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IMPERO DI RUSSIA 1. Pena d'esilio inflitta al reato di non gustare l'inno nazionale russo 2. Circolari del Governatore di Vilna che vietano l'uso della lingua polacca, e definiscono a chi sia permesso portare armi 3. Spogliamento delle chiese cattoliche; distribuzione di ricompense ai satelliti russi - 4. Esilio e reclusione in castigo d'un battesimo cattolico 5. Nuova amnistia ai condannati pei moti del 1863 in Polonia 6. Circolare del Gortchakoff per invitare le Potenze ad astenersi dall' usare palle esplosive per le armi della fanteria.

1. L'atto del Governo russo, da noi trascritto nel precedente quaderno, a pag. 756-59, ond' è abolito l'antico reame di Polonia, cui togliesi perfino il proprio nome, cangiato in questo di: paesi della Vistola, può dare un'idea della sorte che toccherebbe alle popolazioni cattoliche ora soggette al dominio turco, qualora venisse fatto alla Russia, coll'aiuto della Prussia, di giungere a Costantinopoli. Quel che ora prendiamo ad esporre, circa il modo con cui la civiltà russa s'ingegna di rendere sempre più soave ai sudditi dello Czar il giogo della sua autorità, basterà, crediamo, a far sì che ogni cuore onesto raddoppii i suoi voti a Dio, perchè preservi l'Europa da un trionfo dello Czar contro la Turchia. Mille volte meglio la tolleranza del Sultano presente, che la benignità e religiosità dello Czar!

Ecco un fatto curioso, che mette in piena luce il conto, nel quale dai Luogotenenti dello Czar si tiene la libertà dei felicissimi sudditi, eziandio nei più indifferenti atti della vita civile. Noi ne compendiamo la narrazione fatta distesamente dal Monde del 28 Maggio. La sera del 18 Maggio il teatro di Varsavia era affollato di spettatori, per un nuovo dramma francese. Al momento in cui fu levato il sipario, invece degli attori, comparve sulla scena un Generale russo in divisa di gran gala, con uno scartafaccio in mano. Tutti sbalorditi aspettavano, non senza trepidazione, quel che dee accadere. Il Generale spiegò lo scartafaccio, e in lingua russa lesse l'annunzio faustissimo della nascita d'un nuovo granduca Nicola Alessandrowitch. Finita la lettura del dispaccio, il generale Berg dall'alto dal suo palco girò attorno una occhiata olimpica, la quale comandava una esplosione di entusiasmo. Gli ufficiali e militari russi presenti proruppero in alte acclamazioni, e chiesero si cantasse, ed accompagnasse dall' orchestra, l'inno nazionale Dio protegge lo Czar. Si cominciò l'inno, ed una seconda occhiata olimpica del Berg comandò a tutti di sorgere e stare in piedi. Tutti, anche i Polacchi ond' erano stipati i palchi, si alzarono e stettero in piedi. Ma l'entusiasmo russo non si contenta di poco. Il canto dell' inno si ripetè una seconda, poi subito dopo una terza, poi senza interrompere una quarta volta, sicchè la stanchezza vinse molte dame polacche, le quali credettero di potersi sedere. A tal vista il Berg montò in furore e li di presente spicco un ordine all'ispettore di Polizia che, dovesse immediatamente cacciare dal teatro quelle dame ed i loro mariti e cavalieri. L'ordine fu eseguito con quella delicatezza ed urbanità che è propria di cotesti angeli del knout.

La mattina vegnente il Berg, che non avea ancora smaltita la bile di quel supposto oltraggio allo Czar, fece chiamare a sè i mariti di quelle dame, e loro scaricò in capo un rovescio di improperii e di minacce. Uno di questi, per mitigare lo zelo di quell'inferocito, osò rappresentargli modestamente che se egli s'era assiso, tutti sapeano averlo fatto per

pura necessità, come gravemente infermo di gambe si che a pena può reggersi in piedi per pochi istanti; ed aggiunse di non aver potuto attendere all'inno, perchè non capiva sillaba di russo. Il Berg, non che ammettesse la scusa, urlò fieramente: Or dunque partite di presente, andate nella tale vostra terra, che è nel cuore della Russia, e sappiate che dovete restarvi a stretto confino, finchè non abbiate imparato a perfezione la lingua russa! Pare una favola, ed è verità di fatto!

