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L'introito lordo dei 20 anni, partendo dalla cifra del 1868

di 95 milioni, e aggiugnendovi ogni anno 6 milioni d' incremento, sommato insieme dà Milioni 3,140

Bisogna torvi come canone, e spese.

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Il canone annuo per tutto il ventennio è di mil. 1,912

cioè 1.° Quadriennio Totale 240

2,663

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La spesa totale pel ventennio è di mil. 751

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milioni

60

Dal quale sottraendo l'interesse per venti anni del ca-
pitale sociale cioè
Rimangono da spartire tra il Governo e la Regia milioni

427

Or di questi 427 milioni, secondo i patti stanziati, toccano al Go- . verno in tutto il ventennio 198 milioni e rimangono in libero profitto della società 229 milioni. La società dunque alla fine del ventennio riceverà la restituzione del suo capitale intero, riceverà 60 milioni come interesse di questo capitale, e 229 altri milioni come guadagno o dividendo. Ciò equivale a dire che la Società avrà prestato il suo denaro al 29 per . Qual titolo essa ha, per fare sì grosso guadagno? Vedemmo già che nessuno affatto.

Conchiudendo dunque diciamo che non sa intendersi come siansi potute ammettere siffatte pattovizioni. Solea dirsi che il concorso della scienza e perizia dei Deputati, la responsabilità dei Ministri, sottoscrittori di un contratto e di una legge, e la pubblicità dei dibattimenti e della stampa rendono impossibili nel Governo costituzionale 'certe enormità di spese e certe iniquità di leggi, che sott'altra forma di Governo non v'era modo d'impedire. Or si avvera egli di fatto

questo assioma liberalesco? Non sono unanimi gl' Italiani a deplorare i contratti finora conchiusi dai passati Ministri, ossia per i prestiti, ossia per le compere, ossia per le vendite, ossia per gli appalti, ossia per le concessioni? Vi è stato, ciò non ostante, nessuna pena inflitta mai a qualche Ministro?. Gli se n'è mai almeno domandato conto? Hanno, se non altro, i Deputati appreso a studiar meglio le quistioni, e a rifiutar più costantemente il loro assenso? La risposta la sanno tutti noi siamo dispensati di farla.

Solo faremo riflettere che appunto il contrario di quell'assioma liberalesco si avvera sempre. Vi dev'essere una ragione intrinseca alle forme costituzionali che generi questo fatto costante: e la ragione crediamo che sia questa. Suol dirsi che il Governo costituzionale è Governo di partiti; e ciò è verissimo. Or qui è appunto il vizio. Chi dice Governo di partiti, dice broglio, dice favori, dice arrendevolezze cieche e resistenze più cieche: cosicchè tra le nebbie che gittano i broglioni, tra le grazie che usurpano i fautori, tra le debolezze dei proprii parteggiani, e le ire dei rivali si perde di vista il vero, il bene, l'onesto; e solo si cerca l' utile proprio o alla men trista l'utile della propria fazione. Se non vi fossero mille fatti che mostrano soprabbondantemente la verità di questo giudizio, il solo contratto sin qui discorso ce ne darebbe dritto. Sappiamo che mentre [scriviamo queste parole, esso vien proposto alla Camera con notevoli mutazioni, introdottevi dalla Commissione dei Deputati che l'ha negli scorsi giorni esaminato. Or noi giudichiamo che se il fondo del contratto è da queste modificazioni radicalmente, come dovrebbesi, cangiato, esso non sarà accettato nè dalla Società che chiede la Regìa, nè dal Ministro che l'offre. Se viene accettato, segno è per noi, che la sostanza è rimasa intatta, e solo ne sono state variate le apparenze o diminuite le proporzioni. E chi sa che non siasi lasciato appunto sì largo il vivagno al panno, perchè si dia luogo alle cesoie dell'opposizione, senza che corra pericolo il buono della pezza? Per compassione ai già ammiseriti Italiani desideriamo d'ingannarci in così tristo pronosticò per la forza della convinzione crediamo per l'opposto che i fatti ci daranno piena ragione. Comechè sia per accadere, il solo fatto dell' essere stata possibile una simile proposta meritava bene che ce ne occupassimo largamente.

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IL NEPOTISMO DI SISTO IV.

II.

All'udire le violente invettive, con cui lo zelo di certi scrittori è solito scagliarsi contro gli scandali del nepotismo di Sisto IV, sembrerebbe che i parenti da Sisto beneficati fossero tutti una razza o d'imbecilli o di scellerati, affatto indegni degli onori e delle dignità, a cui furono promossi; sicchè la loro promozione, ispirata solo da cieco amore di sangue, ad altro non ridondasse che a detrimento e vitupero della Chiesa. Ora tutto al contrario: il primo fatto che si presenta a chiunque si fa un po' da vicino ad esaminare i meriti dei nipoti di Sisto, si è che le accuse (giuste o no, qui non cerchiamo) cadono veramente sopra due soli, il Cardinal Pietro e il conte Girolamo Riario, i quali, siccome si elevarono più alto nel favore del Pontefice, così furono anche maggiormente esposti all'altrui maldicenza. Quanto agli altri adunque, che sono la maggior parte, il nepotismo di Sisto deve andare assolto da ogni colpa, giacchè non gli si può rimproverare nè stemperato eccesso di favori conferiti, nè personale demerito o incapacità di coloro a cui furono conferiti.

