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giosa la richiesta di eseguire un atto spettante al medesimo, ovvero in cui gli statuti e le prescrizioni di quest'ultima permetteano di procedere a tale atto. Tranne questi casi, il relativo atto è da considerarsi legalmente inefficace, e le autorità debbono prestare l'opportuno riparo dietro richiesta del privato o della comunità religiosa pregiudicata. « IV. Riguardo a contributi e prestazioni.

« Art. 9. Gli appartenenti ad una Chiesa o comunità religiosa possono esser obbligati a contributi in danaro e in natura, o in prestazioni di lavoro per iscopi di culto e beneficenza ad un'altra sol quando incombano loro i doveri del patronato reale, ovvero se l'obbligo di tali prestazioni si fonda su motivi di diritto privato, comprovabile mediante documenti, od è assicurata mediante i libri fondiarii. Nessun curato può esigere tasse, diritti di stola ecc. dagli appartenenti ad una confessione a lui straniera, tranne per funzioni effettivamente esercitate dietro loro domanda, e ciò solo secondo la commisurazione legale.

«Art. 10. Le disposizioni del precedente art. 9 sono pienamente applicabili anche ai contributi e alle prestazioni per iscopi d'insegnamento, eccetto il caso che gli appartenenti ad una Chiesa o comunità religiosa formano una comunità scolastica cogli appartenenti ad un'altra, in forza dell'ordinamento scolastico, nel qual caso gli aggregati alla scuola senza distinzione di confessione debbono sostenere le spese occorrenti per erigere e conservare la scuola comune e per stipendiare i maestri che vi sono impiegati, escluse però le spese per l'istruzione religiosa degli appartenenti ad un'altra confessione. Non ha luogo un' aggregazione coattiva alla scuola d'un'altra confessione.

« Art. 11. Tutte le pretensioni, non fondate sulle disposizioni dei precedenti art. 9 e 10, degli ecclesiastici, nonzoli, organisti e maestri di scuola, indi degli istituti di culto, istruzione e beneficenza d'una Chiesa e comunità religiosa, di ricevere contributi e prestazioni per parte degli appartenenti ad un'altra, sono da considerarsi estinte.

V. Riguardo alle tumulazioni.

« Art. 12. Nessuna comunità religiosa può ricusare decente sepoltura nel suo cimitero alla salma di persona che non le appartiene: 1. se si tratta di tumulazione in una tomba di famiglia, o se 2.° dove avvenne il caso di morte o fu rinvenuta la salma, non si trova nel circuito del comune locale un cimitero destinato per gli appartenenti alle Chiese o alla comunità religiosa del defunto.

a VI. Riguardo ai giorni feriali e festivi.

« Art. 13. Nessuno può esser costretto ad astenersi dal lavoro nei giorni feriali e festivi d'una Chiesa o comunità religiosa a lui estranea. Nelle domeniche però si dovrà sospendere, durante il servizio divino, qualunque lavoro pubblico non urgentemente necessario. Inoltre nei giorni festivi di qualunque Chiesa o comunità religiosa si dovrà tralasciare in vicinanza alla Chiesa durante il servigio divino principale tutto ciò che potrebbe recare perturbazione o pregiudizio alla solennità. Altrettanto è da osservarsi nelle solenni processioni tradizionali sulle piazze e nelle vie, per le quali passa il corteggio.

«Art. 14. Nessuna comunità religiosa può esser obbligata ad astenersi dal suono delle campane nei giorni, in cui esso a tenore dei precetti d'un'altra Chiesa, non deve aver luogo.

«Art. 15. Nelle scuole che vengono frequentate da appartenenti a varie Chiese o comunità religiose, si deve dare all' insegnamento, per quanto è eseguibile, una divisione tale da render possibile anche alla minoranza l'adempimento de' suoi doveri religiosi.

« VII. Disposizione finale.

« Art. 16. Tutte le disposizioni delle leggi e ordinanze sinora vigenti che stanno in contraddizione con queste prescrizioni, su qualunque base siano fondate, e in qualsiasi forma rilasciate, come pure le eventuali consuetudini contrarie, anche in quanto non siano state qui abolite espressamente, non dovranno esser più applicate d'ora innanzi. Ciò è da inter dersi particolarmente anche riguardo alle prescrizioni sull'educazione religiosa dei fanciulli presi ad allevare dal Pubblico.

« Art. 17. La presente legge entra in vigore col giorno della sua promulgazione.

