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ISTORIE FIORENTINE.

LIBRO PRIMO.

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SOMMARIO.

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Invasione de' Barbari sulle terre dell' Imperio. -I Franchi e i Burgundj danno il nome alla Francia e alla Borgogna; gli Unni all' Ungheria, gli Angli all' Inghilterra.-Scorrerie degli Unni e dei Vandali in Italia. Regno di Teodorico e degli Ostrogoti. Formazione delle lingue moderne. - Morte di Teodorico, per la quale Giustiniano imperatore fattosi animo, manda Belisario a cacciare i Goti dall' Italia. Totila sostiene la costoro fortuna, ma poi vinto da Narsete, successo a Belisario nel comando delle armi imperiali, muore, e con lui perisce il dominio de' Goti. - Giustino imperatore riforma il governo d'Italia e stabilisce l'Esarcato a Ravenna. Narsete chiama in Italia i Longobardi, i quali dividono il paese da loro dominato in trenta duchee. - Principio della grandezza de' Pontefici. Il papa chiede aiuto a Pipino re di Francia contro i Longobardi. - Donazione di Pipino al papa. Carlo Magno distrugge i Longobardi. L'Impero passa nell'Alemagna. Ordine e divisione degli Stati italiani. - Niccolò II commette la elezione dei papi ai cardinali. Ales sandro II scomunica Enrico II, e scioglie i di lui sudditi dal giuramento di fedeltà. - Guelfi e Ghibellini — I Normanni gettano le fondamenta del regno di Napoli. Urbano II va in Francia, e predica la prima Crociata. Ordine de' Cavalieri Gerosolimitani e dei Templarj. - Fine infelice delle Crociate. La contessa Matilde muore, lasciando il suo stato alla Chiesa. - Federigo Barbarossa. - Sue dissensioni con Alessandro III.- Dà cagione alla Lega Lombarda. Si riconcilia col papa.. Il regno di Napoli passa alla Casa di Svevia. - Fondazione degli ordini dei Domenicani e dei Francescani. - Principj della grandezza della Casa d' Este. - Morte di Federigo II, il quale lascia il regno a Corrado suo figlio. Corrado viene a Napoli per la possessione del regno, e muore. Di lui rimane Corradino fanciullo, a cui scade il regno sotto la tutela di Manfredi bastardo di Federigo. Guelfi e Ghibellini in Lombardia. Nimicizie tra Manfredi e la Chiesa, per cui il papa chiama in Italia Carlo d'Angiò e lo investe del regno di Napoli e di Sicilia. - Battaglia di Benevento, e morte di Manfredi. — Inquieta politica dei papi per signoreggiare l' Italia.-Vespri Siciliani. Ridolfo imperatore vende la indipendenza a molte città d'Italia. Istituzione del Gjubbileo fatta da Bonifazio VIII. — Clemente V trasferisce la sede pontificia in Avignone. — Arrigo di Lussemburgo cala in Italia con intendimento di riunirla e pacificarla. Assedia invano Firenze, e muore a Buonconvento a mezzo della sua intrapresa. -I Visconti danno principio alla loro signoria in Milano, e ne cacciano i Torriani. Gio. Galeazzo primo duca di Milano. Lodovico il Bavaro e Giovanni re di Boemia vengono in Italia. Lega delle città italiane contro Giovanni e il papa. Origine di Venezia, suo ingrandimento e decadenza. - Discordie tra Benedetto XII e Lodovico imperatore. Cola di Rienzi, tribuno di Roma, tenta di ridurla all'antica forma di repubblica. — Il cardinale Egidio d'Albornoz restaura in Italia la potenza de' papi. Guerra tra Genovesi e Veneziani pel possesso dell'isola di Tenedo.-Primo uso delle artiglierie in Italia.-Turbolenze in Lombardia. — Discordie tra il papa Innocenzo VII e il popolo di Roma per causa delle franchigie. - Concilio di Pisa. - Concilio di Costanza, e fine dello scisma durato fra i tre an

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tipapi Gregorio XII, Benedetto XIII e Giovanni XXIII.- Filippo Visconti ricupera il suo stato. Giovanna Il regina di Napoli e sue nefandità. Stato politico dell'Italia intorno la metà del secolo xv.