Di questi infatti (lasciando da parte i meno illustri, dei quali la fama non parlò nè bene nè male) la memoria che ce ne hanno tramandato i contemporanei è generalmente scevra di biasimi, e spesso ornata eziandio di splendidi elogi, i quali tornano a gran lode, non che a scusa, del Pontefice che li esaltò.

In Leonardo della Rovere, creato da Sisto Prefetto di Roma e sposato ad una figlia di re Ferdinando, lo stesso Infessura 1, mordacissimo detrattore degli atti di Sisto, non seppe realmente accusar altro che la piccolezza della statura, per cui era chiamato dai Romani il Prefetto piccinino: difetto in verità, che egli ebbe comune col Papa suo zio 2 è con troppi altri grandissimi personaggi. Vero è che l' Infessura soggiunge, che « lo intelletto corrispondeva alla persona »; ma questa evidentemente non è che una delle solite pasquinate del cronista, a cui non v'è nessun obbligo di prestar fede. Gli onori che, per testimonianza del medesimo Infessura, i Romani a gara coi cortigiani, fecero alla sepoltura di Leonardo, allorchè, venuto a morte nel Novembre del 1475, fu dal palazzo di S. Pietro in Vincoli recato a tumulare nella Basilica Vaticana, sono al contrario buon indizio che il suo governo, nei tre anni e mezzo che lo tenne, aveva incontrato soddisfazione universale.

Giovanni della Rovere, succeduto a Leonardo nella Prefettura di Roma, ed investito da Sisto del Vicariato di Sinigaglia e di Mondavio, lasciò di sè memoria onoratissima e gloriosa. «Non è dicibile, scrive lo storico di Sinigaglia, la venerazione, l'amore e la fedeltà che tutti generalmente gli dimostravano 3 » per le egregie sue qualità di Principe zelantissimo del bene pubblico. Dopo la morte di Sisto, essendo stato creato da Innocenzo VIII Capitan generale della S. Sede, riportò singolar lode ed onore 4 in tutte le imprese militari in cui ebbe parte; e si mostrò degno genitore di quel Francesco Maria duca d'Urbino, che riuscì uno de' più illustri capitani del suo secolo. Le lunghe assenze, a cui la milizia obbligava Giovanni, non gli fecero però trascurare il buon governo de' suoi Stati di Sinigaglia e di Mondavio; anzi vi lasciò per suo Luogotenente il celebre giureconsulto Angelo Orlandi da Corinaldo, da cui per ordine del Principe si formarono ottime leggi e decreti savissimi a comun vantaggio de' sudditi 5. E finalmente, allorchè nel Novembre del 1501

1 Diario, presso il MURATORI, Rer. Ital. T. III, P. II, pag. 1143, 1145. 2 Vedi il CANCELLIERI, Storia de' Possessi ecc. pag. 45.

3 LODOVICO SIENA, Storia della città di Sinigaglia, Libro III, pag. 160. 4 Ivi, pag. 158.

5 Ivi, pag. 159.

una morte precoce lo rapì, nella florida età di 44 anni, all'amore dell'egregia sua sposa, Giovanna di Montefeltro, e de' suoi sudditi, questi lo piansero amaramente, e, come narra il citato storico, « ne rimasero inconsolabili, perduto avendo un Principe, che per l'eroiche virtù, per le dolci maniere e per altri singolarissimi pregi che l'adornavano, aveva giustamente rapita l'ammirazione ed il cuore di tutti 1. >>

Or che diremo del Cardinal Giuliano, fratello di Giovanni? Vi sarà forse chi osi far colpa a Sisto IV di aver promosso alla porpora e onorato durante tutto il suo regno de' più importanti carichi della Chiesa e dello Stato colui che fu poscia Giulio II? Vi sarà chi osi attribuire a cieco affetto di sangue, l'avere Sisto, appena creato Pontefice, chiamato al suo fianco il nipote Giuliano, ed a lui, benchè giovane allora di 27 anni, addossata sì gran parte del governo universale? La gravità e modestia religiosa 2 della vita, il senno precoce, l'ingegno maraviglioso, la straordinaria abilità dei negozii, la grandezza di animo, e tutte quelle egregie qualità che poi lo resero uno dei più grandi uomini del suo tempo, e uno de' più illustri e vigorosi Pontefici della Chiesa, certo è che fin d'allora lo commendavano agli occhi di tutti, e formavano l'elogio in pari tempo e del Cardinale che in così fresca età portava sì degnamente l'eccelsa sua dignità, e del Pontefice che l'aveva a questa dignità elevato.

Meno splendidi, ma pur cospicui erano i meriti d'un altro nipote, promosso da Sisto nel 1477 al Cardinalato, vogliam dire Girolamo Basso della Rovere, chiamato il Cardinale di Recanati. Odasi l'encomio che ne lasciò scritto nel suo Diario, all'anno 1480, Giacomo da Volterra, che era a quei dì nella corte di Sisto, come secretario apostolico, e poi fu creato da Leone X Vescovo d'Aquino, Vir, dice egli, mitis naturae et integerrimae vitae atque ab omni vitio et labe procul alienus, literaturae, etsi non magnae, non tamen negligendae; in eo maxime commendandus, quod bonos et eruditos

1 Ivi, pag. 162.

2 Vir singularis modestiae ac religionis: così lo qualifica l'Autore della vita di Sisto IV presso il Muratori, parlando della promozione di Giuliano al Cardinalato.

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