2. Il Governo dello Czar si reputa offeso anche solo del non sentir parlare in lingua russa. Eccone la prova in due circolari del Governatore di Vilna, generale Potapoff. Nella prima di esse, intesa ad ampliare ordinamenti dati dal suo predecessore conte Baranoff circa l'uso della lingua polacca, il degno emolo di Mourawieff bandisce la sua volontà. nei termini seguenti: « L'uso della lingua polacca è proibito negli ufficii dell'amministrazione e dei tribunali, in casa di tutti e singoli i pubblici ufficiali, nelle chiese, raunate pubbliche come clubs, veglie ecc., nelle strade, nelle piazze e sui passeggi pubblici, ed in qualsiasi luogo dove l'uso della lingua polacca possa aver forza di dimostrazione politica piuttosto che di conversazione. Ciò sotto pena di multa. Negli altri casi (ne resta forse qualcuno?) sarà lecito parlare in lingua polacca senza incorrere le multe intimate! >>

Una seconda circolare dello stesso zelantissimo Potapoff proibisce rigorosamente e specialmente l'uso di certi libr di preghiere cattoliche stampate in lingua polacca. È egli possibile spingere più in là lo studio di tormentare un popolo oppresso?

Il Potapoff trovò ancora un altro mezzo di far sentire ai Polacchi il vae victis. Una terza sua circolare definisce a chi e come possa darsi la permissione di portare armi. Sono ammessi a tal favore 1. Quelli che professano il culto ortodosso ossia gli scismatici; 2.° I protestanti, ma d'origine russi; 3.'I contadini che diedero prova di devozione al Governo, ed i soldati giubilati; 4. I proprietarii polacchi che possono provare di non aver in modo veruno partecipato all'ultimo sollevamento, che non soggiacquero mai ad alcuna inquisizione in causa politica, che non sono sotto la vigilanza della Polizia, e che inoltre possono presentare un certificato di condotta irrepprensibile rilasciato loro dal capo della Polizia locale. Con queste restrizioni, quanti saranno i Polacchi che possano tenere in casa un fucile per guardarsi dai lupi o dai ladri?

3. Non è da stupire se, a cui si nega il diritto di parlar la lingua imparata sulle ginocchia della propria madre, si tolga perfino la facoltà di pregare Iddio e professare pubblicamente la propria religione. Ecco pertanto quello che dalla Lituania fu scritto alla Corrispondenza del Nordest riferito dal Monde del 9 Giugno « Un ordine superiore del 23 Maggio ha risoluto che la Chiesa cattolica di Citowiany, fondata nel secolo decimosesto dal celebre contestabile Chodkiewicz, sarebbe cangiata in Chiesa ortodossa, ossia ad uso degli scismatici. Notisi bene che in quella borgata e nei luoghi circostanti non v'è neppure un solo abitante che sia russo-scismatico di religione. Malgrado di ciò quella parrocchia deve essere abolita ed i suoi parrocchiani devono essere spartiti fra le vicine parrocchie di Szydlow e di Lidomiany. I parrocchiani di Citowiany, avuta questa notizia, si raccolsero tutti in chiesa, e quando si presentò il deputato a spossessarneli, il popolo l'impedì dall'accostarsi all'altare temendo la profanazione del SS. Sacramento. Quegli chiese

se ciò fosse un ribellarsi all'autorità - No, gli fu risposto, solo chiediamo ci si lasci la nostra chiesa, dove pregarono i nostri padri, e dove preghiamo noi ed i nostri figliuoli; se occorre una chiesa per gli ortodossi, la fabbricheremo loro a nostre spese, ma ci si lasci la nostra! La istanza parve tanto discreta, che l'ufficiale ne mandò avviso al Potapoff, chiedendogli che cosa fosse da fare. La risposta non tardò a giungere da Wilna, per un dispaccio telegrafico al capo della Polizia di Rossienie, affinchè senza indugio dovesse, a qualunque costó, chiudere la Chiesa di Citowiany, apporvi i suggelli, poi riaprirla consacrandola al culto grecorusso ortodosso. Allo stesso tempo il Corriere di Wilna, diario ufficiale, pubblicò l'ordine già dato di chiudere altre 60 Chiese cattoliche parrocchiali ed un numero assai maggiore di cappelle.

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Or chi vuol sapere per qual modo si procede alla chiusura di tali chiese condannate a divenire preda degli scismatici, lo può imparare dalla stessa Gazzetta di Mosca, testimonio non sospetto di troppa tenerezza pei cattolici; la quale lamentò altamente che in tali circostanze si commettessero profanazioni ed eccessi da rendere abbominevole e vituperoso il nome russo. Il Nuovo tempo (Novoë Viemia), recitato codesto articolo dal diario di Mosca, così continua: « Si potrebbero citare molti fatti di chiusure di chiese cattoliche, che produssero pessima impressione sul popolo. Spessissimo, senza vantaggio di veruno, la mancanza di giudizio e soventi ancora un cinismo grossolano irritarono i sentimenti religiosi di tutti. A Smorgonie, chiusa la chiesa, le autorità locali ebbero l'ordine di levarne i mobili e gli arredi. Gli abitanti, stupefatti e inorriditi, furono condannati a vedere, in pieno giorno, ammucchiati alla rinfusa su certi carrettacci gli oggetti sacri del loro culto, mescolati insieme i tabernacoli, i confessionali, gli stendardi, i quadri, le croci; e sopra il mucchio sdraiati gli sbirri che avcano compiuta l'operazione. Perfino i Giudei ne furono indegnati!»

