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43. I principi devono fuggire come la peste gli adulatori; e per difendersene, elegghino uomini savj, con dare solo a quelli arbitrio a parlarli la verità.

44. Un principe deve esser largo domandatore, e dipoi circa le cose domandate paziente uditore del vero. Anzi intendendo, che alcuno per qualche rispetto non gliene dica, turbarsene.

45. I buoni consigli da qualunque venghino, conviene naschino dalla prudenza del principe, e non la prudenza del principe da buoni consigli.

46. I consigli, che procedono da capo canuto e pieno d'esperienza, sono più savj e più utili.

47. Un principe avrà gloria grande di aver dato principio al suo principato. onorandolo e corroborandolo di buone leggi, di buoni amici e di buoni esempj.

18. Il principe deve esser grato ai confederati, da' nemici temuto, giusto con i sudditi, e fedele con gli esteri.

49. Il fine del principe deve essere di tenere la città abbondante, unito il popolo, e la nobiltà onorata.

20. Nel conceder li gradi e dignità, deve il principe andare a trovare la virtù ovunque si trova, senza rispetto di sangue.

24. Le cose, che il buon principe deve introdurre simili alle antiche sono, onorare e premiare la virtù, non disprezzare la povertà, stimare i modi e gli ordini della disciplina militare, costringere i cittadini ad amare l'uno l' altro, e vivere senza sette, stimare meno il privato che il pubblico, ed altre cose simili.

22. Quanto sia laudabile in un principe mantenere la fede e vivere con integrità e non con astuzia, ciascuno lo intende.

23. La fede pubblica promessa a' sudditi si deve inviolabilmente osservare. 24. Il buon principe non sa, nè vuole mai dar occasione ad alcuna materia di scandalo, per esser amatore della pace e della giustizia.

25. È officio d'un principe buono torre a' delinquenti la via di peccare, e ridurli alla via retta.

26. In ogni sorta di governo le calunnie sono detestabili, e per reprimerle non si deve dal principe perdonare a ordine alcuno, che vi faccia a proposito. 27. Il savio e buon principe deve essere degli uomini letterati amatore ed esaltatore.

28. Deve aprire studj pubblici, conducendo i più eccellenti uomini, perchè la gioventù possa negli studj delle lettere esercitarsi.

29. Deve amare qualunque è in arte eccellente.

30. Il principe deve aver cura, che i popoli non manchino di nutrimento. 34. Deve porre i prezzi onesti e giusti ai viveri, e provvedere soprattutto, che i poveri abbino il debito loro, e non siano defraudati.

CAPITOLO XIV.

Ministro.

1. Dall' autorità del ministro a quella del principe deve esser intervallo assai.

2. Ciò, che fa maraviglioso un ministro, è la sollecitudine, la prudenza, la grandezza d'animo, il buon ordine nel governo.

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3. Il ministro, se non consiglia le cose utili al suo principe senza rispetto, manca dell' officio suc.

4. Chi consiglia i principi, deve pigliar le cose moderatamente, e non prender alcuna per sua impresa, e dire l'opinione sua senza passione, e con modestia difenderla in modo, che se il principe la segue, che la segua volentieri, e non paia, che vi venga tirato dall' importunità.

5. Il ministro deve difendere la sua opinione con le ragioni, senza volervi usare o l'autorità, o la forza.

6. Il ministro prudente deve conoscer i mali discosto, per esser a tempo a non li lasciar crescere, o deve prepararsi in modo, che cresciuti, non l' offendino.

7. Un ministro deve camminar con animo, sollecitudine e senza rispetto.

8. Il buon ministro non è sbigottito da impresa alcuna, dove conosca il bene pubblico.

9. Il ministro, per paura d' un carico vano, non deve mai lasciare di fare un' opera, che faccia un utile certo allo stato.

10. Le calunnie date a chi si è adoprato nelle cose importanti dello stato è un disordine, che fa gran male.

44. Il ministro deve fare ogni cosa per non aver mai a giustificarsi, perchè la giustificazione presuppone errore, o opinione d'esso.

42. Conviene al ministro, avendo a riprendere, tor via l'occasione d'esser ripreso.

43. Il fine perchè i ministri sono mandati in una città è di reggere, e governare i sudditi con amore e con giustizia, e non stare a gareggiare, e contendere insieme; ma aversi a intender bene come fratelli e cittadini mandati da un medesimo principe.

14. Il ministro, se pensa più a sè, che al principe e allo stato, non fia mai buon ministro, perchè quello, che ha lo stato di uno in mano non deve mai pensare a sè, ma ai principe, e non li ricordare mai cosa, che non appartenga a lui. 45. Il ministro deve amministrare il suo grado a util pubblico, e non a propria utilità.

46. Chi è obbligato alle proprie passioni, non può ben servire un terzo. 47. Rade volte accade, che le particolari passioni non nuochino alle universali comodità.

