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Naturalmente questa legge, tranne il primo articolo che dispensa dalla facoltà previa, non potca andare a sangue dei fautori della illimitata libertà, che tra la paura ed il dispetto si rodeano. Per calmare il loro corruccio, il Governo spedì due Circolari, l'una del Ministro degli interni ai Prefetti, l'altra del Ministro di Giustizia ai Magistrati dei Tribunali, per ispiegare loro come e con quale discrezione e benignità dovessero, secondo le circostanze applicare la legge, sia quanto al denunziare i reati, sia quanto al punirli. Questi due estremamente prolissi documenti sono pure riferiti dal Mémorial diplomatique dell' 11 Giugno, pag. 389-92; ed ottennero in effetto lo scopo inteso, di rabbonire alquanto i malcontenti.

2. L'altra libertà, che premeva molto ai dilettanti di politica, e specialmente di politica parlamentare, si era quella delle riunioni in cui si potessero pubblicamente discutere sia le cose spettanti alle quistioni elettorali, sia gli interessi dell'industria, del commercio, dell'agricoltura e simili; colla quale facoltà è facile poter anche fare escursioni sul campo della politica. Di che il Governo avea elaborato uno schema di legge.

Or anche questa legge ardentemente dibattuta nel Corpo legislativo, ammessa poi con i dovuti temperamenti dal Senato, venne promulgata con la sanzione imperiale dal Moniteur del 12 Giugno, e trascritta nel Mémorial diplomatique del 18, a pag. 408-09. Essa è spartita in tre titoli, contenenti in tutto 14 articoli. Il primo titolo spetta alle riunioni pubbliche ma per oggetti non politici; il secondo alle riunioni pubbliche elettorali; il terzo determina le disposizioni generali. Angelo tutelare dell'ordine in queste riunioni è un Magistrato giudiziario, che può sciogliere l'assemblea, ed intentare anche li su due piedi un processo ai maleavvisati i quali sconfinassero. Ben inteso che sotto gravi pene è vietato il discutere atti del Governo, o il presentarsi con armi a tali iunioni, o il frapporre indugio ad andarsene, quando il Magistrato scioglie l'assemblea, o peggio il resistere alla forza che intervenisse per dissiparla.

3. Nel Corpo legislativo l'opposizione usò di tutto la sua consueta libertà di linguaggio e di censura contro il Governo, durante la discussione di codeste leggi, come anche nell'altra che spetta al contingente annuo di 100,000 reclute, e nella disamina del bilancio. Ma la pluralità stette salda pel Governo. Nel Senato ebbero a gustare un momento di trionfo i campioni della libertà sfrenata. Ed ecco per qual modo. Era pervenuta al Senato una petizione a nome dei padri di famiglia, contro la licenza onde nella scuola di Medicina si professava uno schifoso materialismo. I fatti denunziati erano gravissimi. Parecchi Senatori sostennero con gran calore i diritti oltraggiati della ragione e della religione; e tra essi più Cardinali parlarono con grande eloquenza. Ma il sig. Sainte-Beuve ed il ministro Duruy per diverse vie impedirono che la petizione fosse ammessa. Il primo facendo l' apologia del libero pensiero e della libera scienza, che non dee impicciarsi nè di filosofia, nè di teologia, nè di Dio, nè d'anima. Il secondo col far apparire che non sussistevano i fatti allegati; al che giovò qualche mutazione nelle frasi addotte in prova delessersi sostenuto come tesi scientifica il materialismo.

Tuttavia gli studenti di medicina di Parigi s'incaricarono di dare col fatto una smentita al Duruy, per via di una solenne ovazione al SainteBeuve che si era dichiarato campione di chiunque si professasse senza anima non che senza religione veruna; e poi vituperando con opposte di

mostrazioni i promotori della petizione. Che a Parigi si affetti almeno di separare la scienza della medicina da ogni attinenza o dipendenza dalla teorica che ammette nell'uomo lo spirito immortale, ciò è notorio. I discorsi del Duruy sono vernice onde è spalmato un mucchio di putridume, che il Sainte-Beuve ebbe almeno il cinico coraggio di ammirare come la più bella cosa del mondo.