Ma sono pur degni di qualche scusa codesti brutali carnefici della persecuzione scismatica contro i cattolici. Imperocchè la ricompensa che loro tocca è proporzionata alla violenza che usano nell'esercitare il loro mestiere. E la ricompensa si trae dai beni confiscati ai Polacchi cattolici. Infatti la Posta del Nord, organo del Ministero degli affari interni a Pietroburgo, lo dimostrò senza volerlo, pubblicando il risultato della vendita. dei beni provenuti al demanio delle confische nelle province polacche, e che, secondo una istruzione approvata dall'Imperatore, devono essere venduti esclusivamente a' Russi. Pei primi quattro mesi del 1868 furono posti in vendita 175 lotti, stimati del valore di 825,602 rupie, ossia di circa tre milioni e mezzo di franchi. Or bene soli 8 lotti furono venduti a compratori russi, risoluti di fermare ivi loro stanza; gli altri 167 furono distribuiti, a titolo di ricompensa, ad ufficiali del Governo che gli aveano reso servigio in quelle province. E si capisce quali erano codesti servigi contro i Polacchi!

4. Ma ecco ancora un fatto recentissimo, scritto da Varsavia il 9 Giugno alla Gazzetta di Breslau, e che ritrae dal vivo la giustizia moscovita: «Il compilatore del Courrier du dimanche, signor Kleczewski sposò l'anno passato una damigella registrata come cattolica nei libri parrocchiali. L'autorità russa venne a sapere pur testè, che i genitori della signorina, che intanto avea dato alla luce un bambino, professavano la religione ortodossa (ossia scismatica); e che perciò, secondo la legge

russa la loro figliuola dovea riguardarsi anch' essa come scismatica. Tanto bastò perchè fosse dichiarato invalido e nullo il suo matrimonio, perchè contratto in una Chiesa cattolica; il marito fu condannato alla deportazione in Siberia per aver commesso tal misfatto; e la sposa fu condannata a cinque anni di reclusione e penitenza in un convento russo scismatico; il bambino, s'intende, condannato anch'egli ad essere chiuso in un ospizio russo, sotto altro nome, come bastardo. Per buona ventura il sig. Kleczewski potè riparare a tempo in paese straniero, salvando seco la sua sposa ed il suo bambino. » Oh che delizia prepara la civiltà russa ai popoli beatificati dallo knout dello Czar Alessandro II!

5. Ma via! Diciamo anche il bene, poichè abbiamo posto in nota il male. Lo Czar ha, sotto la data del 6 di questo mese di Giugno, dato novella prova della incomparabile sua clemenza, col decretare una nuova amnistia a favore dei condannati alle miniere od alla deportazione in Siberia pel sollevamento di Polonia nel 1863. Questa è la terza amnistia bandita per lo stesso motivo. Le prime due erano state promulgate, l'una nella circostanza del matrimonio dal Gran Duca ereditario, e l'altra quando lo Czar si mosse da Pietroburgo nel Maggio 1867 per condursi a visitare l'esposizione universale a Parigi. A prima giunta non si capisce l'efficacia di codeste amnistie, quando si riflette che le due prime lasciarono ancora condannati in tanto numero, da potervi fare la cerna di nuovi graziati! Ma ci vuol poco a spiegarne il perchè. Ciò • che si annunzia come amnistia, ossia condonazione di pena, si riduce a nulla più che ad una commutazione, suggetta per giunta alla discrezione del M nistro degli affari interni, del comandante dei Gendarmi e delle autorità locali; sì che, dove non si abbia il beneplacito d'uno solo de' tanti ufficiali per cui la grazia deve essere passata a trafila, la commutazione non si ottiene! Or chi ci sa dire quanti siano stati i felici condannati, cui toccò in sorte di ottenere tal beneplacito, e con esso la commutazione di pena?