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I popoli, i quali nelle parti settentrionali di là dal fiume del Reno e del Danubio abitano, sendo nati in regione generativa e sana, in tanta moltitudine molte volte crescono, che parte di loro sono necessitati abbandonare i terreni patrj, e cercare nuovi paesi per abitare. L'ordine che tengono, quando una di quelle provincie si vuole sgravare di abitatori, è dividersi in tre parti, compartendo in modo ciascuna, che ogni parte sia di nobili e ignobili, di ricchi e poveri ugualmente ripiena. Dipoi quella parte, alla quale la sorte comanda, va a cercare sua fortuna, e le due parti sgravate del terzo di loro si rimangono a godere i beni patrj. Queste popolazioni furono quelle che distrussero l'imperio romano, alle quali ne fu data occasione dagl' imperatori; i quali avendo abbandonata Roma, sedia antica dell'imperio, e riduttisi ad abitare in Costantinopoli, avevano fatta la parte dell' imperio occidentale più debole, per essere meno osservata da loro, e più esposta alle rapine dei ministri, e dei nimici di quelli. E veramente a rovinare tanto imperio, fondato sopra il sangue di tanti uomini virtuosi, non conveniva che fosse meno ignavia ne' principi, nè meno infedelità ne' ministri, nè meno forza o minore ostinazione in quelli che lo assalirono; perchè non una popolazione, ma molte furono quelle, che nella sua rovina congiurarono. I primi che di quelle parti settentrionali vennero contro all'imperio dopo i Cimbri, i quali furono da Mario cittadino romano vinti, furono i Visigoti; il qual nome non altrimenti nella loro lingua suona, che nella nostra Goti occidentali. Questi dopo alcune zuffe ai confini dell'imperio fatte, per concessione degl' imperatori molto tempo tennero la loro sedia sopra il fiume del Danubio; ed avvengachè per varie cagioni e in varj tempi molte volte le provincie romane assalissero, sempre nondimeno furono dalla potenza degl' imperatori raffrenati. El'ultimo che gloriosamente gli vinse, fu Teodosio; talmentechè essendo ridotti alla ubbidienza sua, non rifecero sopra di loro alcuno re, ma contenti allo stipendio concesso loro, sotto il governo e le insegne di quello vivevano e militavano. Ma venuto a morte Teodosio, e rimasi Arcadio ed Onorio suoi figliuoli eredi dell' imperio, ma non della virtù e fortuna sua, si mutarono con il principe i tempi. Erano da Teodosio proposti alle tre parti dell'imperio tre governatori, Ruffino alla orientale, alla occidentale Stilicone e Gildone all'affricana; i quali tutti dopo la morte del principe pensarono non di governarle, ma come principi possederle; dei quali Gildone e Ruffino ne' primi loro principj furono oppressi. Ma Stilicone, sapendo meglio celare l'animo suo, cercò d'acquistarsi fede coi nuovi imperadori, e dall' altra parte turbare loro in modo lo stato che gli fosse più facile dipoi l'occuparlo. E per fare loro nimici i Visigoti, gli consigliò non dessero più loro la consueta provvisione oltre a questo, non gli parendo che a turbare l'imperio questi nimici bastassero, ordinò che i Burgundj, Franchi, Vandali ed Alani, popoli medesimamente settentrionali, e già mossi per cercare nuove terre, assalissero le provincie romane. Privati adunque i Visigoti delle provvisioni loro, per essere meglio ordinati a vendicarsi della ingiuria, crearono Alarico loro re, ed assalito l'imperio, dopo molti accidenti guastarono la Italia, e presero e saccheggiarono Roma. Dopo la quale vittoria mori Alarico, e successe a lui Ataulfo, il quale tolse per moglie Placidia sirocchia degl' imperadori, e per quel parentado convenne con loro di andare a soccorrere la Gallia e la Spagna, le quali provincie erano state dai Vandali, Burgundj, Alani e Fran

