Immagini della pagina
PDF
ePub

OPERE

DI

NICCOLÒ MACHIAVELLI

SCELTE

DA GIUSEPPE ZIRARDINI

ISTORIE FIORENTINE.-IL PRINCIPE

I DISCORSI SOPRA LA PRIMA DECA DI TITO LIVIO

VITA DI CASTRUCCIO.

[ocr errors]

RITRATTI DELLE COSE DI FRANCIA E DI ALAMAGNA

PESTE DI FIRENZE.- BELFAGOR, NOVELLA.

[merged small][ocr errors][merged small]

DIALOGO SULLA LINGUA

LETTERE FAMILIARI

[merged small][graphic][merged small]

BAUDRY, LIBRERIA EUROPEA

3, QUAI MALAQUAIS, AU PREMIER ÉTAGE

PRÈS LE PONT DES ARTS

1851

AI DISCRETI LETTORI.

Forza è che assai prepotente sia in alcuni l'amore del vero e della felicità de' popoli, da farsi maggiori agli altri per sapienza e virtù, e così aver per nulla non solo le veglie e la povertà, le prigioni e gli esigli, ma quel ch'è più duro, le ingiuste sentenze de' propri concittadini. Crediamo non ci basterebbe il tempo se volessimo raccontare esempi, ma certo varrà per tutti quello del Segretario fiorentino, al quale non solo toccarono in vita le sopraddette angosce, ma un maggior vituperio ancora dopo morte. Chi non sa come lo scrutatore de' popoli e de' re suoni per tutto ipocrita e persuasore alle più dispotiche voglie? Però farem di dire in poco la vita, gli scritti e le intenzioni che da essi son chiare, per concludere con chi ha fiore di senno, non essere stato il gran politico italiano, maestro, ma flagello di coloro i quali, grazie alla civiltà de' moderni, si son già rifuggiti in quelle tenebre ond' erano usciti a nostro danno e vergogna.

Firenze è superba d' essere madre a Niccolò Machiavelli, nato il 3 maggio del MCCCCLXIX. La fama che spesso fa sapere i particolari della infanzia di alcuni oscuri, tace de' primi anni del filosofo. Altro della sua giovanezza non si sa, se non che fu discepolo a Marcello Virgilio dal quale imparò la lingua latina di che il Giovio chiamavalo ignorante, con audacia non inferiore a quella del Roscoe, che negava a Machiavelli le doti dell' uomo di genio. A ventinove anni fu eletto cancelliere della Signoria, e poco appresso segretario dei dieci magistrati di libertà e di pace. Per questo fecesi degno, secondo è fama, di sostenere ⚫ventitre ambascerie, non solo negli Stati italiani, ma alla corte di Luigi XII di Francia, nel MD, e sette anni appresso a quella di Massimiliano, imperatore germanico. S' adoperò in esse legazioni virtuosamente e coraggiosamente in pro di Firenze: « Sempre che io ho potuto onorare la patria mia, diceva egli, l'ho fatto volentieri, perchè l'uomo non ha maggior obbligo nella vita sua che con quella, dipendendo prima da essa l' essere, e dipoi tutto quello che la fortuna e la

natura ci hanno concesso. »>

La vita e le opere di Machiavelli fanno fede che queste parole uści

[ocr errors][merged small]

vangli dal profondo dell' anima. I tempi correvano tristissimi; il furore delle fazioni cresceva a dismisura; la difesa delle città era in mani vendute, e da esse veniva assai più di danno che di sicurtà alla repubblica. Però quando il papa e l' imperatore s' adoperavano segretamente a ristabilire la fortuna de' Medici, il cittadino percorreva le province fiorentine, e con parole e provvedimenti, tentava opporre argini al torrente. Ma Firenze divisa apre le porte ai Medici, Machiavelli è bandito per un anno, privato d' ogni pubblico ufficio, accusato di congiura contro il cardinal de' Medici, fatto prigione e messo a tortura; solo liberato quando questi volle con amnistia solennizzare i principj del suo pontificato. Rifuggitosi allora a San Casciano, potè darsi tutto alle opere: i Discorsi sulle Deche di Tito Livio, il Principe, l'Arte della Guerra, la Storia di Firenze e le Commedie.