4. Altro argomento di ciarle pei giornalisti e di divinazioni pei diplomatici, venne fornito da un viaggio impreso da S. A. I. il principe Napoleone (Girolamo), genero di Vittorio Emmanuele II, negli Stati meridionali d'Alemagna ed in Oriente. Parti egli da Parigi la Domenica di Pentecoste, 31 Maggio, lasciando a Meudon la sua consorte Maria Clotilde di Savoia; ed andò difilato a Stuttgardt, dove giunse nel pomeriggio del martedì seguente. Rimaso ivi un giorno, ed assai onorato e festeggiato benchè incognito; passò quinci a Monaco di Baviera, che visitò con molta cura, massime sotto il risguardo artistico; fu a Vienna alli 5 Giugno, e, rifiutato l'alloggiamento offertogli a Schönbrunn, fu tuttavia onorato della visita de' Ministri ed Arciduchi imperiali; quindi festeggiato, banchettato, colmo di carezze dall'Imperatore. Rimaso quasi otto giorni a Vienna, fatta a Praga una escursione che gli valse una ovazione trionfale, andò a Pesth. E qui nuove feste. Poscia a Bukarest. Ivi lasciò l'incognito, e con tutti i suoi titoli entrò nel territorio del Sultano, che gli rendette gli onori dovuti ad un primo Principe del sangue imperiale. Più giorni passò a Costantinopoli, sempre tra feste, onori e conferenze. Poi lasciata da parte Atene, si dirizzò a visitare il Monte Athos, viaggiando sul suo yakt che era andato aspettarlo a Costantinopoli.

Che scopo avesse questo viaggio, e quali risultati ne debbano derivare, noi non sappiamo. Dicesi che il Principe avesse in animo di esplorare le disposizioni dei Sovrani, e le forze militari dei loro Governi, e le condizioni degli Stati per cui passò, affine di vedere quale assegnamento potesse fare sopra loro la Francia nel caso d'una guerra. Certo è che egli, emolo dell'augusto suo cugino, non è solito smascherare i suoi disegni se non quando è giunto il momento di effettuarli. Vuolsi dunque aspettare che il momento giunga.

5. Anche Napoleone III viaggiò un poco. Il martedì 9 Giugno si trasferì con la Corte a Fontainebleau; quinci il 24 Giugno passò al Campo di Chalons: e rimasto ivi tre giorni, si tornò il 27 a Fontainebleau, d'onde alli 19 Luglio andò a Plombières. Niun fatto rilevante occorse a Corte, se non fosse il seguente, che, scritto al Nord ed all'Indépendance Belge, venne trascritto, e così autenticato dal Moniteur du soir. Noi crediamo necessario il registrarlo quale si legge in questo ultimo diario:

Questi ultimi giorni parlavasi a Fontainebleau della tragica fine del principe Michele di Servia e dei manifesti di Felice Pyat che provocano all'assassinio dell' Imperatore. Appalesavasi il timore che si detestabili esempii e sì odiosi eccitamenti non producessero qualche novello attentato contro il capo dello Stato. L'Imperatore manifestò un contrario parere; e, siccome tutti gli sguardi, rivolti verso di lui, parevono domandargli il segreto della sua sicurezza, ei prese a dire a un di presso così.

« Nella posizione, in che sono, la vita non ha che un piacere, quel lo di essere utile alla prosperità e alla grandezza della Francia. Intino a tanto che io vivrò, non avrò altro di mira; e la Provvidenza, che sinora mi ha visibilmente protetto, non abbandonerammi. Del resto, la mia sorte è nelle sue mani. Essa deciderà se per gl' interessi del paese sia il meglio, o la mia vita o la mia morte. Innanzi a tanti partiti, rigonfi d'ambizioni rivali e di sovversive passioni, per la Francia non v' ha salvezza che rimanere intimamente collegata alla mia dinastia, che sola è un simbolo di ordine e di progresso. Ora, e' potrebb'essere che una morte violenta, se io ne dovessi essere colpito, contribuisse, anche più che il prolungamento dei miei giorni, al consolidamento della mia dinastia. Ed infatti, guardate quel che accade; l'uomo che ispira o commette un assassinio politico, è che si fa giudice e carnefice ad un tempo, produce sempre un effetto contrario a quello ch'e' vuole raggiungere, ed è il gastigo del suo delitto, conseguenza inevitabile. Ciò che è intervenuto in Serbia, ne è una prova evidente. I cospiratori speravano, uccidendo il principe Michele, fare venir su un'altra dinastia; ed essi hanno raffermato per lungo tempo la famiglia degli Obrenowitch. Presso noi, se uno dei molti attentati contro il re Luigi Filippo fosse riuscito, potrebbesi scommettere ogni cosa che la Casa d'Orléans regnerebbe tuttavia in Francia. Oggi o dimani, se io cadessi sotto il colpo di assassini, il popolo ad unanime voce acclamerebbe il mio figlio; e se anche tutta la famiglia imperiale scomparisse, egli anderebbe, come è intervenuto in Serbia, a cercare un qualche bisnipote erede del mio nome, un Milano qualunque, onde rialzare la bandiera dell'Impero, vendicar l'assassinio e sanzionare novellamente questa verità: che il partito, il quale lorda le mani nel sangue, non avvantaggiasi mai del suo delitto. Quindi posso io guardar l'avvenire senza sgomento. O che io viva o che o muoia, la mia vita o la mia morte sarà egualmente utile alla Francia, perchè la missione, che mi fu imposta, si compierà o da me o dai miei. »>