chi, mossi dalle sopradette cagioni, assalite. Di che ne seguì che i Vandali, i quali avevano occupata quella parte della Spagna detta Betica, sendo combattuti forte da' Visigoti, e non avendo rimedio, furono da Bonifazio, il quale per I' imperio governava l'Affrica, chiamati che venissero ad occupare quella provincia, perchè sendosi ribellata, temeva che il suo errore non fosse dall'imperadore ricognosciuto. Presero i Vandali, per le cagioni dette, volentieri quell'impresa, e sotto Genserico loro re s' insignorirono d'Affrica. Era in questo mezzo successo all'imperio Teodosio figliuolo di Arcadio, il quale pensando poco alle cose di Occidente, fece che queste popolazioni pensarono di poter possedere le cose acquistate. E così i Vandali in Affrica, gli Alani e Visigoti in Ispagna signoreggiavano, e i Franchi ed i Burgundj non solamente presero la Gallia, ma quelle parti che da loro furono occupate, furono ancora dal nome loro nominate, donde l'una parte si chiamò Francia, l' altra Borgogna. I felici successi di costoro destarono nuove popolazioni alla distruzione dell'imperio ed altri popoli detti Unni occuparono Pannonia, provincia posta in sulla ripa di qua dal Danubio, la quale oggi avendo preso il nome da questi Unni, si chiama Ungheria. A questi disordini si aggiunse, che vedendosi l'imperadore assalire da tante parti, per aver meno nemici, cominciò ora con i Vandali, ora con i Franchi a fare accordi; le quali cose accrescevano la potenza e l'autorità dei barbari, e quella dell' imperio diminuivano. Nè fu l'isola di Brettagna, la quale si chiama oggi Inghilterra, sicura da tanta rovina; perchè temendo i Brettoni di quei popoli che avevano occupata la Francia, e non vedendo come l'imperadore potesse difenderli, chiamarono in loro aiuto gli Angli, popoli di Germania. Presero gli Angli sotto Votigerio loro re l'impresa, e prima gli difesero, dipoi gli cacciarono dall'isola, e vi rimasono loro ad abitare, e dal nome loro la chiamarono Anglia. Ma gli abitatori di quella, sendo spogliati della patria loro, diventarono per la necessità feroci, e pensarono, ancora che non avessero potuto difendere il paese loro, di potere occupare quello d'altri. Passarono pertanto colle famiglie loro il mare, ed occuparono quei luoghi che più propinqui alla marina trovarono, e dal nome loro chiamarono quel paese Brettagna. Gli Unni, i quali disopra dicemmo avere occupata Pannonia, accozzatisi con altri popoli detti Zepidi, Eruli, Turingi ed Ostrogoti (chè così si chiamano in quella lingua i Goti orientali), si mossero per cercare nuovi paesi; e non potendo entrare in Francia, che era dalle forze barbare difesa, ne vennero in Italia sotto Attila loro re, il quale poco davanti per essere solo nel regno aveva morto Beda suo fratello; per la qual cosa diventato potentissimo, Andarico re de' Zepidi, e Velamir re degli Ostrogoti rimasono come suoi soggetti. Venuto adunque Attila in Italia assediò Aquileia, dove stette senz'altro ostacolo due anni, e nella ossidione di essa guastò tutto il paese all' intorno, e disperse tutti gli abitatori di quello; il che, come nel suo luogo diremo, dette principio alla città di Vinegia. Dopo la presa e rovina di Aquileia, e di molte altre città, si volse verso Roma, dalla rovina della quale si astenne per i preghi del pontefice, la cui riverenza potette tanto in Attila, che si uscì d'Italia, e ritirossi in Austria, dove si mori. Dopo la morte del quale, Velamir re degli Ostrogoti, e gli altri capi delle altre nazioni presero le armi contro a Errico ed Uric suoi figliuoli, e l'uno ammazzarono, e l'altro costrinsero con gli Unni a ripassare il Danubio e ritornarsi nella patria loro; e gli Ostrogoti ed i Zepidi si posero in Pannonia, e gli Eruli e i Turingi sopra la ripa di là dal Danubio si rimasero. Partito Attila d'Italia, Valentiniano imperadore occidentale pensò d'istaurare quella, e per essere più comodo a difenderla dai Barbari, abbandonò Roma, e pose la sua sedia in Ravenna. Queste avversità che aveva avute l'imperio