Gli studj furono l' unico conforto di Machiavelli: « Venuta la sera (diceva egli in una lettera al Vettori) mi ritorno a casa ed entro nel mio scrittoio.... e rivestito condecentemente, entro nelle antiche corti degli antichi uomini, dove da loro ricevuto amorevolmente, mi pasco di quel cibo che solum è mio e che io nacqui per lui; dove io non mi vergogno parlare con loro e domandare della ragione delle loro azioni: e quelli per loro umanità mi rispondono, e non sento per quattro ore di tempo alcuna noia, sdimentico ogni affanno, non temo la povertà, non mi sbigottisce la morte; tutto mi trasferisco in loro. »

Ed eragli grand' uopo degli studj, poichè gli fallirono ancora le gioie familiari; chè Marietta Corsini, femmina bizzarra, fecegli pagare assai cara la consolazione di cinque figliuoli. E d' essa non si vendicò che con una novella piacevolissima, nella quale parve intendesse ritrarre il mal talento della moglie, quando immaginava che Belfagor, arcidiavolo mandato da Plutone in questo mondo con obbligo di prender moglie, non potendo soffrirne la superbia, amasse meglio ritornarsi in inferno, che ricongiungersi a lei. L'umor femminile e le punture della povertà comportava pazientemente Machiavelli, ma saputosi in odio al popolo che aveva l'autore del Principe siccome potente consigliatore alla novella tirannide, e travagliato, secondo il Busini, dall' angoscia di vedere il Giannotti scelto a quell' ufficio di segretario a cui veniva tolto egli, morì il 22 giugno del MDXXVII, quando toccava il cinquantottesimo anno.

Le opere di Machiavelli sono a chi bene consideri i tempi e il paese in che furono scritte, atti di patria e coraggiosa virtù. Sappiamo che chi non le ha lette o solamente alla sfuggita, ubbidirà alla comune usanza e ci dirà falsi in questo giudizio che portiamo sul Fiorentino. Ma facile cosa si è il metterle a scrutinio e a questo ci poniamo con isperanza di difendere pienamente uno de' maggiori Italiani.

E primieramente è da sapere, che appena Firenze ricovrò la libertà, avvisando egli essere difetto di virtù e di scienza civile in chi avea a governare la repubblica, compose ne' Discorsi sulle Deche di Tito Livio, un codice dell' arte di governare, ad ammaestramento de' Fiorentini da lui creduti i più caldi amatori della patria. In questo profondo commentario delle antiche repubbliche messe a comparazione colle moderne, e dove Machiavelli si fa uguale a Tacito per la profondità del giudizio; mostra che il principato può divenir tirannide, gli ottimati lo stato di pochi, e il governo popolare volgersi in licenzioso, e come un governo misto, e che partecipi dei tre, come Romolo il fece a Roma e Licurgo a Sparta, sia assai più savio e sicuro, del popolare ordinato da Solone che vide nata da esso la tirannide di Pisistrato. E saprassi la bontà del giudicio di Machiavelli se si legga quello ch' ei profettizzava della Francia, quando nel libro III, capitolo 1, dei Discorsi, ragionando della necessità di ridurre le leggi de' regni verso i loro principj, diceva queste sapienti parole: « E' si vede quanto buon effetto fa questa parte nel regno di Francia, il qual regno vive sotto le leggi e sotto gli ordini più che alcun altro regno. Delle quali leggi e ordini ne sono mantenitori i parlamenti, e massime quel di Parigi; le quali sono da lui rinnovate qualunque volta e' fa un' esecuzione contro ad un principe di quel regno, e ch' ei condanna il re nelle sue sentenze. E sino a qui si è mantenuto per essere stato un ostinato esecutore contro a quella nobiltà: ma qualunque volta e' ne lasciasse alcuna impunita, e che le venissino a moltiplicare, senza dubbio ne nascerebbe, o che si arebbero a correggere con disordine grande, o che quel regno si risolverebbe. »

Insegnate le arti del governo vedendo Machiavelli a che si fosse venuto per la bassezza e le rapine de' condottieri, scrisse i sette libri della Guerra, perchè l' Italia si spogliasse delle armi non sue e si vestisse di quelle che la fecero così grande nelle passate età. Primo però insegnò e volle che i cittadini, all' esempio di Roma e Sparta, per difendere la patria da' tradimenti, ne fossero custodi e soldati. Perchè poi le virtù degli avi riuscissero sprone a' nepoti, dettò le Storie fiorentine dove a salutare memoria de' suoi, dipinse le sventure nelle quali cadde Firenze per la superbia e cupidità de' grandi per la corruzione e le vendette della plebe. Quando poi la famiglia de' Medici s' insignori della repubblica, volendo Machiavelli mostrare a che giogo si sobbarcassero i Fiorentini per sostenere la potenza dei Medici, immaginò il famoso libro del Principe. In questo dichiara come non intenda parlare nè de' principi monarchici, nè de' principi eletti, ma de' principi nuovi ed usurpatori, e mostra come a costoro sia forza, per durare, di usar tutte le frodi e le crudeltà de' tiranni. « L'in

« IndietroContinua »