«Queste parole furono pronunciate in una raunata assai numerosa; alcuni dei presenti le ci hanno ripetute. Abbiamo creduto che esse non sarebbero prive d'interesse pei vostri lettori, cui possiamo guarentire la piena autenticità delle medesime. »

6. Anche il maresciallo Niel, ministro sopra le cose della guerra, diede molto che fantasticare colle dichiarazioni fatte al Corpo legislativo, che si voleva la pace, ma che appunto perciò bisognava che le forze militari della Francia fossero tali, che dovessero levare a chicchessia ogni velleità di disturbarla, o di vilipenderne gli interessi e l'onore Già egli avea fatto sentire a molti l'odore di polvere bruciata con un suo Rapporto all' Imperatore, stampato nel Moniteur de l'Armée, e trascritto anche dal Débats del 28 Maggio, circa i vantaggi del fucile del Chassepot, ond' è munita la fanteria imperiale; come dicemmo in questo volume a pag. 120. Per impedire che il Corpo legislativo gli attenuasse il bilancio, il maresciallo Niel parlò in questa forma: «Una delle condizioni più necessarie oggi per un esercito è quella di potere passare facilmente dallo stato di pace a quello di guerra. Perchè esso possa organizzarsi, bisogna poter riunire le divisioni

in corpo d'armata; le ferrovie ci permettono, è vero, di far marciare prontamente i reggimenti e formare le divisioni, ma bisogna mettere queste sotto gli ordini di un capo, bisogna formare degli stati maggiori, cosa difficile, e che ha l'inconveniente d'indicare anticipatamente progetti di un Governo. Oggi ci basterebbero cinque giorni per avere un corpo d'a mata pronto a marciare; i comandanti sono là, gli stati maggiori sono formati, gli uffiziali hanno i loro cavalli; se bisognasse partire, il corpo d'armata potrebbe entrare rapidamente in campagna. La formazione anticipata dei corpi d'armata è adunque giustificata perfettamente. In quanto a quei grandi emolumenti accumulati di franchi 300,000, vi è in ciò un completo errore: quegli ufliziali hanno lo stipendio del loro grado e gli assegni delle spese di rappresentanza, che sono assai lungi dall'arrivare alle cifre che sono state citate. Non sarebbe prudenza sopprimere i sei gran comandi militari; le altre nazioni hanno i loro corpi d'armata sempre formati e pronti a marciare; bisogna che anche la Francia sia in una pari situazione. »

Questo è proprio quanto dire: siamo pronti, e se altri vorrà provarcisi, vedrà che non siamo come gli Austriaci a Königsgraetz!

INGHILTERRA 1. Componimento tra il Gabinetto e l'opposizione sopra il diritto elettorale 2. Accordi per la riforma elettorale in Iscozia — 3. Il bill del Gladstone per l'abolizione della Chiesa ufficiale d'Irlanda è approvato, in seconda e terza lettura, dalla Camera dei Comuni 4. Ostilità della Camera dei Lords all'emancipazione dei cattolici; e contro il bill del Gladstone, che viene respinto 5. Dissolvimento interno della setta anglicana; risoluzione proposta indarno contro il dott. Colenso 6. Proposta del Maguire per la libertà religiosa dei carcerati cattolici; bill che rende accessi bili ai cattolici le cattedre delle università di Oxford e di Cambridge, approvato dalla Camera dei Comuni.

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1. Il voto della Camera dei Comuni in favore della proposta del deputato Bouverie, da noi mentovato nel precedente volume, a p. 636, non era solamente uno smacco pel Ministero che vi si era opposto, é che era stato vinto da 118 voti contro soli 96; ma era inoltre un passo ardito verso la soluzione della quistione del diritto elettorale. Il Ministero era così posto alle strette o di dare risolutamente le sue dimissioni, o di sciogliere subito il Parlamento; e l'uno e l'altro partito avrebbero avuto lo stesso risultato, di ritardare notabilmente la riforma elettorale da tutti desiderata, posponendo tal quistione al trambusto pericoloso delle nuove elezioni od alle vicende della tattica d'un nuovo Gabinetto.

