Immagini della pagina
PDF
ePub

anteponat si debba riferire piuttosto al costume, che ha tanti esempj, quanti sono i cavi destinati a due persone, d'introdurre nel loculo il secondo cadavere, che vi doveva aver luogo. Onde si vieta senza permesso dei Levii che oltre a Vecilio e Polia, oltre a Vecilio e Plenese alcun altro morto in quei due loculi sia sepolto. Così anche ha opinato il ch. Henzen; e poi il fatto lo dimostra. Perocchè rimangono evidenti le tracce della prima scrittura dipinta sulla calce che chiudeva gl'intervalli dei tegoli: sui quali poi fu necessario rifare le lettere, quando si ricomposero e di nuova calce le giunture si stuccarono, dopo avere introdotto nel loculo il secondo cadavere. R. GARRUCCI.

OSSERVAZIONI NUMISMATICHE

spettanti al Manuale d'Archeologia dell'Arti di C. O. Müller.

Quest'opera, piccola di mole, ma grande di merito, sempre mi parve sì bene ideata ed eseguita che tornerebbe forse assai difficile trovarne altra di tal genere che star le potesse del pari e reggere al confronto. Il merito singolare di essa ne viene attestato anche dalle tre edizioni fattene dall'autore, e dall'altra che ne diede, con giunte copiose ed importanti, il dottissimo Welcker. Il dotto e giudizioso Müller (come lo appellava l'esimio suo maestro Boeckh) incorse nonpertanto talora in alcuna di quelle inesattezze, quas aut incuria fudit, aut humana parum natura cavit, segnatamente per non avere avuto notizia degli studj fatti dal ch. Borghesi e da altri archeologi, specialmente italiani, sopra le antiche monete consolari ed imperiali. Per la qual cosa mi parve mettesse a bene avvertire alcune inesattezze del Manuale del Müller, che si riferiscono alle ridette due serie numismatiche, per le quali ebbi sempre

una speciale predilezione; e ciò eziandio all'intento che que' pochi e leggieri nei scomparir potessero dal corpo di quella bell'opera in una novella edizione che non può tardar molto a farsene nella studiosa e dotta Germania.

» Le più antiche monete consolari e di famiglie, scrive Müller, pel decorso di un secolo all'incirca mostrano un' arte imperfetta e rude. Le impronte sono poco rilevate, rozze le figure, e la testa di Roma non bella. L'età buona dell'arte non viene che dopo l'anno 700. Noi possediamo dei denarii di quest'epoca che gareggiano colle monete di Pirro e di Agatocle per riguardo alla finezza del lavoro ed alla bellezza del disegno, quantunque naturalmente non vi si possa cercare lo stile grandioso delle più antiche monete della Grecia. Così, ad esempio, ne'denarii di L. Manlio col trionfo di Silla si osserva tuttora una esecuzione assai mediocre. Il denario di A. Plautio con BACCHIVS IVDAEVS, dell'epoca della guerra asiatica di Pompeio, è assai migliore. Il denario di Nerio del 705, con la testa di Giove (dovea dire di Saturno), è di un lavoro eccellente; e quello di Cornuficio con Giove Ammone e con Giunone Sospita non è men bello. Può altresì ricordarsi il denario di Sesto Pompeio colla testa del padre nel ritto e co' fratelli catanesi nel riverso, e l'altro col Nettuno dominatore de'mari; sebbene lo stile di questo ultimo esente non sia da qualche secchezza. Quello poi di Lentulo Cosso, posteriore al 729, coll'effigie sì gentile di Augusto, e con quella di Agrippa sì dignitosa, gli è veramente di una bellezza esimia » (Handbuch §. 184, 196).