occidentale, erano state cagione che l' imperadore, il quale in Costantinopoli abitava, aveva concesso molte volte la possessione di quello ad altri, come cosa piena di pericoli e di spesa, e molte volte ancora senza sua permissione i Romani, vedendosi abbandonati, per difendersi, creavano per loro medesimi uno imperadore, o alcuno per sua autorità si usurpava l'imperio, come avvenne in questi tempi che fu occupato da Massimo Romano dopo la morte di Valentiniano, e costrinse Eudossa, stata moglie di quello a prenderlo per marito; la quale desiderosa di vendicare tale ingiuria, non potendo nata di sangue imperiale sopportare le nozze d'uno privato cittadino, confortò segretamente Genserico re de' Vandali e signore di Affrica a venire in Italia, mostrandogli la facilità e la utilità dell' acquisto. Il quale allettato dalla preda subito venne, e trovata abbandonata Roma, saccheggiò quella, dove stette quattordici giorni; prese ancora, e saccheggiò più terre in Italia, e ripieno sè e l'esercito suo di preda, se ne tornò in Affrica. I Romani ritornati in Roma, sendo morto Massimo, crearono imperadore Avito Romano. Dipoi dopo molte cose seguite in Italia e fuori, e dopo la morte di più imperadori, pervenne l'imperio di Costantinopoli a Zenone, e quello di Roma ad Oreste ed Augustulo suo figliuolo, i quali per inganno occuparono l'imperio. E mentre che disegnavano tenerlo per forza, gli Eruli e li Turingi, i quali io dissi essersi posti dopo la morte di Attila sopra la ripa di là dal Danubio, fatta lega insieme sotto Odoacre loro capitano, vennero in Italia; e nei luoghi lasciati vacui da quelli vi entrarono i Longobardi, popoli medesimamente settentrionali condotti da Godogo loro re, i quali furono, come nel suo luogo diremo, l'ultima peste d'Italia. Venuto adunque Odoacre in Italia, vinse ed ammazzò Oreste propinquo a Pavia, ed Augustulo si fuggì. Dopo la qual vittoria, perchè Roma variasse con la potenza il titolo, si fece Odoacre, lasciando il nome dell' imperio, chiamare re di Roma, e fu il primo che de' capi de' popoli che scorrevano allora il mondo, si posasse ad abitare in Italia; perchè gli altri, o per timore di non la poter tenere, per essere potuta dall' imperadore orientale facilmente soccorrere, o per altra occulta cagione, l'avevano spogliata, e dipoi cerco altri paesi per fermare la sedia loro.

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Era pertanto in questi tempi l'imperio antico romano ridotto sotto questi principi Zenone regnando in Costantinopoli comandava a tutto l'imperio orientale; gli Ostrogoti Mesia e Pannonia signoreggiavano; i Visigoti, Svevi ed Alani la Guascogna tenevano e la Spagna; i Vandali l' Affrica; i Franchi e Burgundj la Francia; gli Eruli e Turingi l'Italia. Era il regno degli Ostrogoti pervenuto a Teodorico nipote di Velamir, il quale tenendo amicizia con Zenone imperadore orientale gli scrisse, come ai suoi Ostrogoti pareva cosa ingiusta, sendo superiori di virtù a tutti gli altri popoli, essere inferiori d' imperio, e come gli era impossibile poterli tenere ristretti dentro a' termini di Pannonia; talchè veggendo come gli era necessario lasciare loro pigliar l'armi, e ire a cercar nuove terre, voleva prima farlo intendere a lui, acciocchè potesse provvedervi, concedendo loro qualche paese, dove con sua buona grazia potessero più onestamente e con maggiore loro comodità vivere. Onde che Zenone, parte per paura, parte per il desiderio aveva di cacciare d'Italia Odoacre, concesse a Teodorico il venire contro a quello, e pigliare la possessione d'Italia. Il quale subito partì di Pannonia dove lasciò i Zepidi, popoli suoi amici; e venuto in Italia ammazzò Odoacre e il figliuolo, e con l'esemplo di quello prese il titolo di re d'Italia, e pose la sua sedia in Ravenna, mosso da quelle cagioni che fecero già a Valentiniano imperadore abitarvi. Fu Teodorico uomo nella guerra e nella pace eccellentissimo, donde nell' una fu sempre vincitore, e nell'altra beneficò grandemente le città ed i popoli suoi. Divise costui

