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torni ben chiaro quale operosità causatrice appartenga loro giusta i pensamenti del gran filosofo. Soltanto è chiaro, come prova con abbondanza l'Autore del libro sopra citato, l'azione delle idee rimanersi differentissima dalle forze generali e costanti della natura. D'altra parte, la virtù effettrice delle idee debbe rispondere al principio assoluto onde emanano e in cui si sustanziano; quindi debbe quella virtù avere altresì carattere assoluto e di valore infinito. E in fatto, ciò che affermano le verità necessarie, niuna volontà umana disdice o muta od altera comechesia o varrà col tempo a divenire rispetto a quelle meno passiva e meno impotente. E perchè la efficienza fontale e immediata del vero sgorga dall'Ente assoluto, il fatto perenne ed irreformabile della nostra passività prova ed attesta a maniera invincibile l'attiva realità e presenzialità di esso Ente e rompe e squarcia la tela che tessono travagliosamente e ritessono i subbiettivisti e gli scettici.

TERENZIO MAMIANI.

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Scopo di questo volume è far conoscere la dottrina aristotelica delle Categorie ricavandola non solo dal libro che da esse s'intitola, ma da tutti gli scritti del filosofo greco. Un'introduzione di 15 pagine informa delle opere moderne sullo stesso argomento, ne discute brevemente il significato e il valore, stabilisce la ragione e l'indirizzo della presente, Viene poscia l'esposizione particolareggiata della dottrina di Aristotele sulle Categorie, la storia dei suoi antecedenti nella filosofia greca (libro I), il racconto delle modificazioni subíte dalla stessa dottrina nella scuola peripatetica e nelle scuole rivali fino all'Alessandrina inclusivamente (libro II). Un epilogo chiude il volume. Tale la disposizione di questo lavoro di XIX-340 pagine in 8° gr., nel quale il testo greco e le testimonianze citate a pie' di pagina, uguagliano quasi lo spazio occupato dal testo italiano, avendo l'autore voluto dare al suo studio un sicuro fondamento storico. Vediamone il contenuto parte per parte, e prima di tutto parliamo dell'introduzione.

Una categoria può essere considerata nel linguaggio, nel pensiero e nella realtà; è uno dei generi ultimi e universali riferito a uno di questi tre ordini o a tutti e tre insieme: cosi accade appunto dell'essere, della qualità e della quantità per citare le Categorie più note.

Fra i moderni trattarono in opere speciali delle Categorie e principalmente delle aristoteliche il Trendelenburg nella sua

Geschichte der Kategorienlehre che l'autore riguarda come il lavoro più importante pubblicato su questa materia, il Brandis nella sua Storia della Filosofia greco-romana, il Biese nella sua Filosofia di Aristotele, il Bonitz nei suoi Studii aristotelici, il Prantl nella sua Storia della Logica, il Brentano nel suo libro su vario significato dell' Essere secondo Aristotele, e finalmente il Grote nel suo Aristotele e il Ragnisco nella sua Storia critica delle Categorie. Lo Zeller e il Ravaisson, non se ne sono occupati che di sfuggita.

Due questioni dominano il tema che l'autore s'è proposto, e su di esse egli interroga gli scrittori che l'hanno preceduto per giustificare l'utilità del suo lavoro: 1° che valore ha il trattato delle Categorie, che relazione con gli altri scritti aristotelici? 2° quale è il significato genuino delle Categorie per Aristotele, quali attinenze hanno col suo sistema filosofico? -Il Trendelenburg tiene il trattato delle Categorie, che come si sa, è premesso all'Organo, come fondamentale, riguarda le Categorie stesse essenzialmente come generi logici, crede che Aristotele sia stato guidato nel primo abbozzo delle Categorie da un concetto grammaticale.

Il Biese, abbondando ancora di più nel senso moderno delle Categorie, le tiene addirittura per forme fondamentali del pensiero. Poco si discosta da essi il Brandis, il quale vi scorge l'aspetto dialettico della distinzione e della determinazione, e le interpreta con un formalismo non rispondente alla loro vera natura. Per esso pure il libro delle Categorie contiene l'esposizione compiuta della relativa dottrina. Il Bonitz ha dato un'interpretazione opposta a quella del Trendelenburg e più vicina al vero sostenendo che le Categorie forniscono i diversi sensi in cui noi enunciamo la nozione dell'essere, e che esse determinano i generi supremi a cui ogni ente deve potersi subordinare. Il Prantl ha il torto di respingere il libro delle Categorie come spurio per ragioni che all'autore sembrano leggiere, non crede che Aristotele abbia professato la teoria attribuitagli dei dieci generi, i quali sarebbero invece il trovato di qualche scolastico, ma dà alle Categorie una base ontologica e le riguarda come determinazioni più e più concrete dell'essere apprese dal

pensiero ed enunciate dal discorso. Il Brentano si è apposto al vero unendo l'aspetto logico delle Categorie all'ontologico preso per base, ma secondo l'autore, ha dato di esse una deduzione arbitraria. Il Grote non ha fornito che un'analisi del libercolo che è parte dell'Organo. Finalmente l'opera del Ragnisco è, per avviso dell'autore, composta in fretta, con materiale di seconda mano, preso specialmente dal Trendelenburg e dal Prantl, e con idee preconcette, attinte alla scuola hegeliana.