48. Il ministro deve essere alieno dalle rapine pubbliche, e del bene comune aumentatore.

49. In uno stato corrotto da partiti, fra i ministri ogni cosa ancorché minima si riduce a gara. I segreti si pubblicano, così il bene, come il male si favorisce, e disfavorisce. I buoni come i cattivi sono egualmente lacerati, nessuno fa l'ufficio suo.

20. Il ministro si guardi da' partiti o astuti, o audaci; perchè se paiono nel principio buoni, riescono poi nel trattarli difficili, e nel finirli dannosi.

21. Il ministro deve guardarsi da quelli errori, che non sono conosciuti, che son la rovina dello stato.

22. L'ignavia nei principi, e l'infedeltà nei ministri rovinano un impero benchè fondato sopra il sangue di molti uomini virtuosi.

23. Un ministro estero deve esser grato a chi è mandato, pratico, prudente, sollecito e amorevole del suo sovrano e della sua patria,

24. Il ministro deve saper disputare delle condizioni degli stati, degli umori de' principi e popoli, e quello che si può sperare nella pace e temere nella guerra.

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25. Il ministro si ricordi, che non i titoli illustrano gli uomini, ma gli uomini i titoli, e che nè sangue, nè autorità ha mai reputazione senza la virtù. 26. Il ministro deve morire più ricco di buona fama e di benevolenza, che di tesoro.

CAPITOLO XV.

Principe tiranno.

4. Il vedere con quali inganni, con quali astuzie i principi tiranni per mantenersi quella reputazione, che non avevano meritata, si governavano, è not meno utile, che non siano le cose virtuose a conoscersi. Perchè, se queste iliberali animi a seguitarle accendono, quelle a fuggirle, e a spegnerle gli accende

ranno.

2. Il principe tiranno, di cui l'età nostra è libera, non viveva che a propria utilità.

3. Per dar effetto ai maligni suoi pensieri, dava segni di religione e di umanità.

4. Rompeva le leggi dello stato, e lo governava tirannicamente.

5. Rompeva le leggi e quelli modi e quelle consuetudini, che erano antiche, e sotto le quali gli uomini lungo tempo erano vivuti.

6. Toglieva ai magistrati ogni segno di onori ed ogni autorità, che riduceva a sè propria.

7. Le taglie, che poneva a' sudditi, erano gravi, i giudizj suoi ingiusti. 8. Quelle faccende, che nei luoghi pubblici con soddisfazione di tutti si facevano, le riduceva a far nel palazzo suo con carico e invidia sua.

9. Quella severità e umanità, che a principio fingeva, in superbia e crudeltà la convertiva; donde molti erano condannati a morte, o con nuovi modi tormentati.

40. Per non si governare meglio fuori, che dentro, ordinava per il contade rettori, i quali battevano e spogliavano i contadini.

44. Favoriva la plebe per batter meglio i grandi, i quali aveva a sospetto, benchè da loro fosse beneficato, perchè non credeva, che i generosi animi, i quali sogliono essere nella nobiltà, potessero sotto la sua servitù contentarsi. 12. Aveva per massima, che non può troppo detestarsi, che gli uomini si devono o vezzeggiare, o spegnere.

43. Con le spesse morti e continue, impoveriva, e consumava le città. 44. A ciascuno erano legate le mani, e serrata la bocca, e si puniva con crudeltà chi biasimava il suo governo.

15. Si dimostrava nel suo governo avaro e crudele; nell' audienza difficile, nel rispondere superbo.

16. Faceva e disfaceva gli uomini a posta sua.

17. Voleva la servitù, non la benevolenza degli uomini; e per questo più d'esser temuto, che amato desiderava.

48. Nel governo faceva ogni cosa nuova, non lasciava niuna cosa intatta, trasmutava gli uomini di provincia in provincia, come si trasmutano le mandrie. 19. Questi modi come sono crudelissimi e nemici d'ogni vivere non solamente cristiano, ma umano, dovevagli qualunque uomo fuggire, e volere più tosto vivere privato, che principe con tanta rovina degli uomini.

20. Tali modi facevano vivere i sudditi pieni d'indignazione, veggendo la

maestà dello stato rovinata, gli ordini guasti, le leggi annullate, ogni onesto vivere corrotto, ogni civile modestia spenta.

24. Tali modi e vie straordinarie rendevano infelice e malsicuro il principe istesso, perchè quanto più crudeltà usava, tanto diventava più debole il suo governo.

22. Per tali modi lo stato del principe tiranno era un esempio d'ogni scelleratissima vita, perchè si vedeva per ogni leggera cagione seguire occisioni e rapine grandissime; il che nasceva dalla tristizia di chi reggeva, non dalla natura trista di chi era retto. Ed essendo infiniti i bisogni del principe tiranno, era forzato volgersi a molte rapine e quelle per varj modi usare.

23. Fra l'altre disoneste vie, che il tiranno teneva, faceva leggi, e proibiva alcuna azione, dipoi era il primo, che dava cagione della inosservanza di essa, nè mai puniva gl' inosservanti, se non quando vedeva esser incorsi assai in simile pregiudizio; e allora si voltava alla punizione, non per zelo delle leggi, ma per cupidità di riscuotere la pena.

