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accusava il Johnson d'aver pure cospirato col Thomas per impadronirsi degli archivii, libri, carte ecc. del segretariato della guerra. Nell'ottavo si incolpava il Presidente d'aver esercitato un sindacato illegale sulle spese per la guerra approvate dal Congresso. Nel nono si attribuiva al Johnson il disegno di adoperare forze militari per sostenere la sua volontà. Nel decimo e nell'undecimo si appuntavano come irriverenti contro il Congresso, ed intese a spingere i popoli a disconoscerne l'autorità, certe parlate del Johnson.

Fin dal 25 Febbraio il Senato avea ricevuto solennemente una commissione di sette Deputati, che aveano chiesto si dichiarasse in istato di accusa il Presidente; alla quale domanda avea assentito. Il Senato si costituì alli 5 Marzo in alta Corte di giustizia, sotto la presidenza del Chase; compilò il regolamento di procedura; decretò che non si potesse dalla competenza del Senato appellare a quella d'alta Corte di giustizia; e che il Johnson dovesse o presentarsi in persona o farsi rappresentare da un avvocato. Il Johnson chiese un indugio per preparare le sue difese; ma gli fu rifiutato; ed egli nominò suoi avvocati. Un senatore propose anzi al Senato che si dovessero interrompere le relazioni ufficiali col. Johnson, e questi rimanesse sospeso dall'esercizio della sua carica; ma questa proposta fu respinta. Alli 30 Marzo ebbero cominciamento i pubblici dibattimenti della causa innanzi al Senato, con una violentissima e sterminata filippica del Butler; e, sebbene interrottamente, per le giravolte della giurisprudenza propria di que' luoghi, si protrassero per tutto l'Aprile, nè finirono che sullo scorcio del Maggio.

18. Ci torna impossibile, e sarebbe inutile a' nostri lettori, l'avvolgerci per entro quell' intricatissimo labirinto del processo. Furono uditi ad uno ad uno, oltre gli accusatori d'ufficio, quanti altri si presentarono come testimonii contro od in favore del Johnson. Ma di mano in mano che queste testimonianze si discutevano, viemeglio si rendea manifesto quella procedura essere frenesia di partito, non tenerezza per la giustizia e per la costituzione. Finalmente agli 11 Maggio, esauriti tutti i mezzi di accusa e di difesa, il presidente Chase dovette fare che si venisse ad una conclusione. Fu deciso che si leggerebbero ad uno ad uno gli articoli o capi d'accusa; e che sopra ciascuno d'essi ogni Senatore ragionerebbe il suo voto pel si o pel no, con cui intendeva o dichiarare colpevole o riconoscere innocente l'accusato, limitando il tempo del parlare a soli 15 minuti per ciascuno. Posta la quistione circa il primo capo d'accusa, s'andò innanzi fino al dì 16 Maggio; ed allora, compiutosi a questo modo lo scrutinio, risultò che 35 dei Giudici sentenziavano colpevole il Johnson, mentre 19 lo volevano prosciolto come innocente. Era stabilito che la sentenza di condanna non fosse valida, se non concorressero i due terzi dei voti, ed ai due terzi mancava un voto; quindi il Johnson fu assolto.

Ma restavano gli altri dieci capi d'accusa, ed i radicali speravano che loro verrebbe fatto di pervenire ai due terzi dei voti; e perciò dal 17 al 26 fecero sforzi supremi sopra il secondo e terzo capo d'accusa. Ed anche qui il loro calcolo, per un solo voto, è vero, ma questo voto era decisivo! andarono falliti. Allora il Senato, dichiarando non constare del reato apposto al Johnson pei primi tre capi, senza procedere oltre alla votazione sugli otto rimanentí, prorogò le sue tornate a tempo indefini

to, sine die, come colà dicono, e cessò di fatto dall'agire come alta Corte di giustizia.

Non è a dire con quale passione i radicali vedessero sottratta ai loro colpi la vittima designata. Qualcuno avendo gittato voce che il senatore Henderson fosse stato sedotto a votare in favore del Johnson, la Camera dei Rappresentanti autorizzò il Comitato d'accusa a fare inquisizione, per iscoprire le tracce e l'autore della seduzione; ed il presidente del Senato, sig. Wade, nominò una Commissione mista allo stesso effetto. Nulla fu scoperto che provasse il fatto, ma un tale che cadde in sospetto d' aver perciò dato denaro, stette poi a lungo in carcere e sotto processo.

Ognuno capì che il prorogarsi del Senato nella qualità di Corte di giustizia equivaleva ad un porre termine al processo, e dichiarare prosciolto per tutti i capi il Johnson. Allora lo Stanton, non trovando più modo di reggersi, mandò al Presidente la sua rinunzia alla carica di Segretario per la Guerra; ed il Johnson, che si mostrò sommamente cauto, tranquillo e riserbato durante il processo, con molta dignità sostituì un altro allo Stanton, e continuò a reggere la cosa pubblica come se nulla fosse accaduto.