Da questa revisione dei libri che hanno preceduto il suo, apparisce già chiaramente che il concetto dell'autore sulle Categorie non è nè che abbiano un senso logico, nè un senso grammaticale semplicemente, ma un significato essen→ zialmente ontologico con subordinazione degli altri due punti di vista. Quindi pel Casalini la necessità di seguire le Categorie in tutte le sfere del sistema aristotelico onde riconoscerne il valore e l'ampiezza, rintracciarne i nessi e dimostrare che esse lo compenetrano tutto. Così considerato lo studio delle Categorie di Aristotele diventa quello dell'intera Filosofia dello Stagirita, e tale difetto è il lavoro del Casalini. Egli confuta le obbiezioni dirette all'autenticità del libro delle Categorie del quale mantiene per genuina la parte principale (8 capitoli), opina che sia aggiunta posteriormente l'ultima (dal capitolo 9 al 15), ne riconosce la forma difettosa e non ammette la importanza attribuitagli dalla Scuola. In due quadri particolareggiati l'autore espone tutti i luoghi delle opere aristoteliche in cui sono designate o mentovate le Categorie al fine di porre sotto gli occhi del lettore il novero completo delle formole, espressioni ed enumerazioni usate da Aristotele stesso. Il verbo xutnyopsi e i suoi derivati sono esaminati nel loro significato per fissare quello della zarayopia che significa ora la proposizione logica, ora il predicato. Aristotele non intende il petv al modo della logica formale, cioè senza riguardo al contenuto, ma con attinenza alla realtà enunciata dalla proposizione (p. 40); distinguendo il aureуoptē predicare semplicemente, dal κατηγορεῖν κατὰ συμβεβηκες, predicare indirettamente per via di connessioni, l'autore stabilisce che per Aristotele la nozione del predicare implica la con

formità del giudizio alla natura delle cose. Pel filosofo greco il κατηγορεῖν e equipollente all' ύπάρχειν, il predicare all'esserei (p. 11).

Fermato questo punto l'autore cerca il significato e l'uso delle Categorie nei libri logici di Aristotele onde meglio segnarne i rapporti col punto di vista dal quale le considera la Metafisica; così nel libro delle Categorie, queste servono a dividere i termini del discorso secondo il significato generale; nei Topici sono dapprima il soggetto della proposizione quanto al significato delle cose in essa enunciate (pag. 19), poi sono generi di predicati relativi alle nozioni prime dei sensi molteplici in cui un nome è detto (p. 20). Varia pure il punto di veduta negli Elenchi. Ma veniamo alla Metafisica nella quale esse sono modi dell'ente considerato come realtà obbiettiva (p. 31).

Quivi il πολλαχώς λέγεσθαι corrisponde a un πολλαχώς ὑπ ape, cosicchè la scienza dell' ente, in quanto ente, o Metafisica, presuppone distinto il rokas keyuevos (p. 23), e principamente il significato di ciò che è per sè (xaSavtó) é di ciò che è per accidente (zara copßeßnzós). Al concetto obbiettivo delle Categorie corrisponde quello che le rappresenta come genesi delle cose (p. 53), come generi primi, canoni primi delle loro determinazioni, quantunque il genere, secondo Aristotele non vada inteso nel senso della trascendenza (p. 34) in guisa da unificare le cose nei generi, e questi nel genere supremo dell'ente e dell'uno. Anzi l'ente e l'uno non sono Categorie. L'unità, è caratteristica dell'ente reale, ma questa unità è un'individualità soggetta ai modi fondamentali e connessi di determinazione che sono appunto le Categorie dell'essere. Questi modi di determinazione sono pure le forme secondo cui avviene la mutazione o il moto (p. 36), il quale non è nè pura potenza, nè pura attualità, ma attualità incompiuta, mal definibile (p. 58), ed è triplo; variazione aumento e diminuzione, trasferimento (p. 41).

Il numero delle Categorie presso Aristotele e l'ordine nel quale si seguono, non sono costanti (p. 43). Ma lasciando sospesa la questione di sapere quante fossero per lui, all'autore par chiaro che doveano essere di numero determinatò, non

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