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o di salici; e la sposa, oltre di collana, armille, orecchini e stefane, è munita del velo nuziale; e, come si vede da tutto l'atteggiamento della figura, segue lo sposo senza ripugnanza. Pur qui Ecate con due faci accese precede il carro a veloci passi; e le sono date non solamente le solite fascie incrocicchiate sul petto, ma anche gli alti calzari e l'abito succinto. Seguono poi dietro al carro come nell' altro dipinto, Cerere ed Amore; e quest' ultimo anche qui tiene una patera ed una corona nelle mani, mentre nemmeno a Cerere manca la face d'identica forma, se non che è fregiata d'un filo di perle. La dea porta inoltre collana ed armille, orecchini, una benda attorno alla fronte, una lunga sottoveste ed ha l'occipite coperto d'un velo. Finalmente nemmeno qui mancano le rosette a guisa di stelle. Nondimeno sembra che l'artista abbia voluto additarci un momento alquanto anteriore. Cerere non ha ancora arrestato i suoi passi, mà segue frettolosamente il carro nel celere suo movimento; e' Core non si rivolge ancora verso la madre per prender congedo. Il corteggio adunque non è ancor giunto a quel punto, ove il carro deve scendere nell' interno della terra e Cerere dovrà separarsi dalla figlia. La differenza essen ziale tra i due dipinti però consiste nella figura del giovane assiso innanzi al carro sopra una roccia, nel quale invece di Mercurio dovremo riconoscere Apolline: ne fanno fede i capelli arricciati coronati d' alloro, la patera ed il ramoscello d' alloro nelle mani, come anche il ricco soprabito che lascia libero il corpo superiore. E noto che Apolline, una delle divinità protettrici delle mandre e dei pascoli 1, in molti luoghi fu venerato in

1 Preller Griech. Myth. 1, p. 168. Appartiene qui anche l'Apolline "Epos, il cui culto nell' Attica ho addimostrato ne' miei Tit. Graec. part. IV, p. 8.

sieme con Cerere e Core. Così nell' Attica, sull'altura del Parnes alla via sacra che da Atene conduceva ad Eleusi, nel sacrario, al cui posto ora trovansi le rovine del convento di Daphni ', a Megalopoli, nel luco Carneasio 3, in un luco consacrato a Cerere vicino a Patrae, a Lebadeia, come dappertutto ove si era dilatato il culto delle divinità triopee . E non potendo esser dubbio che quest'ultimo culto fosse trapiantato nella Sicilia 7 e nella terra ferma dell'Italia eziandio, siamo autorizzati di attribuirlo all'influenza di questo culto, se incontriamo Apolline non solamente in questo dipinto, ma ancora in due altri provenienti dalla Magna Grecia, che raffigurano la missione di Trittolemo9.

Idee molto analoghe prevalgono nel culto trapiantato dall' Asia in Grecia di Adone. Sono notissime le feste celebrate in onor suo, il mito della violenta sua inorte ed i numerosi monumenti riferibili a questa. Meno noto è il mito sulla disputa, che immediatamente dopo la nascita di Adone nacque tra Venere e Proserpina intorno al possesso del bello bambino e

▲ Paus. I, 37, 6. Stephani Reise im nördl. Griech. p. 80.
2 Paus. VIII, 31, 3. 5. 7.

Paus. IV, 33, 5. Sauppe Mysterieninschrift aus Andania p. 12. 17. 23.

4 Paus. VII, 21, 11.

Paus. IX, 39, 4. 5.

6 Preller Griech. Myth. I, p. 164.

7 Boeckh Pindar II, p. 314.

8 Corp. inscr. gr. n. 6280.

9 Ambedue trovansi nel Museo di Napoli; l'uno è descritto da Gerhard Neap. ant. Bildw. p. 285; Aus. Vas. I, p. 218 e Minervini Bull. Nap. I, p. 53; l'altro da Minervini Bull. Nap. N. S. II, p. 97.

che fu composta da Giove. Apollodoro attingendo da Paniasi racconta cosi : ̓́Αδωνιν, ὃν ̓Αφροδίτη διὰ κάλλος ἔτι νήπιον κρύφα θεῶν εἰς λάρνακα κρύψασα Περσεφόνη παρίστατο· ἐκείνη δὲ ὡς ἐθεάσατο, οὐκ ἀπεδίδου. κρίσεως δὲ ἐπὶ Διὸς γενομένης εἰς μοίρας διηρέθη ὁ ἐνιαν τός, καὶ μίαν μὲν παρ ἑαυτῷ μένειν τὸν ̓́Αδωνιν, μίαν δὲ παρὰ Περσοφόνῃ προςέταξε, τὴν δὲ ἑτέραν παρὰ ̓Αφρο δίτη· ὁ δὲ ̓́Αδωνις ταύτη προςέμεινε καὶ τὴν ἰδίαν μοῖραν. ὕστερον δὲ θηρεύων ̓́Αδωνις ὑπὸ συὸς πληγεὶς ἀπέθανε. Dello stesso mito fa menzione anche Igino aggiungendo di più una particolarità di non lieve interesse: Nonnulli etiam dixerunt, Venerem cum Proserpina ad iudicium Iovis venisse, cui earum Adonin concederet, quibus Calliopen ab Iove datam iudicem, quae Musa Orphei est mater. Itaque iudicasse, ut dimidiam partem anni earum unaquaeque possideret. E chiaro che allo stesso mito allude Bione facendo dire da Venere:

λάμβανε, Περσεφόνα, τὸν ἐμὸν πόσιν. ἐστὶ γὰρ αὐτά πολλὸν ἐμεῦ κρέσσων, τὸ δὲ πᾶν καλὸν ἐς σὲ καταρρεῖ, e 4:

οὐ μὴν οὐκ ἐθέλει, Κώρα δέ νιν οὐκ ἀπολύει.

