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Sed rursum redeamus in atria, conspice rursum Impositas longis duplicato tegmine cellas Porticibus, metanda bonis habitacula digne Quos huc ad sancti iustum Felicis honorem Duxerit orandi studium non cura bibendi etc. Dietro i portici laterali erano pure le abitazioni de'sacri ministri addetti al servizio del tempio. Dallo stesso s. Paolino Natalis X. 618 ricavasi che i portici dell' atrio facevansi ampj da potervi passeggiare, e fralle colonne che ne reggevano il tetto ponevansi plutei o parapetti da potervi riposare, e godere dell' effetto de' getti, e del mormorio de' fonti dell'area. Come dinanzi la porta che dal vestibolo introduceva nell'atrio era la stazione dei пpoonλarovtav, o lugenti, così nel lato dell'atrio aderente alla fronte della chies a propriamente detta, o per dir meglio innanzi le porte dell'aula stavano i pagani, gli eretici, i catecumeni, gli energumeni, e la seconda classe de' penitenti detta degli axposu o ascoltanti, conservando fra loro una precedenza, secondo l'ordine con che gli ho citati, e ben separati. Di tal precedenza ben ragionò l'Allacci nel trattato sopraccitato del nartece. Ed è questo luogo, che da molti scrittori di materie ecclesiastiche particolarmente dicesi il nartece per eccellenza, che però secondo quello che si è indicato di sopra, piuttosto chiamar dovrebbesi il secondo nartece. E qui conviene osservare che Allacci contro l'autorità de' canoni disciplinari, i testi de santi padri, e l'autorità degli scrittori ecclesiastici più accreditati, studiandosi di provare che i catecumeni, gli energumeni, e gli acroomeni stavano durante la prima parte del servizio nella chiesa propriamente detta, ridusse l'uso del secondo nartece solo per la ultima e più santa parte de' misteri per le classi indicate, adducendo in suo favore un canone di s. Gregorio Tau

maturgo, nel quale si dice che l'Acroasi o classe de' penitenti ascoltanti, rimanga dentro la porta nel nartece, finchè vi stanno i catecumeni e quindi esca, poichè colui che ascolta le scritture e l'istruzione si mandi fuori e non sia degno della orazione: H'expozoIS ενδοθι της πύλης εν τῳ ναρθηκε ενθα έσταναι χρη τον ημαρτηκοτα έως των κατηχουμένων· και εντευθεν εξερχε σθαι. Ακουων γαρ, φησι, των γραφών και της διδασκαλίας εκβαλλέσθω, και μη αξιούσθω προσευχης. Mi sono dapprincipio ben protestato di non dilungarmi in questioni, na qui d'uopo è che per poco tocchi questa, poichè si tratta di aggiungere una parte alla chiesa della quale in niuno degli antichi templi cristiani di Roma resta traccia apparente. Il passo citato di s. Gregorio Taumaturgo è il più favorevole ad Allaoci per provare che le classi diverse del secondo nartece avessero per qualche tempo del servizio divino luogo dentro la chiesa egli aggiunge di più che stando fuori dell'aula nulla si può udire di ciò che leggesi e si predica in essa. Questa ragione però quanto è vera per le chiese de' giorni nostri, ne'quali disgraziatamente non v'ha spazio che separi il luogo sagro dal profano, onde que' che stan fuori, dallo strepito esterno distratti, poco o nulla intender potrebbero di ciò che dentro si dice, altrettanto insufficiente ritrovasi riconducendosi ai tempi felici del cristianesimo, quando ordinariamente l'aula interna delle chiese men vasta delle odierne, se ne eccettuiamo alcune poche, meno da immani e mostruosi pilastri divisa, lasciava luogo ad intendere la voce di chi dall' ambone gli evangelii e le sante scritture leggeva: e l'atrio essendo separato dal vestibolo dal suolo profano, nulla opponevasi al raccoglimento interno. D'altronde quest' unico passo men ripugnante agli altri si trova, quando riflettiamo che per porta della

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chiesa intendevasi non solo quella che dall'aula metteva nell'atrio, ma ancora quella che la prima incontravasi e che dal vestibolo introduceva nell'atrio, così che potè dire s. Gregorio che que' che restavano fino ad un dato punto del servizio nell'Acroasi, o secondo nartece uscir dovessero dalla porta, che come quella della chiesa prendevasi, per la quale dal vestibolo si passa nell'atrio: ed infatti nelle case private, le cui parti abbiamo fin qui trovate analoghe a quelle delle chiese primitive, sotto il nome di porta intendevasi quella che immediatamente dopo il vestibolo fra questo e l'atrio incontravasi. E ne vogliamo quanto alla chiesa una prova maggiore? Zonara commentando il secondo canone del primo concilio niceno mostra che il nartece dell' Acroasi stava έξω της εκκλησίας fuor della chiesa. Ma basti ormai di trattare una questione che sebbene dir non si possa affatto estranea al nostro argomento, piuttosto appartiene alla ecclesiastica disciplina che alle parti delle chiese antiche. Intanto potrà giustamente richiedersi dove fosse il secondo nartece, o se così piace chiamarlo il nartece propriamente detto. Da ciò che fin dapprincipio di questo paragrafo esposi fu nel lato dell'atrio che precedeva immediatamente la chiesa, Mamachi suppose che fra il portico dell'atrio verso la chiesa, e l'aula o la chiesa propriamente detta, esistesse una specie di corridore a cui dà il nome di nartece; ma di questo corridore o nartece non riman traccia in alcuna delle più antiche chiese di Roma, e solo può in s. Sofia di Costantinopoli sospettarsi, chiesa già di origine troppo recente per chi cerca la forma delle più antiche.

