchè i partiti pericolosi quanto più si considerano, tanto peggio volentieri si pigliano, interviene sempre che le congiure che danno spazio di tempo alla esecuzione si scuoprono. Sendo tra i congiurati messer Andrea de' Bardi, potè più in lui, nel ripensare la cosa, la paura della pena che la speranza della vendetta, e scoperse il tutto a Jacopo Alberti suo cognato, il che Jacopo ai Priori, e i Priori a quelli del reggimento significarono. E perchè la cosa era presso al pericolo, sendo il giorno di Tutti i Santi propinquo, molti cittadini in palagio convennero, e giudicando che fusse pericolo nel differire, volevano che i Signori suonassero la campana, e il popolo all' armi convocassero. Era Gonfaloniere Taldo Valori, e Francesco Salviati uno de' Signori. A costoro per essere parenti de' Bardi non piaceva il suonare, allegando non esser bene per ogni leggier cosa fare armare il popolo, perchè l' autorità data alla moltitudine non temperata da alcun freno non fece mai bene; e che gli scandoli è muovergli facile, ma il frenargli difficile; e però esser meglio partito intender prima la verità della cosa, e civilmente punirla, che volere con la rovina di Firenze tumultuariamente sopra una semplice relazione correggerla. Le quali parole non furono in alcuna parte udite, ma con modi ingiuriosi e parole villane furono i Signori a suonare necessitati, al qual suono tutto il popolo alla piazza armato corse. Dall' altra parte, i Bardi e Frescobaldi vedendosi scoperti, per vincere con gloria, o morire senza vergogna presero l'armi, sperando potere la parte della città di là dal fiume dove avevano le case loro difendere, e si fecero forti ai ponti, sperando nel soccorso che dai nobili del contado ed altri loro amici aspettavano. Il qual disegno fu loro guasto dai popolani, i quali quella parte della città con loro abitavano, i quali presero l'armi in favore dei Signori; in modo che trovandosi tramezzati abbandonarono i ponti, e si ridussero nella via dove i Bardi abitavano, come più forte

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