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L'

ardore col quale dai primi anni di questo secolo si coltivano gli studi che tendono a rischiarare la topografia, l'istoria e sopratutto i monumenti ed i vari generi di costruzione che nelle antichissime città di Grecia, e d'Italia tuttora ci rimangono, mi determinò a dare alla luce le antichità di Alba Fucense negli Equi, che essendo stata una delle più illustri città dell'Italia inferiore, conserva ancora moltissimi monumenti de' tempi sì della sua indipen❤ denza che della sua riduzione a colonia Romana. Le varie specie delle costruzioni poligonie che vi si osservano, i suoi Tempi, e specialmente le sue fortificazioni la rendono forse unica fra le città Italiche, e dall' osservazione di tali ruderi utilissimi schiarimenti si possono trarre su quanto lasciarono scritto gli antichi autori circa queste materie.

Essendo l'intento mio di parlare precipuamente di questi due punti, ho ciò nonostante creduto indispensabile di premettere una descrizione della via che da Roma conduce ad Alba, sì per la maggior chiarezza che deve risultarne circa la storia di que

sta città e le sue relazioni colla Capitale, che pel sommo interesse topografico che offrono queste regioni, essendochè tolto il tronco della Via Valeria da Tivoli alla Ferrata descritto nel 1827 in apposita dissertazione dal Professor Nibby il rimanente non aveva ancora avuto illustratori, segnatamente il tronco dalla Ferrata ad Alba, e sulla stessa frequentatissima Via Tiburtina molte cose erano tacciute, o neglette, e circa altre non s'era fatto che ripetere opinioni emesse da scrittori di un'epoca nella quale se l'erudizione teoretica aveva progredito assai, lo studio comparato delle antichità pochissimo si conosceva ancora. Circa queste cose parlerò specialmente, indicando solo, o tralasciando affatto, per non ripetere cose già note, quanti monumenti lungo questa Via trovansi o già illustrati, o non pertinenti al mio oggetto, come tutte le antichità di Tivoli già cognite per tante dotte opere, ed affatto estranee al mio scopo.

All'Itinerario succede la parte istorica che io divido in due epoche; la prima comprende il lasso di tempo scorso dalle più antiche notizie che ci restino di Alba sino allo stabilimento dell'Impero Romano, e circa questo periodo cercai di adunare quei documenti maggiori che per me fosse possibile. L'epoca seconda abbraccia gli ultimi dieciotto secoli

ne' quali questa città non avendo più nessuna importanza nè politica nè strategica cadde quasi in obblio, e solo, si può dire, se ne trova menzione nelle carte de' vari monasteri, che a vicenda vi ebbero possessioni ne'tempi medii.

Cerco quindi di fissare la nomenclatura deʼmateriali usati negli edifici di Alba, e che rendonsi interessanti per la molta disparità che corre tra essi e quelli usati negli edifici di Roma, che finora furono i soli ad essere dichiarati. Coi materiali vanno unite le varie costruzioni, e sopratutto le poligonie circa le quali tanto ora si è scritto: per queste è principalmente celebre Alba, riunendone quasi tutte le varietà. Circa queste l'intento mio è di spiegarne l'antichità, e la forma delle parti da prove dedotte egualmente dall'epoca nella quale vennero edificate, dai popoli che abitarono queste regioni, dalla qualità della pietra, dai mezzi di trasporto, e dall'uso che se ne doveva fare, ricercando la causa delle loro irregolarità dai fatti che sono in esse, senza abbracciare alcun sistema, considerando l'opera poligonia come un effetto determinato dalla località, dai mezzi e dalla scienza edificatoria di un paese, piuttostochè cosa esclusiva di un dato popolo e di una data epoca. Parte principalissima fra i monumenti di Alba sono le fortificazioni che l'autorità degli antichi

scrittori, il modo della costruzione, ed i principi di scienza coi quali sono elevate, le palesano in gran parte opera dei Romani, a differenza di quasi tutto il recinto che ravvisasi di epoca anteriore, come pure il cunicolo. Quelle che formano il recinto triplice nel sito più debole di Alba sono uno de' più belli esempi che abbiansi dell'arte antica di difendere le città, ed essendo questa una scienza, e non una convenzione, così i suoi progressi si rintracciano con maggior certezza, e si possono e debbono fissare le cause per le quali le difese siano state erette in un dato modo piuttostochè altrimenti, onde in tal parte gli antichi scrittori variano nel proporre metodi, ma questi metodi non sono tra loro discordi come circa le altre materie spesso trovasi. Mentre fra gli usi degli antichi i meno importanti furono con somma erudizione in questi ultimi secoli illustrati e descritti, l'arte del fortificare le città fu poco studiata, e mentre dopo due illustri Principi Italiani del decimo quinto secolo Sigismondo Malatesta Signore di Rimino, e Lodovico Marchese di Saluzzo infiniti autori scrissero circa la strategica, la castrametazione e le macchine militari dei Greci e dei Romani, l'arte della propugnazione fu considerata come consistente quasi intieramente nelle mosse e negli effetti delle macchine, e poca considerazione si pose sulla

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