Dall'atrio per tre o cinque porte, secondo le navi, nelle quali era divisa la chiesa, entravasi nell'aula della basilica: di queste porte quella di mezzo era più ampia delle altre, come più larga era la nave in che metP. I.

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teva. Oltre queste porte di fronte due ve n'erano laterali, le quali communicavano direttamente colla via publica, e colle fabbriche attinenti alla chiesa. Si le une che le altre erano custodite dai suddiaconi, i quali vegliavano perchè ciascuno occupasse il posto che convenivagli ed osservasse la modestia ed il raccoglimento dovuto alle sacre funzioni, siccome ricavasi da Balsamone, e da altri padri riferiti da Allacci de Narth. Vet. Eccl. Durante il servizio venivano chiuse da veli p. 89 secondo s. Girolamo Epist. III. de Morte Nepotiani e s. Paolino Nat. III, o cortine. Delle tre parti costituenti l'interno di una chiesa, la prima o quella occupata dal volgo de' fedeli Navis dicevasi per la somiglianza che avea ad una corsia di nave, la quale poi alludeva alla chiesa morale paragonata ad una nave nelle scritture, e ne' padri. Da molte delle antiche chiese ancora esistenti, quantunque dai successivi ristauri nella forma loro primiera alterate, risulta che erano esse in tre o cinque navate divise, o da colonne, o da pilastri: molti esempii abbiamo di chiese, la cui aula era divisa da colonne in più navi; quella de' santi Vincenzo ed Anastasio alle Acque Salvie lo era da pilastri come ancora si vede. Come le basiliche civili imitate nella pianta dai Cristiani per le loro chiese, erano secondo Vitruvio de Archit. lib. V. cap. I. a due piani di portici, e le prove di fatto ne restano nella basilica di Pompei: Gell Pompeiana pag. 210 pl. XLIII. così pure molte delle più antiche cristiane erano, ed un esempio cen rimane intatto in s. Agnese fuor delle mura, chiesa che quantunque sia stata più volte ristaurata, è però in questa parte tal quale fu costrutta a' tempi di Costantino un altro esempio ma non così conservato lo. abbiamo in s. Lorenzo nel campo Verano, in quella parte che originalmente di nave, ma che oggi serve di

presbiterio alla chiesa : ivi però mancano le volte, 0 i lacunari di suddivisione, e non rimangono se non i due ordini di colonne. Da un tratto della vita di s. Basilio e da un'altro della vita di s. Giovanni Crisostomo si rileva, che almeno presso i Greci questi portici superiori erano destinati alle donne, come pure nelle basiliche profane secondo Plinio il giovane Epist. lib. VI. ep. XXXIII. stavano le donne ad udire i giudizj da' portici superiori. Non così chiaro però è per le chiese di rito latino l'uso esclusivo di questi portici superiori per le donne, e molte certamente come s. Clemente non li ebbero mai. La navata di mezzo più ampia delle altre serviva principalmente per la processione che precedeva e seguiva la celebrazione de' divini misteri. Ivi pur rimanevano que' peccatori che percorrevano l'ultimo periodo di lor penitenza, il quale secondo ciò che fu di sopra notato dicevasi votacis dallo stare essi ritti in piedi come tutti gli altri fedeli, mentre celebravausi i divini misteri, e mentre pregavano; uso che derivava non solo dalla memoria dell'esser risorti insieme con Gesù Cristo, ma ancora per mostrare lo stato di aspettazione del secolo futuro secondo quello che in s. Basilio Ad Amfilochio ed in Balsamone Scolj sullo stesso si legge ed infatti ne' monumenti cristiani continuamente s'incontra una donna stante colle mani levate, immagine della preghiera. E la sola cosa che distingaeva i penitenti della Sistasi dagli altri fedeli era questo posto distinto e separato dagli altri, e il non potere communicarsi: veggansi s. Basilio can, LVI. LXXV. Balsamone Scolj sul. can. IV. di s. Basilio. Alessio sul can. II. del I. Conc. Niceno. Le navate laterali servivano al ceto de' fedeli separato ne' due sessi come si trae da Anastasio Bibl. in Sergio 1. in guisa che a destra della confessione stavano gli uomini, a sinistra

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