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del secolo XVII., i quali hanno i nomi degli autori, scrittivi da loro stessi, e tanto più son pregevoli per la storia pittorica, in quantochè poco o nulla son essi conosciuti. Quello rappresentante l'annunziazione di Maria è di fra Giovanni Baldassarri di Candia; l'altro colla fuga in Egitto è opera di Pietro Buccilli, il terzo in cui si esprime la visitazione di s. Elisabetta venne eseguito da Pietro Rosso di Castel d'Acqua, l'ultimo esprimente la presentazione della Vergine santa al tempio è lavoro di Giacinto Garroni. Sopra la porta maggiore osservasi lo sposalizio di Maria con s. Giuseppe, opera ad olio molto stimata di Giuseppe Chiari.

S. MARIA DI LORETO DE' MARCHIGIANI v. S. SALVATORE IN LAURO.

S. MARIA DELLA LUCE v. S. SALVATORE IN CORTE.

S. MARIA MAGGIORE. Basilica patriarcale, con capitolo e parrocchia, posta nel rione I. Monti. Nella parte più elevata del colle esquilino (così detto, secondo il Nardini, dai molti elci che su vi nascevano, come querquetulano si nomò il celio, dalle querce che lo coprivano, ed il Viminale, dai vimini, che spessi vi allignavano) propinquo a quel luogo chiamato macellum Liviae, fu eretta questa basilica, la quarta delle patriarcali. Causa della sua erezione fu il fatto seguente, narrato da tutti gli storici sacri. Un tal Giovanni, patrizio romano, non avendo figliuoli, e desiderando spender gli averi in alcun' opera di pietà, nelle notte de'4 agosto 352 vide in sogno Maria Vergine, la quale gli comandava d'innalzarle un tempio colà, dove il seguente mattino troverebbe della neve di recente caduta: un' ugual visione ebbe al tempo stesso il pontefice Liberio, che allora teneva il seggio ponteficale. Per la qual cosa il vegnente giorno, risaputosi che sulla vetta dell'esqui

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lino era caduta neve abbondante, Liberio e Giovanni recaronsi in quel luogo, e conosciuto il prodigio che avverava la visione, poser tosto mano ad adempire il comando della Regina de'cieli; ed il papa segnò le tracce del novello tempio, il quale in breve fu condotto al termine, co'denari di Giovanni, tantochè dopo pochi anni Liberiò potè consacrarlo.

La nuova chiesa ebbe più nomi. Fu chiamata Basilica Liberiana dal pontefice sotto cui venne eretta; si disse Sancta Maria ad Nives dal prodigio narrato sopra; ebbe il nome di s. Maria del Presepe, perchè in essa fu riposta la santa culla di Gesù, dopo recata in Roma da Gerusalemme, assieme al corpo di s. Girolamo; in seguito prese il titolo di Basilica Sistina, da Sisto III. che la rifece, come diremo; da ultimo le si diede il nome di s. Maria maggiore, che tuttavia conserva, per essere la prima fra tutte le chiese di Roma intitolata a Maria santissima.

La liberiana Basilica peraltro non durò a lungo, e dopo settant'anni circa dalla sua edificazione vi fu bisogno di rifabbricarla, o tutta, o nella maggior parte; e ciò fece nel 432 Sisto III., come abbiamo da Anastasio Bibliotecario, in cui leggesi di quel pontefice: Hic fecit Basilicam s. Mariae Matris Dei, quae ab antiquis Liberianae cognominabatur, juxta macellum Liviae. Anast. in vit. Sixti III. Da Sisto III. ad Eugenio III. la chiesa non fu variata punto, ma solo di quando in quando abbellita dai papi e presentata di ricchi doni. Il primo considerevole ristauro in essa fatto fu quello del nominato Eugenio III., il quale verso la metà del secolo XII. rifece per intero il portico, come ne rendevan testimonianza que' versi posti nell'architrave, e che oggi veggonsi in una parete di quell'andito presso la sacristia, per cui s'esce in un piccolo cortile, e sono i seguenti:

TERTIVS EVGENIVS ROMANVS PAPA BENIGNVS,
OBTVLIT HOC MVNVS VIRGO MARIA TIBI,
QVAE MATER CHRISTI FIERI MERITO MERVISTI,
SALVA PERPETVA VIRGINITATE TIBI.

ES VIA, VITA, SALVS TOTIVS GLORIA MVNDI,
DA VENIAM CVLPIS VIRGINITATIS HONOS.

Sembra che verso l'epoca stessa fosse fatto il nobil pavimento d'opera alessandrina, a spese di due signori romani, d'uno Scoto, cioè e d'un Giovanni Paparoni, come rilevasi dal Panvinio, delle sette Basiliche di Roma. Poco di poi il Senato e popolo romano rifecero uno degli altari della nave di mezzo, sacro a s. Gregorio, e l'altro venne riedificato da Giacomo Capocci e Vinia sua moglie. Abb. De Angelis, Basilic. s. Mar. maj. de Ur. descript. pag. 56, et 82. Niccolò IV., che tenne il pontificato dal 1288, al 1292, riedificò l'apside, e la ingrandi, ornando la tribuna di musaici. Sono opere del secolo XIII. i musaici della facciata esterna del portico antico, e vennero eseguiti a spese dei cardinali Giacomo e Pietro Colonna; al detto card. Giacomo devesi anche il musaico sull'altar della tribuna, e quelli tra le finestre di essa.

Questa è l'epoca in che la Basilica comincia a cambiar faccia nell'interno, ed essendone state tolte a poco a poco le antiche memorie, fu ridotta a chiesa moderna. Il primo cambiamento fu nel coro, che dall'aula venne trasferito nel presbiterio per opera de' suddetti cardinali. Si moltiplicaron quindi le cappelle, ed i Colonnesi n'ebbero fino a quattro, una in ogni angolo del tempio. Qui è da sapere, che sull'altare d'una di queste quattro cappelle dovette, quasi per certo, essere la pregiatissima pittura di Masaccio, di cui il Vasari par

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