« Art. 18. Sono incaricati dell'esecuzione della presente legge il Ministro del culto e dell'istruzione, come pure gli altri Ministri, nella cui sfera d'attività sono applicabili le prescrizioni della medesima, ed essi debbono rilasciare le ordinanze necessarie a tale esecuzione. Vienna, 25 Maggio 1868. FRANCESCO GIUSEPPE, m. p. Auersperg, m. p. Taaffe, m. p. Hasner, m. p.

Giskra, m. p.

Herbst, m. p. »

3. Non bastando agli autori di codeste tristissime leggi il far abbaiare i loro giornali contro la Santa Sede, aizzarono anche i Municipii. Primo a ricevere l'imbeccata fu naturalmente quello di Vienna, cioè quello che, come riferimmo a suo tempo, seppe volgere all' imperatore Francesco Giuseppe, mentre le truppe prussiane campeggiavano a vista di Vienna nel Luglio 1866, quei consigli petulanti e quelle codarde suppliche, di cui abbiamo recitato il testo 1, e le risposte avute dall'Imperatore. Quanto allora fu timido e vigliacco per paura dei Prussiani, tanto ora si mostra coraggioso e formidabile quel Municipio, sentendo di non dover affrontare che un Papa quasi inerme e che non ha 500,000 soldati per farsi rispettare e per esigere l'osservanza dei Trattatti stipulati e ratificati solen

nemente.

Come sono coraggiosi i liberali in circostanze siffatte! Nel Giugno 1866 i municipali di Vienna pregavano l'Imperatore che facesse pure una bassezza, se occorreva, ma per carità li rassicurasse dalla paura di dover sentire lo scoppio dei fucili ad ago. Nel 1868 alli 2 Luglio i municipali, divenuti leoni di coraggio in difesa dello Stato, approvarono a voto quasi unanime le seguenti proposte dichiarate urgenti, il cui testo esatto ricaviamo dall'Univers del 6 Luglio. « 1. Non essendo presentemente riuniti nè il Parlamento nè le Diete provinciali, spetta alla metropoli della monarchia di dichiarare, che il Consiglio municipale di Vienna si protesta solennemente contro le espressioni offensive per l'Austria, contenute nell'Allocuzione pronunziata a Roma il 22 del passato mese; e che il Governo austriaco può fare assegnamento sul concorso illimitato del Consiglio municipale, nella congiuntura della attuazione delle leggi confessionali; e che esso gode la sua pienissima fiducia. 2. Il Consiglio municipale è pregato di dichiarare, in nome della popolazione, che, per suo avviso, l'ultima Allocuzione del Papa costituisce un atto d'intrusione ingiusta nella legislazione e negli affari di Governo d'uno Stato libero, in

A Civiltà Cattolica, Serie VI, vol. VIII, pag. 570-71, e 495-97.

dipendente, costituzionale; e che si ripromette con certezza dal Governo di S. M. l'Imperatore, che esso respingerà codesta intrusione con tutta l'energia necessaria, e con tutti i mezzi somministrati dal diritto e dalle leggi.» Se il Governo austriaco non ha migliori e più validi aiuti, che quello del Consiglio municipale di Vienna, v'è troppo a temere che i cittadini di quella metropoli di qui a non molto, non pure debbano supplicare per essere rassicurati contro i fucili prussiani, ma avere per gran mercè di non saggiare le delizie dello knout moscovita.

Ne si ha fondamento a sperare un gran che di meglio, quando si considera a qual grado sia giunta la depravazione morale di quelli, che il Consiglio municipale rappresenta, e di cui espone i voti all'Imperatore. La popolazione di Vienna è di circa 600,000 abitanti. Nel 1867 le nascite furono in numero di 24,002; delle quali 12,152, cioè oltre la metà, di figli illegittimi. « Credono forse, dice l'Univers del 4 Luglio, i Consiglieri municipali, che le nuove leggi sopra il matrimonio avranno per effetto di rendere più numerose le nascite legittime? Credono essi che la licenza, a cui le recenti leggi sfrenano il corso, riusciranno a miglioria della moralità pubblica? Questo si parrà tra poco. Intanto le cifre qui sopra ricordate sono una dolorosa spiegazione delle sciagure dell'Austria. Si spiega altresì facilmente, quando son noti questi fatti, il contegno di Vienna verso l'Imperatore dopo il disastro di Sadowa; e si spiega egualmente il trionfo del liberalismo in un Impero, la cui metropoli offre lo spettacolo di tanto stemperamento di costumi, e di tanto scadimento della società domestica. »