Gli è vero che le prime impronte delle più antiche monete consolari e di famiglie riescono piatte, quasi come nelle monete osche di Capua, di Atella e d'altre città della Campania, donde i Romani pare avessero i primi artefici e ritraessero quasi tutti i tipi vetusti; ma pure nelle collezioni un po' ricche lo studioso si avviene in alquanti denarii consolari e di famiglie, p. e. in alcuni della Titinia, dell'anno 553 all'incirca, aventi la testa del ritto di un bel rilievo e di profilo regolare ed elegante. Ne' denarii più vetusti di famiglie, tranne alcuni pochi (quelli ad esempio dell' Horatia e della Sempronia col semplice GR) con la testa feminile di fattezze ordinarie e come individuali, questa mantiene un profilo regolare e talora avvenente fin verso la fine del sesto secolo. In sul principio poi del setti

mo, e fors'anche verso la fine del precedente, la medesima testa feminile del ritto prende un profilo allungato e fattezze grossolane, ma esprimenti robustezza quasi virile ; sì che dir si potrebbe che gli artefici di que' giorni ritraessero cotali forme dai volti delle donne romane. Verso i tempi di Mario e di Silla cominciano a comparire in sui nummi teste sì virili come feminili assai belle. Il busto di Cupido nel denario dell'Egnatia, impresso tra gli anni 673 e 682, parmi molto bello e grazioso; e vie più belle sono le teste della Sibilla, di Emilia vestale e di una Dea marina vista di schiena, che ornano il ritto de' denarii di L. Manlio Torquato, di M. Emilio Lepido e di Q. Crepereio Roco; senza dire d'altre monete parimente impresse in Roma venendo dall'anno 680 fin verso il principio della guerra civile tra Cesare e Pompeio. In appresso le monete impresse da Pompeiani, e da altri magistrati fuor di Roma, talora appalesano la mano dell'artefice greco, ma per lo più mostrano un lavoro affrettato e trascurato, del pari che la più parte di quelle che furono improntate in Roma sotto la dittatura di Giulio Cesare ed il susseguente triunvirato (Cavedoni, Ragg. de' ripostigli p. 180-182).

>> Nelle monete imperiali della gente Giulia e della Flavia (prosegue il Müller), segnatamente in quelle di bronzo impresse per ordine del senato, l'arte si colloca e si mantiene nello stesso auge; le teste sono tutte piene di vita, ideate con pari carattere e nobiltà; i riversi più di rado, ma pure qualche volta, specialmente ne' bronzi di Nerone, di una esecuzione perfetta» (Handb. §. 201).

Riguardo a quelle di Augusto vuolsi aggiungere la seguente avvertenza dell'Eckhel (VI. p. 88. coll. p. 81), ove parla degli anni 719-726: notandum denarios huius periodi tam perfecti esse operis, et elegantiae vere Graecae, ut omnes huius principis nummos, qui seu ante seu post signati sunt, hoc merito longe superent. E rispetto a'denarii de' Flavii notevoli sono per l'eleganza e finezza del lavoro alcuni di essi che pare venissero impressi in Efeso in sui primordii dell'impero di Vespasiano (v. Annali arch. t. XXV. p.9).

Dopo l'età degli Antonini, a detto del Müller, degenerando vie più di di iu dì l'arte, in sulle monete, che a questo riguardo ne porgono la più sicura guida, le teste veggonsi impiccolite per lasciare spazio maggiore alla figura ed agli ornamenti accessorii che l'accompagnano. Tali sono le

monete di Gordiano Pio, di Gallieno, di Probo, di Caro di Carino, di Massimiano » (Handb. §, 207, 2).

Sebbene questa osservazione sia in genere giusta, pure va soggetta a qualche notevole eccezione in particolare, segnatamente riguardo alle monete di Postumo e di Aureliano. A detto dell' Eckhel (VII. p. 445), insignes in suo comitatu monetarios habuisse Postumum, probant eius nummi aurei, quorum complures ea arte elaborati sunt, quam neque altius imperatorum aevum fastidiret. Hac inferiores sunt argentei et aenei. E con tutta la reverenza dovuta al sommo nummografo viennese, non posso non avvertire di avere osservata la stessa eccellenza dell'arte anche in alcune medaglie di primo bronzo del medesimo Postumo. Parimente di lavoro esimio mi parve un secondo bronzo di Aureliano col seguente riverso (cf. Eckhel. VII. p. 483):

SOL. DOM. IMP. ROMANI, Testa radiata del Sole, di prospetto; e sott'esso i quattro suoi cavalli che emergono fuori dell'onde del mare.