24. Donde nascevano molti inconvenienti, e soprattutto questo, che i popoli s'impoverivano, e non si correggevano.

25. E quelli che erano impoveriti, s' ingegnavano contro ai meno potenti di loro prevalersi.

26. Onde tutti i peccati dei popoli, che il tiranno aveva in governo, nascevano di necessità per esser lui macchiato di simili colpe.

CAPITOLO XVI.

Lode e sicurezza del buon principe, vituperio e pericolo del tiranno.

4. Quanto sono laudabili i fondatori d' un governo bene ordinato, tanto quelli d' una tirannide sono vituperabili.

2. Coloro che si volgevano alla tirannide non si avvedevano, che fuggivano tanta fama, tanta gloria, tanto onore, sicurtà, quiete, soddisfazione d'animo, e incorrevano in tanta infamia, vituperio, biasimo, pericolo e inquietudine. 3. E impossibile, che quelli principi, se avessero letto le Istorie, e delle Memorie delle antiche cose avessero fatto capitale, non avessero voluto vivere più tosto Agesilai, Timoleoni e Dioni, che furono buoni principi, che Nabidi, Falari e Dionisi, che furono tiranni, perchè avrebbon veduto questi esser sommamente vituperati, e quelli eccessivamente laudati.

4. Avrebbero veduto ancora come Timoleone, e gli altri non ebbero nella patria loro meno autorità, che si avessero Dionisio e Falari, ma di lunga avervi avuto più sicurtà.

5. Si consideri quante laudi meritarono più quell' imperatori, che vissero sotto le leggi, e come principi buoni, che quelli, che vissero al contrario.

6. Si vedrà come a Tito, Nerva, Traiano, Antonino e Marco non erano necessarj i soldati pretoriani, nè la moltitudine delle leggi a difenderli, perchè i costumi loro, la benevolenza del popolo, l' amore del senato gli difendeva. 7. Si vedrà come a Caligola, Nerone, Vitellio e a tanti altri scellerati imperatori non bastarono gli eserciti orientali e occidentali a salvarli contro quelli nemici, che i loro rei costumi, la loro malvagia vita aveva generati.

8. E se l'istoria di costoro fosse stata ben considerata, sarebbe stata assai ammaestramento a quelli principi, che si volgessero alla tirannide, a mostrare

loro la via della gloria, o del biasimo, e della sicurtà, o del timore, perchè di ventisei imperatori, che furono da Cesare a Massimino, sedici ne furono ammazzati, e dieci morirono ordinariamente; e se di quelli che furono morti, ve ne fu alcuno buono, come Galba e Pertinace, fu morto da quella corruzione, che l' antecessore suo aveva lasciato ne' soldati.

9. Chi considera i tempi di Roma governati da' buoni, vede un principe sicuro nel mezzo de' suoi sicuri cittadini, ripieno di pace e di giustizia i mondo; vede il senato con la sua autorità, i magistrati con i suoi onori, godersi i cittadini ricchi le loro ricchezze, la nobiltà e la virtù esaltata; vede ogni licenza, corruzione e ambizione spenta; vede i tempi aurei, dove ciascuno può tenere e difendere quella opinione che vuole; vede infine trionfare il mondo, pieno di riverenza e di gloria il principe, di amore e di sicurtà i popoli.

10. Chi considera i tempi di Roma governata da tiranni, li vede atroci per le guerre, discordi per le sedizioni, nella pace e nella guerra crudeli, tanti principi morti col ferro, tante guerre civili, tante esterne : l'Italia afflitta e piena di nuovi infortunj, rovinate e saccheggiate le città di quella. Vede Roma arsa, il Campidoglio da' suoi cittadini disfatto, desolati gli antichi templi, corrotte le cerimonie, ripiene le città di adulterj, vede il mare pieno di esilj, gli scogli pieni di sangue. Vede in Roma seguire innumerabili crudeltà, e la nobiltà, le ricchezze, gli onori, e soprattutto le virtù essere imputate a peccato capitale. Vede premiare gli accusatori, esser corrotti i servi contro il signore, i liberti contro il padrone, e quelli, a chi fossero mancati inimici, esser oppressi dagli amici.

44. Dopo ciò, chi era nato di uomo doveva sbigottirsi d'ogni imitazione de' tempi governati da' cattivi, e accendersi d'un immenso desiderio di seguire i buoni.

12. Doveva desiderare di possedere una città corrotta, non per guastarla in tutto come un Cesare, ma per riordinarla come Romolo. E veramente i Cieli non possono dare agli uomini maggiore occasione di gloria, nè gli uomini la possono maggiore desiderare. In somma dovevano considerare quelli, a chii Cieli davano tale occasione, come erano loro proposte due vie : l'una che gli faceva vivere sicuri, e dopo la morte li rendeva gloriosi; l'altra gli faceva vivere in continue angustie, e dopo la morte lasciare di sè una sempiterna infamia.

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