Sotto il risguardo politico, l' Imperatore ed il signor De Beust hanno potuto vedere pur testè a Praga i frutti che si raccolgono dal lasciar promovere alle sètte l'immoralità e gli spiriti di ribellione alla più reverenda tra le autorità, quella di Dio e della Chiesa. Il De Beust dovette scappare di fretta da Praga per sottrarsi agli onori di un charivari strepitoso che gli era apparecchiato dagli studenti tzechi; de' quali ebbe ad essere, per altri motivi, così scontento l'Imperatore, che ne fece severe doglianze col Rettore dell'Università. Ora è da sapere che codesti medesimi studenti aveano ricevuto soavissime carezze da Vienna, l'anno scorso, quando aveano mandato colà un indirizzo di congratulazione agli studenti di Vienna, perchè questi aveano fischiato e svilaneggiato con urli e vituperi i loro professori sospetti di parteggiare per la Chiesa romana, di cui aveano difesi i diritti; e perchè con lo stesso senno politico gli studenti viennesi aveano fatto presentare dallo sciagurato dottor Mühlfeld un indirizzo al Reichsrath, nel quale si declamava contro il Concordato e si recitava in onore della libertà della scienza un ditirambo deguo degli eroi delle barricate del 1848. Chi semina vento, raccoglie tempesta.

COSE D'ORIENTE (Serbia) 1. Elezioni per la Skouptchina - 2. Arrivo a Belgrado del principe Milano Obrenowitch-3. Processo degli assassini del principe Michele III e de' loro complici; protestazione del principe Alessandro Karageorgiewitch-4. Prima tornata della Skouptchina, che proclama il principe Milano a sovrano della Serbia 5. Triumvirato eletto per la Reggenza.

1. Il Governo provvisorio costituitosi a Belgrado, appena fu morto il principe Michele III Obrenowitch, si adoperò con rara energia e con

prospero successo ad impedire ogni turbolenza. L'inquisizione circa l'assassinio perpetrato nella villa di Topchidèré procedette spedita; ed in pochi giorni i congiurati ed i complici furono quasi tutti in potere della giustizia, nè furono restii alle rivelazioni. Le Potenze interessate nelle cose d'Oriente, checchè ciascuna d'esse mulinasse in segreto, fu- . rono astrette, da' mutui risguardi e dal proprio interesse, a dichiarare che lascerebbero il popolo Serbo in piena libertà di fare quella scelta che più gli piacesse d'un nuovo Sovrano.

Pareano adunque rimosse tutte le cagioni di perturbamento, e che si potesse senza pericolo maturare codesta scelta, da cui tanto dipende l'avvenire della Serbia. Tuttavolta egli è da credere che a Belgrado si subodorasse qualche intrigo di partito o qualche fastidiosa ingerenza straniera. Imperocchè il Governo provvisorio, non che mostrasse di ambire un prolungamento dell'esercizio dell' autorità suprema tra le sue mani, di niuna cosa fu tanto sollecito, quanto di scaricarsene nelle forme volute dalla Costituzione. Laonde furono si prontamente convocati ai Comizii gli elettori, che già alli 22 Giugno, cioè dopo soli 12 giorni d'interregno, erano eletti i Deputati alla Skouptchina, cui spettava la nomina del successore di Michele III. Le elezioni avvennero con buon ordine e con perfetta tranquillità, e riuscirono quasi tutte favorevoli a' partigiani degli Obrenowitch, disposti a sancire il voto popolare apertamente dichiaratosi già pel giovane Milano Obrenowitch.

2. Questi già stava intanto alle porte di Belgrado. A cessare ogni pericolo di sorprese o di agguati, si era gittato voce a Parigi che il giovane Principe, ammalato gravemente anzi che no, per buona pezza non sarebbe in grado di imprendere un lungo viaggio, e che perciò il sig. Ristich, incaricato dal Governo provvisorio di accompagnarlo in Serbia, se n'era partito da Parigi tutto solo; e che il Principe solo allora moverebbesi quando, ben risanato, avesse certezza della sua elezione per libero e solenne voto della Skouptchina. Ma il fatto andò ben altrimenti. Il Principe partì da Parigi, in istretto incognito col Ristich; e già stava a Vienna, quando gli ufficiosi diarii parigini si condolevano della sua infermità, e lodavano il discreto proposito di non presentarlo a Belgrado in qualità di candidato, ma sì di condurvelo poi, già eletto dal voto popolare, a ricevere gli omaggi dei nuovi sudditi.