Così, per la prima delle allegate amnistie, essa riducevasi, pei deportati in Siberia, alla facoltà di ravvicinarsi di 300 verste, ossia circa 75 miglia, al proprio paese, distante forse di 2500 miglia. Per la presente amnistia i condannati alla Siberia orientale ottengono, se pure il Ministro, i Gendarmi, la Polizia lo permettono, la grazia insigne di cambiare confino e trasferirsi nella Siberia occidentale; ed i condannati alle miniere nella Siberia occidentale ricevono per insigne favore la grazia di essere trasferiti come coloni nella Siberia orientale; e, per colmo di clemenza, quelli che in qualità di semplici deportati, non condannati, ma a discrezione dell'autorità, stavano a confino nella Siberia occidentale, hanno facoltà di trasferire (sempre col beneplacito delle mentovate autorità, le quali diano buone informazioni) il loro domicilio in alcuna delle più remote province della Russia europea, da essere loro assegnata dal Ministro degli affari interni.

La Correspondance du Nord-est mette qui in rilievo due importanti riflessioni. L'oukase dell'amnistia del 6 Giugno contiene due disposizioni curiose. Per l'articolo 4. estendesi l'amnistia a tutti gli stranieri esiliati in Siberia. Ma come mai può esservi ancora colà qualche straniero? Da più d'un anno tutti i Francesi ed Italiani, che erano incorsi in tal sciagura, furono rimandati alle case loro; e, per le iterate istanze del Governo

austriaco, circa 2,000 Polacchi originarii della Gallizia erano stati restituiti alla loro patria. Pertanto è chiaro che appena qualche infelice dee restare colà; ed il Governo ne coglie pretesto per esagerare l'ampiezza del suo beneficio. È polvere pei gonzi. Inoltre l'articolo 5. rivela una categoria di condannati che sembra impossibile, perchè stende l'amnistia a quelli che non aveano raggiunto ancora il ventesimo anno di età, quando furono condannati. Ora le condanne ebbero luogo nel 1863; e l'articolo 5. mette in chiaro che fra questi adolescenti v'ebbe dei condannati alle miniere, poichè esclude dall'amnistia coloro che, sebbene non avessero nel 1863 l'età di vent' anni, furono condannati ai lavori forzati nelle miniere! Che differenza dal modo con cui la Santa Sede trattò i scelleratissimi assassini, presi colle armi alla mano nell'ultima invasione del passato Ottobre!

6. Ma tal amnistia non bastava a disfogare l'eccesso della clemenza russa; la quale, fatti lunghi studii, scopri finalmente un nuovo modo di far palese al mondo, quanto siano fervidi a Pietroburgo i sensi di amore per la misera umanità, ed efficaci i propositi di attenuarne i mali inevitabili. Ed ecco una circolare del Principe Gortchakoff a tutti i rappresentanti russi presso le Corti straniere, affine d'incaricarli che propongano a quelle l'impegno mutuo di astenersi dall' adoperare, per le armi di fanteria, proietti cavi e carichi di polvere fulminante, onde scoppiano in corpo alla vittima che n'è colpita.

A chiara intelligenza della cosa premettiamo, che sotto la data del 20 di Maggio fu pubblicato nel Moniteur de l'armée francese, e ristampato da quasi tutti i giornali, come dal Débats del 28, un rapporto del ministro della Guerra, maresciallo Niel all' Imperatore, circa il famoso fucile del Chassepot. I punti principali, posti in sodo da codesto documento, circa i vantaggi di tal fucile, sono i seguenti. La portata di regola dell'arme, che è di 1,000 metri, può raggiungere facilmente i 1,100 metri. La sua semplicità permette ai soldati di adoperare la carica in tutte le posizioni: in ginocchio, seduti, coricati, come in piedi, e di tirare sino a dieci colpi al minuto prendendo la mira, e quattordici colpi senza prendere la mira. Colle armi precedenti non si potevano tirare che due colpi al più ogni minuto, e la carica non era possibile che in piedi, il che costringeva i soldati a scoprirsi in tutte le circostanze. Quanto all'aggiustatezza del tiro, i vantaggi del nuovo fucile sono considerevoli. Coll'antico fucile rigato, a 200 metri, gli uomini esercitati toccavano il bersaglio trenta volte su cento; col fucile-modello 1866 essi lo toccano 69 volte su 100. Alle distanze di 400, di 600 e persino di 1,000 metri i risultati utili, senza essere tanto importanti, sorpassano di molto quelli delle antiche armi. Studiato sotto tutti i risguardi, il fucile, di cui la fanteria francese è stata provveduta, riunisce nel più alto grado ad una precisione e rapidità incomparabili delle qualità che gli assicurano il primato fra le armi di guerra oggidì adoperate. Il maresciallo dichiarò nel suo rapporto che tutte le truppe di fanteria sono munite del nuovo fucile, e che nella settimana dal 10 al 17 Maggio la cifra delle armi fabbricate rappresentava una media di 1600 al giorno.

Codesto rapporto del Niel, e la sua pubblicazione, s'interpretarono da molti come un memento indirizzato bonariamente a chi si sentisse qualche velleità di stuzzicare la Francia con alcuna provocazio

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