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potea pensarsi e niuna immagine meglio significativa potea tradursi dinanzi alle fantasie quanto l'asino di Buridan il qual collocato tra due manipoli di strame perfettamente uguali e ugualissimamente distanti, prima lascerebbesi morir di fame che si risolvesse a movere verso l'uno piuttosto che verso l'altro. Non così dell' uomo il cui attivo principio è ognora in possedimento di quell'apice fontale ed autonomo poc'anzi delineato.

TERENZIO MAMIANI.

DEI PROBLEMI SOCIALI.

§ I.

Girando l'occhio sul tutto insieme delle opinioni e censure fatte al recente mio libro Delle questioni sociali sembrami risultarne alcune forme di giudizio assai discutibili e che è bene di mettere in controversia pel più corretto indirizzo sì della scienza economica e sì dell'altra che a' nostri giorni appropriasi peculiarmente il titolo di sociale.

Sembrami anzi tutto non essere stato colto il midollo di mia dottrina. A me à paruto essenzialissima cosa proporre a'dì nostri un modo quieto cotidiano ed assai praticabile per lo quale ogni lavorante onesto e risparmievole possa dalla umile e travagliosa condizione di salariato ascendere in quella di socio e comproprietario in qualche opificio cooperativo, il cui numero dee farsi sempre più largo. Perocchè con tale passaggio soltanto diverrà lecito al proletario di collocarsi nell'ordine dei possidenti, sottraendosi alla precarietà del lavoro e alle durissime condizioni e necessità impostegli non rade volte circa alla retribuzione o salario che il domandiamo.

Ora, gli economisti nostri (dicasi il vero) girano intorno a cotesto problema con varie e dotte considerazioni, ma non

l'affrontano e nol risolvono; e pajono tuttora rimettersi all'effetto remoto delle naturali armonie che la scuola di Mancester à predicate per mezzo secolo e inverso le quali non corre oggi la fede e l'aspettazione delle moltitudini. Nessuno più spera al dì d'oggi (replico io) vedere da esse abolito o grandemente scemato il triste risultamento della ricchezza strabocchevole di taluni accanto alla troppa penuria e quasi indigenza dell'infimo popolo ossia del maggior numero dei viventi. Nel che, invece di riconoscere una bella e naturale armonia sentono gli uomini una stonatura dolorosa e perpetua quale uscirebbe dalla musica di qualche festino sovraposto al ricovero e alla infermeria degli ulcerosi e storpiati e piena per ciò medesimo di querimonie e di gemiti. Senza dire che gli economisti di cui discorro sonosi troppo facilmente lasciati abbagliare dal dolce nome di libertà invocata e celebrata ogni sempre dalla Scuola suddetta. Conciossiachè conveniva tenere in mente essere due cose non poco diverse, l'una che la libertà entri come elemento essenziale del progredire e prosperare economico delle nazioni; l'altra che la libertà del concorrere guarentita ed estesa quanto si voglia basti per sè al gravissimo còmpito; nè al Governo tocchi altro ufficio salvo di tutelare per appunto le franchigie dei produttori ed agevolare i commerci e gli scambj.

§ II.

Altri miei oppositori fuggendo anco essi d'imbattersi a fronte a fronte col problema suaccennato fanno vista d' includere tutta la immensa materia sociale in due o tre capi che le circostanze nostre politiche traevano in campo e forse recavano a tali capi e subbietti importanza soverchia, come delle

giubilazioni dei lavoranti, ovvero del riparare i danni e i sinistri incontrati nel lavoro, od anche del tutelare e moderare le casse di risparmio; tutti negozj, a mia opinione, da risolversi pressochè interamente dai ministratori della cassa comune dei medesimi lavoranti. Senza dire che i pubblicisti ed economisti a cui io accenno pajono giudicare le perturbazioni sociali entro cui viviamo o non così minacciose quali sono per certo o non così imminenti ne' loro funesti effetti, quali io li stimo; e ad ogni modo, ei si confidano in certi loro specifici già provati e sperimentati non sufficienti; quindi io rassomiglio costoro ai medici che nelle gravose malattie si contentano di bagnuoli e di cataplasmi. Ora, la verità è pur questa che il corpo sociale è infermo e febbricitante e bisogna che chiunque professa l'arte del curare e guarire facciasi avanti con in mano la sua ricetta nè restringasi egli a negar l'efficacia delle proposte dei colleghi. Ne' giorni stessi che noi scriviamo e pure in mezzo alle nostre popolazioni quiete per ordinario ed assai ragionevoli, odesi rumoreggiare per l'aria un cominciamento di rivolta e qua e colà i proletarj sono alla porta coi sassi.

§ III.

Ma quello che più d'ogni altro subbietto voltami contro il giudicio degli avversarj si è l'intervento assiduo del Governo come primo e sovrano tutore del proletario, essi che per un secolo intero vennero nudriti e educati al concetto contrario e cioè dell'escludere quanto sia mai possibile gl' ingerimenti governativi.

Nè troppo mi meraviglio di tal ripugnanza trattandosi

di scrittori a cui torna difficile di mutare i principj tenuti da essi per inerranti e assiomatici non tanto per effetto delle proprie libere meditazioni quanto obbedendo all'autorità indiscussa di nostre scuole più copiatrici che originali ed assai meglio analitiche e minuziose che complesse e sintetiche. Invece un largo vedere sui problemi economici quali il tempo presente ce li offre ed anzi ce gl' impone verrà loro mostrando che rimossa la fiducia negli accordi e armonie spontanee e graduate tra il possidente ed il proletario, diventa necessità il ricorrere a qualche efficienza suprema e legittima che costituisca saviamente e liberalmente la conciliazione e l'accordo. Imperocchè quando odo gli economisti predicare con enfasi che i due fattori delle produzioni il lavorante e il capitalista abbisognano l'uno dell'altro ed ogni lor differenza tornare funesta ad entrambi, quand' io ripeto li ascolto insistere su questo tema con rettorica molta e infruttifera, io quasi dispero dello squisito buon senso degl' italiani. Conciossiachè, facendosi pure astrazione dalle mene settarie le quali pur troppo son penetrate fra noi e subbillano tuttogiorno le plebi, egli rimane chiaro e patente che parlandosi in generale il patto corrente fra il proletario e il capitalista fra il salariato e l'imprenditore è per questo secondo governato dai calcoli del miglior tornaconto e dai rapporti coi proprj competitori, mentre pel primo è retto ogni sempre da urgente e ferrea necessità di lucrare la giornaliera sua sussistenza. Perchè dunque le parti s'incontrino nel miglior profitto scambievole e nei sinceri principj della giustizia e dell' equità, occorre del sicuro la interposizione d' una suprema efficienza munita di mezzi correlativi efficaci e abbondevoli. E poichè il comunismo ed il socialimo quali s' intendono generalmente mi riescono per

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