gli Ostrogoti per le terre con i capi loro, acciocchè nella guerra gli comandassero, e nella pace gli correggessero accrebbe Ravenna, instaurò Roma, ed, eccettochè la disciplina militare, rendè a' Romani ogni altro onore : contenne dentro ai termini loro, e senza alcun tumulto di guerra, ma solo con la sua autorità, tutti i re barbari occupatori dell' imperio: edificò terre e fortezze intra la punta del mare Adriatico e le Alpi, per impedire più facilmente il passo ai nuovi barbari che volessero assalire l'Italia. E se tante virtù non fossero state bruttate nell'ultimo della sua vita da alcune crudeltà causate da varj sospetti del regno suo, come la morte di Simmaco e di Boezio, uomini santissimi, dimostra, sarebbe al tutto la sua memoria degna da ogni parte di qualunque onore; perchè mediante la virtù e la bontà sua, non solamente Roma ed Italia, ma tutte le altre parti dell' occidentale imperio, libere dalle continue battiture che per tanti anni da tante inondazioni di barbari avevano sopportate, si sollevarono, e in buon ordine ed assai felice stato si ridussero. E veramente se alcuni tempi furono mai miserabili in Italia ed in queste provincie corse da' barbari, furono quelli che da Arcadio ed Onorio infino a lui erano corsi. Perchè se si considererà di quanto danno sia cagione ad una repubblica o ad un regno variare principe o governo, non per alcuna estrinseca forza, ma solamente per civile discordia, dove si vede come le poche variazioni ogni repubblica ed ogni regno, ancora che potentissimo, rovinano, si potrà dipoi facilmente immaginare quanto in quei tempi patisse l'Italia e le altre provincie romane, le quali non solamente variarono il governo ed il principe, ma le leggi, i costumi, il modo del vivere, la religione, la lingua, l'abito ed i nomi: le quali cose ciascuna per sè, non che tutte insieme, fariano, pensandole, non che vedendole e sopportandole, ogni fermo e costante animo spaventare. Da questo nacque la rovina, il nascimento e l'augumento di molte città. Intra quelle che rovinarono fu Aquileia, Luni, Chiusi, Popolonia, Fiesole e molte altre; intra quelle che di nuovo si edificarono, furono Vinegia, Siena, Ferrara, l'Aquila ed altre assai terre e castella, che per brevità si omettono : quelle che di piccole divennero grandi, furono Firenze, Genova, Pisa, Milano, Napoli e Bologna; alle quali tutte si aggiugne la rovina e il rifacimento di Roma, e molte che variamente furono disfatte e rifatte. Intra queste rovine e questi nuovi popoli sursono nuove lingue, come apparisce nel parlare che in Francia, in Ispagna e in Italia si costuma; il quale mescolato con la lingua patria di quei nuovi popoli e con l'antica romana fanno un nuovo ordine di parlare. Hanno, oltre di questo, variato il nome non solamente le provincie, ma i laghi, i fiumi, i mari e gli uomini ; perchè la Francia, l' Italia e la Spagna sono ripiene di nuovi nomi, ed al tutto dagli antichi alieni, come si vede, lasciandone indietro molti altri, che il Po, Garda, l'Arcipelago sono per nomi disformi agli antichi nominati; gli uomini ancora di Cesari e Pompei, Pieri, Giovanni e Mattei diventarono. Ma intra tante variazioni non fu di minor momento il variare della religione, perchè combattendo la consuetudine dell' antica fede coi miracoli della nuova, si generarono tumulti e discordie gravissime intra gli uomini. E se pure la cristiana religione fusse stata unita, ne sarebbero seguiti minori disordini; ma combattendo la Chiesa greca, la romana e la ravennate insieme, e di più le sette eretiche con le cattoliche, in molti modi contristavano il mondo. Di che ne è testimone l' Affrica, la quale sopportò molti più affanni mediante la setta ariana, creduta dai Vandali, che per alcuna loro avarizia o naturale crudeltà. Vivendo adunque gli uomini intra tante persecuzioni, portavano descritto negli occhi lo spavento dell' animo loro, perchè, oltre agl'infiniti mali ch' e' sopportavano, mancava a buona parte di loro di poter

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