Ora, dopo avere proposte queste poche avvertenze riguardanti in genere la condizione dell'arte antica, che si rileva dal riscontro delle monete romane, mi giovi soggiungerne alcune altre che riguardano in particolare le monete si consolari come imperiali, attenendomi per le prime al solito ordine alfabetico de' nomi delle famiglie, e per l'altre all'ordine cronologico.

Accoleia.

Nel riverso de' denarii di P. Accoleio Lariscolo, impressi circa l'anno 711, il Müller (Handb. §. 400, 1) ravvisa, con la comune degli archeologi, le Heliades, sorelle di Fetonte, converse in pioppi; ma il ch. Borghesi (Decad. VII, oss. 10) ebbe comprovato, che quelle tre figure feminili stanti presso un luco, due delle quali hanno un braccio disteso in atto di tenere l'una un fiore e l'altra un arco, non ponno altrimenti tenersi per le sorelle di Fetonte converse in pioppi o larici, e sono anzi tre Ninfe, probabilmente quelle che appellavansi querquetulane. L'arco di certo bene si addice a Ninfe seguaci di Diana (cf. Visconti, mon. Borghes. p. 140, 205 ed. Mil.)

Aemilia.

Il Müller (Handb. §. 188, 3) ricorda fra gl'insigni edificii di Roma la magnifica Basilica di Paulo Emilio console nel 702; e potea pure accennare l'insigne denario di

M. Lepido col tipo dell'AIMILIA REFecta, e tutt'insieme quello di Fonteio colla Villa publica.

Caecilia Licinia.

Il Müller (§. 405, 1) fra le imagini antiche delle città ricorda » Alexandrea con spighe, caduceo e prora di nave in monete della gente Caecilia ». Ma quella testa feminile turrita non può altrimenti dirsi di Alessandria d'Egitto, poichè quelle monete furono impresse da' Pompeiani in Africa; e vuolsi anzi tenere per testa di Utica o di Adrumeto (v. Bullett. arch. 1843 p. 9-10). La testa di ALEXANDREA trovasi invece rappresentata ne' denarii di M. Emilio Lepido, coronata parimente di torri e ricinta di largo diadema, come città regale.

Caesia.

Non so come il ch. Müller (§. 405, 7) potesse restare in forse, se le due figure giovanili vestite dalla cintola in giù, e sedenti, con cane di mezzo a loro, siano Penati, o Lari; poichè da lato ad esse è scritto LARES, e di più sono per appunto vestite cinctu Gabino conforme al detto dello scoliaste di Persio da lui citato (ad Sat. V. 31).

Cornelia.

Nel riverso de' copiosi denarii di Cn. Cornelio Blasione il Müller (§. 384, 6) ravvisa Bacco armato di un fascetto di frecce in atto d'essere incoronato da Pallade; ma il ch. Borghesi (Dec. II. oss. 8) ha ad evidenza comprovato, che in quel riverso sono rappresentate le tre deità capitoline Giove cioè stante di mezzo a Giunone e a Pallade in atto d'essere incoronato da questa; e che il preteso fascetto di frecce altro non è che un fulmine trisulco. Un simile Giove imberbe ricorre in uno specchio etrusco (Gerhard, taf. LXXIV); di che lice arguire, che le prische deità capitoline fossero opera d'artefice etrusco. Ancora vuolsi rimutare il cognome Blasius, dato dal Müller a quel monetiere, in BLAŠIO, come leggesi ne'ridetti insigni denarii. Dico insigni, anche a riguardo del ritratto del maggiore Scipione Africano, che portano impresso nel ritto, e che mostra provenire dalle forme di una maschera di gesso o di cera impressa sul volto del defunto (cf. Müller §. 421).

Cornuficia.

Il tipo del riverso delle monete di Q. Cornuficio augure trovasi così spiegato per incidente dal Müller (Handb. §. 196, 4): Giunone Sospita ha inviato a Cornuficio con

« IndietroContinua »