La mattina del 23 Giugno alle 5 ore del mattino entrò il Principe, col suo Mentore, a Belgrado, accoltovi da salve di artiglieria, non come candidato alla sovranità, ma in aspetto e pompa di erede riconosciuto. Il popolo gli si fece incontro affollatissimo; ed egli ricevette i complimenti dei grandi dignitarii dello Stato e dalle corporazioni civiche. Andò poi difilato alla Chiesa, dove sostette a far breve preghiera; e quinci în carrozza, per le vie principali, fra le acclamazioni popolari, passò a prendere stanza nel palazzo principesco.

3. Tre giorni dopo, alli 26 Giugno, condotta omai a termine l'inquisizione e l'istruzione del processo contro gli assassini del principe Michele III, e de' loro complici, cominciarono i dibattimenti pubblici contro tredici imputati, come autori principali del delitto, assistendovi i Consoli stranieri. Apparve evidente sì dalle deposizioni degli accusati e sì dagli indizii altrimenti raccolti, che anima e capo della congiura fu l'avvocato Paolo Radovanowitch, procuratore del principe Alessandro Karageor

giewitch, del cui nome egli abusò con animo di far la rivoluzione, recare in proprie mani il Governo, se il Karageorgiewitch avesse voluto accettare la sovranità; e nel caso contrario proclamare la repubblica.

Egli avea assai facilmente indotto a tenergli mano tre suoi fratelli ; un dei quali era artigiano, l'altro mercante fallito; il terzo era carcerato nella prigione di Topchidéré 1. Oltre a questi suoi fratelli, il Radovanowitch avea trovato un degno complice in certo Maritch, carcerato nello stesso luogo, e condannato a venti anni di lavori forzati per aver ammazzata la propria moglie. Il direttore della prigione, involto anch' egli nella congiura, lasciava in libertà di girare per la villa codesti carcerati, che così poterono appostarsi in agguato e trucidare il Principe. I tre che compierono l'assassinio furono Paolo e Kosta Radowanowitch, ed il Mariich. Degli altri accusati, quale avea ricevuti e distribuiti denari, quale semplicemente tolto l'impegno di partecipare alla rivoluzione, che veramente credeano mettere capo al Karageorgiewitch.

Finora non risulta provato che realmente il principe Alessandro Karageorgiewitch o suo figlio Pietro fossero consapevoli della congiura; anzi chi la concepi e diresse, Paolo Radowanowitch, fu costante in dichiarare, che egli avea bensì dei complici, e li nominò, tra quelli che aveano intime relazioni coll' esule Principe; ma che, non sapendo se questi avrebbe accettato la sovranità nel caso che trionfasse la rivoluzione, intendeva proclamare la repubblica.

Oltre ai tredici, di cui fu discussa in pubblico la causa, altri congiurati, e riputati rei di pena capitale, furono scoperti e tratti in giudizio; ma siccome militari, furono sottoposti a consiglio di guerra. Un di questi, certo Mirzailowitch, capitano d'artiglieria, avea tolto l' impegno di assalire la prefettura di Polizia, ed impadronirsene, per impedire che di là si facesse contrasto alla rivoluzione. Costui, riconosciuto reo, venne fucilato alla presenza della guarnigione. Altri stanno aspettando la stessa sorte, come quelli che si erano congiurati per trucidare i Ministri di Michele III e far ribellare le truppe.

Il principe Alessandro Karageorgiewitch che era designato come istigatore dell' assassinio, dal suo esilio di Bokseg in Ungheria mandò pubblicare pei giornali la protestazione seguente: « Bokseg, 20 Giugno. Dall'assassinio commesso a Topchidéré in poi, si fanno circolare nei giornali continuamente notizie che tendono a porre quel delitto in relazione colla mia persona e la mia famiglia. Io considero come al disotto della mia dignità contraddire particolarmente a queste asserzioni; ma per rispetto all'opinione pubblica, che si vuole indurre in errore con queste indegne calunnie, io sento che è mio dovere protestare publicamente per me e per la mia famiglia contro simili notizie, qualificandole d' infami calunnie diffuse sistematicamente da un gruppo di gente pagata, a solo scopo di screditare in modo indegno la mia persona e la mia famiglia dinnanzi alla nazione Serba ed all' Europa incivilita.

In questa villa o parco esisteva una caserma d'artiglieria, mutata poi in prigione. Non pochi di coloro che ivi erano detenuti si presumevano disposti a tener mano alla rivoluzione, e si erano perciò preparate ivi presso non meno di 750 pistole a rivoltella per armarli.

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