19. Alla prudenza del Johnson va pure debitore, non che della libertà, della stessa vita quel Jefferson Davis che fu presidente degli Stati secessionisti. La ruvidezza con cui l'infelice fu trattato per più mesi nel duro carcere d'una casamatta, nel forte Monroe, persuase i radicali che poteano fidarsi del Johnson per la bramata vendetta. Ma a poco a poco gli animi sbollirono. Il processo al vinto emolo venne differito di sei in sei mesi, sotto ragioni o pretesti di definire la competenza dei giudici; poi gli fu consentita la libertà, sotto cauzione di forte somma di denaro di cui rendeansi mallevadori varii suoi amici; e se ne valse per rimettersi in sanità nel Canadà, dove dimorò buon tratto.

Saputo che già gli animi s'inchinavano ai più benigni sensi, il Jefferson Davis cedette all' amore di patria, e tornò a Richmond, dove il di postogli si presentò al Magistrato, cui era deferito il giudizio. Questo gli assegnò altro giorno, ma assai rimoto, per udire quella causa, la quale fu già più volte prorogata. Dovea decidersi il 14 Aprile di quest'anno 1868, c le recenti notizie recarono che fu differita al 24 Settembre. Ond'è chiaro che niuno più si briga di perseguitare quell' onorando vecchio, e che forse anche i suoi nemici rifuggono dal voler essere suoi giudici, e lasciano alla natura ed alla Provvidenza l'incarico di togliere loro il fastidio di doverlo o prosciogliere come innocente o punire come colpevole.

20. Alli 4 del prossimo passato Luglio il Johnson, con accorgimento politico non disgiunto forse dal suo interesse, atteso l'avvicinarsi delle elezioni pel nuovo Presidente, bandi una amnistia generale e senza condizioni per tutti i cittadini degli Stati meridionali, che eransi sollevati contro l'unione federale. Resta solo in vita il processo contro il Jefferson Davis. Niuno è che non vegga che il giorno della clemenza legale verrà anche pel Davis. Intanto tutti, anche quelli che furono Ministri, ufficiali militarí o civili della Confederazione onde fu posta a tanto rischio di rovina l'Unione, sono assolti e reintegrati nell' esercizio dei loro diritti civili e politici. E piaccia a Dio che ciò debba affrettare la ricostituzione di tutti gli Stati secessionisti, e farvi rifiorire con la pace le arti, il commercio, l'agricoltura ed il buon ordine. Ma se ne contenteranno i radicali?

L'INFALLIBILITÀ PONTIFICIA

E IL GALLICANISMO

Nel Corpo legislativo francese, tornata del 10 Luglio, il sig. Emilio Ollivier piangeva sul funesto cangiamento d'idee e di costumi operatosi nella Francia 1. Ognuno dei nostri lettori si penserà che ei deplorasse l'empietà, l' irreligione, il mal costume, che sotto l'egida d'ogni più sfrenata licenza crescono ogni giorno più ; ̧ma chi questo pensasse, s'ingannerebbe a partito. Il sig. Ollivier non è un bigotto, da impensierirsi di simili bagattelle. Egli è uomo che sulle ali del progresso si è levato all'altezza dei tempi, e sublime sorvola col suo sguardo le Alpi, e dal centro d'Italia, dalle basse maremme romane vede svilupparsi quell'influsso maligno, che tanto ha nociuto alla Francia, sino ad ucciderle in seno la più cara e preziosa sua creatura, la Chiesa gallicana 2! Figlia illegittima, è

1 Vedi Journal des Débats, 12 Juillet.

2 Chiesa gallicana non si prende qui nel senso buono, secondo il quale significa quella parte cotanto illustre e benemerita della Chiesa cattolica, che è in Francia; ma si prende in senso cattivo, in quanto cioè significa un partito ecclesiastico, che nelia Francia appoggiato al potere politico ha osteggiato la potestà e le prerogative della Chiesa romana e però della Chiesa cattolica, di cui la Chiesa romana è il capo ed il centro. Ecco c. me dell'origine di lei parla quel gran luminare della Chiesa inglese, l'Arcivescovo Manning. «Il Gallica nismo non è altro che un'opinione passeggiera e moderna, sorta in Francia senza niuna patente o radice nelle antiche scuole teologiche della gran Chiesa Serie VII, vol. III, fasc. 443. 22 Agosto 1868.