E certamente quella stessa relazione con Proserpina ha contribuito essenzialmente a fare che in epoche posteriori Adone senz'altro sia stato identificato con Dioniso 5.

Poco tempo fa non si conosceva ancora nessuna

4 Biblioth. III, 14, 4.

2 Astron. II, 7.

8 Idyll. I, 54 sg.

▲ Idyll. I, 96.

5 Plut. Quaest. conviv. IV, 5, 3: τὸν δ'Αδωνιν οὐχ ἕτερον, αλλα Διόνυσον εἶναι νομίζουσι· καὶ πολλὰ τῶν τελουμένων ἑκατέρῳ περὶ τὰς ἑορτὰς βεβαιοῖ τὸν λόγον.

rappresentanza di questo mito nei monumenti dell'arte o almeno non se n'era ancor data la giusta spiega→→ zione. Brunn è stato il primo a riconoscere questo mito in uno specchio da lui pubblicato 1, nè le iscrizioni aggiunte lasciano il minimo dubbio, esser quivi rappresentato il mito in istretta corrispondenza col racconto di Apollodoro. Alquanto più tardi il sig. cav. Filippo Gargallo-Grimaldi 2 ha pubblicato un della collezione Santangelo, e riconosciuto giustamente, esser rappresentato nell' ordine superiore delle figure lo stesso mito, sebbene con alcune variazioni 3. Nel centro di tutto il dipinto vediamo Adone morto figurato sotto le sembianze di uno che dorme sdrajato sopra un materasso molle e riccamente adornato, il quale è steso sopra fogliami. Un Amore si accosta in fretta con una patera per lavare ed ungere il bel cadavere. Dalla parte della testa stanno due donne: quella più vicina col ramoscello di mirto in mano senza dubbio sarà Proserpina, nel cui possesso ora cede il giovane, l'altra Afrodite, alla quale Adone vien rapito . A piè del letto in un atteggiamento molto commosso scorgiamo Diana chiaramente distinta pe' suoi attributi, e ciò per la ragione, che all'ira di questa dea fu at

1 Ann. d. Inst. 1858, p. 383. Mon. VI, t. 24.

2 Bull. Nap. N. S. VII, p. 105; t. 9.

8 Una breve descrizione di questo dipinto già prima avea dato il sig. de Witte negli Ann. d. Inst. 1845, p. 409, senza intender però bene il significato d'una parte delle figure.

↳ Bion. Idyll. I, 69-71:

ἔστ' ἀγαθὰ στιβάς, ἔστιν ̓Αδώνιδι φυλλὰς ἑτοίμα·
λέκτρον ἔχει, Κυθέρεια, τὸ σόν· σὺ δὲ νεκρός, Αδώνε

καὶ νέκυς ὢν καλός ἐσσι, καλὸς νέκυς, οἷα καθεύδων.

Ib. I, 79.

κέκλιται ἁβρὸς "Αδωνις· ἐν εἴμασι πορφυρέοισιν·

5 Il sig. Gargallo pensa a Cerere e Proserpina, ma è impossibile che in questa scena manchi affatto Venere.

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tribuita la morte del bel giovane 1. Nell' ordine inferiore sono figurate sei donne, nelle quali il sig. Gargallo giustamente ha riconosciuto le Muse, le Grazie e le Oreadi menzionate da Dione 2. Il suonare una di queste donne la lira, apertamente ha una stretta relazione coll' uso di questo istrumento nelle feste celebrate in onore di Adone 3. Nell' ordine superiore, che rappresenta la disputa delle due dee, il centro viene oc cupato da Giove assiso sul suo trono. Il bel putto qui non è rinchiuso nell' arca, come nello specchio sopra menzionato, ma sta accanto a Giove ed abbraccia con ambedue le mani lo scettro di lui. La donna munita di modio e velo, che sta dietro al putto, è Proserpina, non Cerere, come fu supposto dal sig. Gargallo ; l'istrumento però, che tiene nelle mani, non oso diffinirlo, non parendomi che abbia grande rassomiglianza con una face, per la quale fu spiegato dal lodato dotto. Dietro alla dea siede il solito suo compagno Mercurio. Dall'altra parte del dipinto all' incontro troviamo Ve nere, che abbracciando Amore coll' un braccio, sta genuflessa implorando colla destra alzata da Giove che le renda l'amato fanciullo. Finalmente sopra a lei siede non, come crede il sig. Gargallo, Proserpina, ma la Musa Calliope nominata arbitra da Giove secondo la versione del mito conservataci da Igino. È distinta qui per il flauto, essendo noto che quest' istrumento per le feste di Adone avea un'importanza non minore del

4 Apollod. III, 14, 4: ̓́Αδωνις δὲ ἔτι παῖς ὢν ̓Αρτέμιδος χόλῳ πληγείς èv Jópurç úño' avós árédavey. Presso Euripide Hipp. 1420 Diana dice di Venere:

ἐγὼ γὰρ αὐτῆς ἄλλον ἐξ ἐμῆς χερὸς
ὃς ἂν μάλα φίλτατος κυρῇ βροτῶν
τόξοις αφύκτοις τοῖςδε τιμωρήσομαι·

2 Idyll. I, 19. 91. 94.

s Preller Gr. Myth. I, p. 220.

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