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za dei nomi gentili presi per nomi personali; alla quale opinione io mi opposi nel Bullettino Napolitano, dimostrandolo non dei soli Oschi, ma di tutti i popoli del gran ceppo sabino; nel che ebbi dipoi aderente il ch. Minervini, ed ora parmi vedere entrato nel parere medesimo il ch. Henzen (Annali 1855, p. 82). A detta dei grammatici antichi, vi ebbe dei nomi personali che furono usati in alcuni luoghi, come p. e. il Mamercus fra gli Oschi (Festo XII p. 130 ed. Müller), il Crepuscus e il Talus tra i Sabini (Varr. L. L. VI, 5-Festo s. v.); noi abbiamo appreso dai monumenti che in certe famiglie prevalsero alcuni nomi personali, come nella Sulpicia il nome Sergio, nella Postumia Spurio, non altrimenti che per testimonianza di Festo (p. 340) e di Servio (Aen. VI, 763), dai quali forse ha copiato Giovanni Lido, de Magistrat. I, 21, credesi che si denominassero Silvii gli antichi re di Alba Longa, e le donne della loro famiglia, qual' era Rea denominata Silvia. I padri davano l'e'лvμía o sia il nome personale ai loro figli e ci hanno insegnato i frammenti di Dionigi pubblicati dal Mai (Nova Coll. II. p. 541) che l'anno 514 fu fatta legge in Roma, colla quale si ordinava che il solo primogenito portasse l'eponimia paterna: Μόνῳ τῆς τοῦ πατρὸς ἐπωνυμίας τῷ πρεσβυτέρῳ τῶν παίδων μετέχειν Ῥωμαῖοι παρεκελεύσαντο. Servirà questa notizia per ricomporre in ordine i membri della famiglia Cominia che leggonsi in una lapida milanese edita dall' Apiano p. 29 (Grut. 775,1), la quale è ancor utile per l'esempio che ci dà del prenome Quartus, che credo non si possa rifiutare, quand' anche l'esempio da me arrecato nelle Cl. Mis. mon. p. 34 n. 26 non debba valere. Il ch. Henzen al n. 6223 dell' Orelli par mi non abbia trovato alcun altro esempio fuori della epigrafe edita dal Fabretti 24, 109 che nomina un

patro

Quartius Iunius Quart. f. ed una Quartia Terentia Secunda, che gli è fortemente sospetto. Ma io a confermare questo prenome, posta ora da parte la lapida di Miseno, che mi potè essere trascritta male, ne arrecherò di più certi. Tolgo il primo da un marmo lionese (Boissieu, Inscript. de Lyon p. 473) QVARTI VLPI PRIMITIVI, la cui liberta e moglie si chiama QVARTA SECVNDILLA dal prenome del no, come Marcia Aurelia Ceionia Demetriade che prende il nome certamente da un Marco Aurelio, e sarà forse l'Euodio. Sabiniano liberto degli Augusti nominato in una base compagna, e che le si associa pure al restauro delle terme. Cito queste epigrafi da una scheda del Bar. Van der Viver (cf. Orelli 7190). L'altro esempio me lo somministra la epigrafe predetta dell' Apiano:

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QVARTVS COMINIVS CF SIBI ET
TERTIAE PETRONIAE MF VXORI ET

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TERTIAE COMINIAE SORORI ET

AMPLIATO ET FELICI LIB

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È chiaro che il primogenito tra i fratelli sia colui che porta il prenome del padre, cioè C. Cominius C. f.; e poichè la sorella si dà il prenome di Tertia, deve indi dedursi che L. Cominius C. F. sia il secondogenito indi viene, come ho detto, Tertia Cominia e poscia il quarto tra i figli di Cominio, che perciò si appella conformemente all'antico costume Quartus Cominius C. F. È da notarsi che simili prenomi tolti dall' ordine dell' età passano talvolta a farla da prenomi di tutta una famiglia: così fra le patavine del Furlanetto (405, 535) si legge VALERIA TERTI F TERTIA.

Poichè ho recato esempj del prenome Quartus e Quarta, mi giovi notare il rarissimo Quinta, del quale un certissimo esempio ci viene dalla seguente epigrafe edita nel Bull. dell' Instit. 1844 p. 184 (cf. Or. 2734): QVINTAE NONIAE RVFAE ET NONIAE Q F QVINCTVLAE.