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vero, ma pur figlia di re: allevata in Corte, educata da' Ministri e da' Parlamenti, ella cresceva nobilmente alle speranze dei politici, che disegnavano fra essa e lo Stato un felice connubio. Ma dolci e belle speranze fallite! Avvelenata da un micidialissimo tossico, propinatole da quella vecchia gelosa di là da' monti, ammalò, cadde in consunzione, e finalmente cessò al tutto di vivere il giorno 8 Decembre 1854. Sono questi i lugubri pensieri, che fanno piangere a calde lagrime il sig. Emilio Ollivier. Ascoltate i pietosi accenti del suo dolore. « Dove è questa Chiesa gallicana? dove la nostra bella e « gloriosa Chiesa francese? dove que'preti, que'Vescovi animati « da un medesimo spirito, professanti opinioni conformi a quelle « dello Stato, e riuniti nella più mirabile armonia ?. . . Le vec«< chie massime sono abbandonate. . . L'opinione dell' infallibilità « del Papa solo, che dapprima era un' opinione libera, poscia pro«babile, ora è un' opinione certa; e s'è visto nella proclamazione « del dogma dell' immacolata Concezione. . . Da quel giorno l'in<< fallibilità del Papa solo è divenuta un'opinione certa. . . ed esiste <«< una immensa associazione, che io non chiamerò segreta ma mi«steriosa, la quale giura di difenderla usque ad effusionem sanguinis... In tali condizioni come concertarsi col Clero? Come <«< mandare ambasciatori al Concilio?» Povero sig. Emilio! L'altefrancese: una teologia di Corte, sviluppatasi in un modo non meno subitaneo che parentesco a quella dei trentanove articoli; asserita soltanto da pochi membri del numeroso Episcopato di Francia, e rigettata con isdegno da molti di loro; condannata successivamente da tre Pontefici; dichiarata erronea dalle Università di Lovanio e di Douai; ritrattata dai Vescovi di Francia; condannata dalla Spagna, dall'Ungheria e da altre contrade, e condannata di bel nuovo nella Bolla Auctorem fidei. A questo aggiungasi che il nome di Bossuet fu salvato dalla censura, per mera indulgenza, a cagione dei grandi servigi da lui resi alla Chiesa; e che si mişe anche seriamente in quistione se fosse lecito dar l'assoluzione a coloro che difendono gli articoli gallicani.» Il Centenario di S. Pietro ed il Concilio Ecumenico. Lettera Pastorale al Clero di Monsignor ENRICO EDUARDO MANNING, Arcivescovo di Westminster. Roma, coi tipi della Civiltà Cattolica 1867. Pag. 32.

L'illustre Prelato dimostra con irrepugnabili documenti tutte le sopraddette asserzioni. Noi raccomandiamo caldamente ai cattolici la lettura di questo suo incomparabile opuscolo.

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razione della fantasia e la turbazione della mente, che si manifestano in queste parole, sono indizio di assai grave cordoglio. Opinioni certe! Associazioni misteriose tra i cattolici! Un fior di liberale, quale è il sig. Emilio, piangere l'abbandono delle vecchie massime! Un padre della patria, come il sig. Ollivier, deplorare lo spargersi di dottrine, che egli stesso confessa certe e sicure! Sono questi chiari segni di uomo che farnetica per dolore.

Mossone a pietà un de' Ministri si è provato a consolarlo; e, dopo averlo assicurato che il gallicanismo, la Dio mercè, vive ancora, ha cercato di distruggere il fondamento, su cui reggevasi la contraria asserzione del sig. Ollivier. Ecco le sue parole: « Il signor Olli<< vier ci diceva che è un principio certo oggidì nella Chiesa cat«tolica l'infallibilità del Papa. E piuttosto il contrario che è vero; <«< il Papa solo, senza l'assistenza della Chiesa, non è infallibile. « L'anno scorso essendo i Vescovi riuniti a Roma, si tentò di far << riconoscere implicitamente l'infallibilità assoluta del Papa in un << indirizzo a Pio IX. Or bene quell' indirizzo non fu firmato dai no« stri Vescovi; l'indirizzo che fu adottato non contiene nulla sul<< l'infallibilità del Papa solo. »

Senonchè, non dalla tribuna delle Camere di Parigi può e deve discernersi qual sia la dottrina della Chiesa, ma sibbene dalla vetta del Vaticano e noi, che abbiamo la ventura di abitare su questo colle, possiamo assicurare chiunque ne abbia bisogno che l' infallibilità del Romano Pontefice è ora dottrina certa della cattolica Chiesa. Una prova di ciò, quanto semplice altrettanto chiara, è questa. Dei mille e più Vescovi, che presentemente governano la Chiesa cattolica, non v'è pur uno che insegni il contrario. Sfidiamo chi si sia a trovarlo: e quando trovato se ne abbia qualcuno, allora apparirà più che mai la verità della nostra affermazione; giacchè quell' infelice Pastore diventerebbe issofatto l'oggetto della riprovazione di tutti i suoi Fratelli e di tutti i Cattolici. Che se non può trovarsi un sol Vescovo, che insegni quella dottrina, noi senza niuna fatica in cercarli ne abbiamo trovati ben cinquecento, a cui poscia aderirono tutti gli altri, sparsi per l'Orbe, i quali professano ed insegnano la pontificia infallibilità. E se ci si chiede: chi sono? rispon

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