Il Disraeli afferrò subito il destro offertogli da questa congiuntura, e chiese, come riferimmo nel luogo sovracitato, indugio e tempo da riflettere e maturare una conveniente risoluzione. Intanto i pubblicisti d'ogni ordine presero a discutere, nei diarii e nelle raunate, il pro ed il contro, sia d'una crisi di Gabinetto, sia d'uno scioglimento della Camera; e tutti mostrarono di sentire, essere meglio rappattumarsi, e venire a buon accordo circa la quistione elettorale, di quello che in

calzare le conseguenze del voto dato contro il Gabinetto, precipitarne la crisi, o far ritardare quella riforma fin dopo le elezioni generali. Quindi avvenne che d'ambe le parti si desiderasse la conciliazione. Il Gabinetto, giudicando che la proposta del Bouverie ripugnava ai principu generali della riforma intesa, chiese alla Camera dei Comuni di ripigliare a disamina il voto con che l'avea approvata. La Camera si arrese a tal domanda, e si venne a componimento nella forma seguente. Fu accettata d'ambe le parti una clausola, per cui il diritto di suffragio sarà levato ad ogni persona che non abbia pagato per dodici mesi la tassa dei poveri e di tal diritto sarà egualmente privato chiunque, nei dodici mesi precedenti, avesse ricevuti sussidii, come povero, dalla parrocchia.

2. Questo facilitò anche il componimento d'un altro conflitto. La Camera consenti che la Scozia, come proponevasi dal Gabinetto, avesse sette Deputati di più, e che d'altrettanti fosse scemato il numero dei Deputati dell'Inghilterra, a cui se ne volevano prima togliere dieci. I tre rimanenti, che doveano pure essere aboliti per voto precedente della Camera, furono, secondo la proposta del Fergusson, mantenuti ad tempus. Con ciò rimasero agevolate assai le pratiche, che erano divenute alquanto aspre e difficili, per estendere alla Scozia ed all'Irlanda la legge di riforma elettorale, già approvata l'anno scorso per l'Inghilterra propriamente detta e pel paese di Galles. Il che ottenuto, si verrà alle elezioni generali; e quindi ad armi corte fra il Gabinetto e l'opposizione, e la crisi ministeriale sarà forse inevitabile.

3. Ma la grave quistione dell'abolizione della Chiesa ufficiale protestante d'Irlanda, benchè abbia ricevuto un fortissimo impulso nella Camera de' Comuni, trovò intoppo egualmente forte nella Camera dei Lords, e per ora rimane in sospeso. Nella Camera dei Comuni il bill del Gldstone, da noi recitato nel volume precedente a pag. 632-33, come complemento delle sue proposte per l'abolizione della Chiesa ufficiale, fu, senza opposizione del Governo, approvato anche nella seconda lettura, che fu fatta alli 23 Maggio; e 312 voti contro 258 decretarono che si mettesse termine a quella tre volte secolare iniquità, simigliante vittoria ottenne poi la giustizia anche nella terza lettura voluta dalla Costituzione. Diveniva evidente che in massima la Chiesa ufficiale d'Irlanda dovea abolirsi. A quattro diverse riprese, con pluralità di 60, 65, 54 e 76 voti, la Camera dei Comuni si era dichiarata contro il Gabinetto e contro i partigiani di quella grande iniquità; e l'opinione pubblica avea dato ragione al Gladstone ed ai suoi aderenti. Ma tra il decidere l'abolizione, ed il traccarne minutamente la forma legale, corre grandissimo tratto, per le difficoltà da noi accennate nel volume precedente, a pag. 631-32. 11 Gladstone non volle prudentemente mettere sè ed il suo partito a tal cimento; e perciò le sue proposte furono stese in forma vaga ed elastica, che lasciava al tempo ed alle congiunture la libertà di sciegliere il modo più equo ed utile onde effettuarle.

4. Ma quelle proposte ed il bill del Gladstone doveano ottenere anche Ja sanzione della Camera dei Lords, dove seggono i pseudovescovi anglicani ed in cui prevale il partito conservatore; le cui attinenze d'interessi coi pseudovescovi e colla Chiesa stabilita facevano presentire quel che avvenne di fatto, cioè la ripulsa di ammettere quelle proposte. Pri

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