Ai servi parimente davasi dal lor padrone il nome, allora quando li compravano, e variamente, secondo che loro pareva; di che scrive Varrone nell' VIII de L. L. (c. 21, p. 174. ed. Müller): Tres cum emerint Ephesi singulos servos, nonnunquam alius declinat nomen ab eo, qui vendit, Artemidorus, atque Artemidorum, sive Artemam appellat; alius a regione, quod ibi emit ab Ionia, Iona (al. Ionam, Ionem); alius, quod Ephesi, Ephesium. È notabile che talvolta i servi prendono per loro nome personale il prenome del padrone aggiuntovi por: A CAE· CILIA LOLIPOR (Bold. Oss. p. 449), ove Cecilio chiamasi liberto di Aulo, il qual distintivo viene ancora compreso nel nome servile OLIPOR portato da lui prima, e ritenuto dopo la manomissione. I grammatici riferiscono altri nomi composti dal personale del padrone, e sono stati veduti sulle lapidi Publipor già notato dal Vossio Etym. s. v. puer (I. N. 5149): P· RVBRIO LATINO

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Quintipor in Festo s. v. Quintipor servile nomen frequens apud antiquos erat a praenomine domini ductum, ut Marcipor, Gripor (leggasi Gaipor), Lucipor. Era generale il costume di dare il primo luogo al nome personale, il quale per tal ragione si disse prenome. I servi cambiavano talvolta il loro nome personale quando erano manomessi, ma generalmente lo ritene

vano ponendolo nel luogo del cognome. I loro figli che si equiparavano nel dritto romano agli ingenui cittadini, omesso talvolta il nome loro personale, vi ponevano invece i segni della cittadinanza citando il padre, e la tribù a cui erano ascritti: di che abbiamo un esempio nel figlio di Manio Avonio Menandro di questo titolo pubblicato dal Fabretti 241, 645 e dal 645 e dal Volpi, Lat. V, 125, e da me trascritto recentemente in Genzano nel palazzo Cesarini, secondo la qual mia lettura dice :

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IN FRO

Non parve adunque necessario al nuovo cittadino aggiungersi un cognome. Quindi si spiega il buon numero di esempj che se ne hanno, specialmente del primo secolo dell' impero, in persone ingenue o libertine, cioè nate da liberti. Rarissimo è il caso che le serve manomesse si aggiungano alla maniera dei liberti l'eponimo del patrono, siccome si vede in questi esempj: SER CORNELIAE SER L SABINAE, Or. 6241; Q VAARIA CC L・ PAAPILA, Le Blant, Inser. chrét. de la Gaule p. 176, 8; LVCIA VITELLIA L VITELLI MATERNI, Or. 6240. Ma generalmente il nome loro personale secondo l'uso delle donne libere ai tempi della repubblica si pone in primo luogo segue dipoi il nome gentilizio; indi le donne libere sogliono appellare il prenome del padre, le liberte quel

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e

lo del patrono. Diamo qualche esempio dell' uno dell' altro: TAMPILA· ANAIA IL, I. N. 5587; EVCLESIS. CESTIA Q L, Ann. 1855; TERTIA · SAPIENA L, I. N. 5820; ACVMIS VOLVSIA Q⚫ L, ib. 4914; QVARTA SENENIA CL, Or..6237; TERTVLLA LAEVICA REGILLAE LIB (il Furlanetto Lap. Patav. p. 426, legge Ternila? Laevica Regiliae Lib.); MINO ORCEVIA M F; MAXVMA SADRIA · · S.F, Ann. 1855; VIBIA · TETIDIA· L · F, Or. 6238; RVTILA BRVTSENA C F, I. N. 6201 - Altre tact ciono l'appellazione paterna, così: MARIA SELICIA, Ann. 1855; CA MANIA in Falerj; CAVIA CAESIDIA, I.N. 5820; TITIA VETTIA in Todi; MIN TVTIA Anni 1855; PAVLLA SALVIA, Bull. Nap. I tav. XII, 36; POLA APONIA, I. N. 5733; MAIO FABRICIA, Ann. 1855; DINDIA · MACOLNIA, Or. 2497. Tal altre omettono l'appellativo del patrono, come per esempio: DANAIS AVFIDIA in Corfinio ove le due recate a p. 233, GRAECA VATRONIA, Ann. 1855; POMPILA OPPIA, memorata nel cronico di Eusebio, 167; ma Dionigi VI, 89, 90 la chiama Opimia Oppia, Orosio, II, 16 invece Popilia Oppia; PHILOMIINA SATRIA citata qui sopra.

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Altre tengono una maniera diversa, ponendo dopo il loro nome personale l'appellativo del padre o del patrono, ovvero dopo il loro nome gentile. Tiene il primo modo VIINER LL SIIIA, il patrono della quale si chiama L. SIIIVS PILIIRO in un marmo del Kircheriano; si attengono al secondo VALGIA AL. TRVPHERA in vigna Berardi; CARANIA · C · L · PILVMINA, 1. N. 3783. Altre dopo il gentile ed il loro personale rigettano il nome, ovvero il cognome del patrono: VEDIA PILOTERA Q VEDI L V. (liberta uxor), I. N. 5893; TERTVLLA ALBIA: PAMHILI • L, I. N. 5802, così reca il monumento da me trascritto e non Pamphili.

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