E per levar ogni sospetto in tutto A papa Giulio chè non l'assalisse Si fu in Savona subito ridutto: Ove aspettò che Fernando venisse, Che a governar Castiglia ritornava Là dove poco prima dipartisse. Perchè quel regno già tumultuava, Lo 'mperio intanto volendo passare Una dieta avea fatta in Gostanza Ed ordinò che ognun fusse a cavallo Con la sua gente d'arme e fanteria, Per ogni modo il giorno di San Gallo. E Marco e Francia che questo sentia, Adunar le sue genti, e sotto Trento Uniti insieme gli chiuser la via. Nè Marco alle difese ste' contento, Ferillo in casa ed all' imperio tolse Gorizia con Triesti in un momento. Onde Massimilian far tregua volse, Veggendo contro i suoi tanto contrasto, E le due terre d'accordo si tolse; Le qual di poi si furono quel pasto, Quel rio boccon, quel venenoso cibo, Che di San Marco lo stomaco ha guasto. Perchè l' imperio siccome io vi scribo, Sut' era offeso ed al buon re de' Galli Parve de' Viniziani esser corribo. Onde perchè il disegno a Marco falli, Il papa e Francia insieme tutta dua, S'uniron con l'imperio e gigli Galli. Nè steron punto de' patti in fra dua; Ma subito convennero in Cambrai, Che ognun si andasse per le cose sua. In questa voi provvedimenti assai Avevi fatti, perchè verso Pisa Tenevi gli occhi volti sempre mai; Non potendo posar in nulla guisa Se non l'avevi; e Fernando e Luigi V'avien d'averla la strada intercisa : E li vostri vicini i lor vestigi Tal che volendo far l'impresa certa, Dunque sendo rimasa Pisa sola, E quattro mesi intorno vi posaste E benchè fusse ostinata nimica, Pur da necessità costretta e vinta, Torno piangendo alla catena antica. Non era in Francia ancor la voglia estinta Di muover guerra; e per l'accordo fatto Avea gran gente in Lombardia sospinta. E papa Giulio anch'ei veniva ratto Con le genti in Romagna, e Berzighella Assaltò e Faenza innanzi tratto. Ma poi che a Trievi e cert' altre castella Fra Marco e Francia alcun leggier assalto Fu, or con trista, or con buona novella; Alfin Marco rimaso in su lo smalto, Poscia ch'a Vailà misero salse, Casco del grado suo, ch' era tant' alto; Che fia degli altri, se questo arse ed alse In poco tempo? e s'a cotanto impero Giustizia e forza e union non valse? Gite superbi omai con viso altero, Tanto v' accieca la presente sete, Di quinci nasce ch' il voltar del cielo Da questo a quello i vostri stati volta, Più spesso che non muta il caldo e 'l gielo. Che se vostra prudenza fusse volta I' non potrei sì tosto raccontarve, La Lombardia il gran re de' cristiani E la Romagna al gran pastor si diene Ma non sendo il Tedesco in que' paesi Onde Massimilian tenendo questo, Ch' essendo stato con l'animo franco E dalla lega essendo derelitto, L'ASINO D' ORO. CAPITOLO PRIMO. I varj casi, la pena e la doglia Non cerco ch' Elicona altr' acqua versi, O Febo posi l'arco e la faretra, Si perchè questa grazia non s' impetra Nè cerco averne prezzo, premio, o merto; Ch' io so ben quanto gratitudo è sorda Morsi, o mazzate io non istimo tanto, S'io fossi ancor di mia prova tenuto Volse già farne un bere in fonte Branda Ben tutta Siena; e poi gli mise in bocca Una gocciola d'acqua a randa a randa. Ma se 'l Ciel nuovi sdegni non trabocca Contra di me, e' si farà sentire Per tutto un raglio, e sia zara a chi tocca. Ma prima ch' io cominci a riferire, Dell' Asin mio i diversi accidenti, Non vi rincresca una novella udire. Fu, e non sono ancora al tutto spenti A costui venne crescendo un difetto E tanto il padre via più si doleva E volse intender molte opinioni Oltra di questo anco e' lo botò forse, Ma ciaschedun rimedio ci fu vano, Perciocchè sempre, e in ogni luogo corse. Ultimamente un certo cerretano, De' quali ogni di molti ci si vede, Promise al padre suo renderlo sano. Ma come avvien che sempre mai si crede A chi promette il bene; onde deriva, E spesso lor credendo l' uom si priva Così costui niente in dubbio stette, Ed ei gli fe' cento profumi al naso, E fatto ch' ebbe altri rimedj suoi, Rendè per sano al padre il suo figliuolo Con questi patti ch' or vi direm noi. Che mai non lo lasciasse andar fuor solo Per quattro mesi, ma con seco stesse Chi, se per caso e' si levasse a volo, Che con qualche buon modo il ritenesse; Dimostrandogli in parte il suo errore, Pregandol ch' al suo onor riguardo avesse. Così andò ben più d'un mese fuore, Onesto e saggio infra due suoi fratelli, Di riverenza pieno e di timore. Ma giunto un dì nella via de' Martelli, Onde puossi la via larga vedere, Cominciaro a ricciarsegli i capelli. Non si potè questo giovin tenere, E posposta da parte ogni altra cosa, E giunto in su la testa della via E di poi corse sempre mentre visse, Tanto che 'l padre vi perdè la spesa, E'l medico lo studio che vi misse. Perchè la mente nostra sempre intesa Ed io, avendo già volta la mente Non osservando più gli altri difetti, Ma questo tempo dispettoso e tristo Onde s' alquanto or di veleno spargo, E l'Asin nostro, che per tante scale |