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V. Tali ragioni non militano in tutti que' casi in cui non più l'ordine d'uno Stato particolare ma l'ordine pubblico e legale d'ogni nazione civile è posto in pericolo ed assalito in maniera criminosa.

E dato che così porti il fatto, essendo tutti gli Stati mutuamente mallevadori contro di simili assalti ed offese, diventa per essi un dovere di giure internazionale di aiutarsi l'un l'altro nel perseguire di simili delinquenti che tornano perniciosi all'universale.

del

Di quindi la persecuzione comune contro i pirati, nemici genere umano.

Tal pure è il caso delle cospirazioni dei comunisti e dei nichilisti le quali ànno un carattere internazionale e minacciano i reggitori e le leggi di qualunque paese.

A mali internazionali occorrono del pari internazionali rimédî. VI. Quando il crimine politico, poniamo, l'alto tradimento, congiugnesi al crimine comune, poniamo, l'assassinio, sono spente tutte le ragioni che consiglierebbero di negare l'estradizione. L'impunità che ne seguirebbe convertirebbesi in incentivo al delinquere da malfattore sotto pretesto di motivi politici e sieno pure essi colpevoli.

VII. È accettabile la proposta dei commissarî del Parlamento inglese che il carattere politico d'un delitto allora venga valutato come motivo di proseguire l'asilo e negare l'estradizione, quando quell'atto medesimo sia reputato lecito nelle fazioni di guerra e giusta i principî del diritto militare internazionale.

Lo Stato che consegna il colpevole à piena ragione di chiedere che questi soggiaccia a un tribunale e a una punizione imparziale.

Così ragiona e conclude il Bluntschli. Noi differiamo assai poco dalla sua sentenza; eccetto che per la estradizione e consegna dei nichilisti e dei comunisti sebbene fondata su buon argomento, noi persistiamo nel non volerne fare un caso speciale ed eccettuativo; e ciò per le gravissime considerazioni adotte più sopra.

Restano da dichiarare due brevi appunti. L'uno che sotto nome di rifuggiti politici occorre d'intendere altresì gli emigrati per causa di religione. Intorno a costoro noi ci atteniamo alle massime esposte nel nostro libro « Teorica della Religione e dello Stato ». L'altro appunto cade sulle norme da praticare dentro al paese o picciolo o grande che seguisse a com; piuta maniera la dottrina giuridica esposta ed assentita da noi. Attesochè a quella provincia conviene, come usa far l'Inghilterra, di non chiedere giammai a Governo forestiere quale che sia, la estradizione degl'imputati politici eziandio macchiati d'alcun delitto comune, salvo di custodirli e di vigilarli al modo significato nell'ultima nostra stampa.

TERENZIO MAMIANI

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La critica moderna è giunta talvolta, anche circa la questione della autenticità degli scritti platonici, alle conclusioni le più risolutamente negative; e se poco fa il Krohn con ardimento critico affermava Platone stare ai dialoghi, come Omero ai poemi omerici, e riconosceva come opera veramente platonica soltanto la Repubblica ('), più recentemente il Freundenthal ha creduto sopra l'autorità male interpetrata, di Proclo, presso Olimpiodoro (Prolegom. 26), di escludere i libri della Repubblica dal novero delle scritture platoniche ('). Questa forma o meglio questa audacia di critica letteraria era ignota a tutta l'antichità, non solo perchè ne mancavano le condizioni esterne, come la facilità di rapporti fra i vari paesi, ma perchè ne mancava il concetto e l'interesse; e nonostante la diligenza della scuola alessandrina, e l'acuto discernimento di Zenodoto, d'Aristofane di Bisanzio, d'Aristarco, circolavano scritture che oggi a prima vista si chiarirebbero apocrife. Nè

(') Krohn, Der Platonische Staal. Halle, 1876, Die Platonische Frage. Halle, 1878.

(*) Hellenisiische Studien, 3 Heft. 1879, p. 313. Vedi la vittoriosa critica che ne fa lo Zeller, Ueber platon. und Aristotel. Scriften, in Hermes Bd. XV, IV Heft (1880) p. 551.

solo più tardi la letteratura religiosa, ma la stessa letteratura classica era piena di scritture che andavano sotto nomi di Omero, di Esiodo, di Orfeo; specialmente poi la letteratura filosofica, poichè nelle scuole diverse prevaleva l'interesse produttivo all'interesse critico e storico. E già appena un secolo dopo la morte di Platone, noi vediamo accolte, senz'ombra di dubbio, nel canone platonico scritture oggi generalmente riconosciute apocrife..

Se non che la critica contemporanea, e specialmente la critica filologica di Platone, può vantare un lontano precursore nell'antichità, nel fondatore dello stoicismo romano, Panezio di Rodi, uno dei più importanti ed influenti capi della scuola stoica. Unico e solitario esempio nell'antichità, non preceduto nè seguito in questo da alcun altro, egli ardisce porre in dubbio l'autenticità di molte scritture antiche, universalmente riconosciute dai dotti, discute fatti storici e tradizioni le più venerate e indubbie, contrapponendo con meraviglioso ardimento alle più alte autorità la forza della propria ragione e del proprio giudizio; fenomeno degno di considerazione sempre straordinario, come dicemmo, in quel tempo e in quelle condizioni della cultura.

E una eguale lotta egli dovè sostenere di contro la tradizione filosofica della sua scuola. Come egli si opponesse apertamente, e rompesse la tradizione stoica su molti punti essenziali delle sue dottrine, non è nostro argomento parlare, tanto più che l'ha fatto di recente e dà par suo lo Zeller ('),

(') Zeller, Die Philosophie der Griechen. III. I p. 557-568, Leipzig, 1880, e particolarmente nella memoria Beiträge zur Kenntniss des Stoikers Panätius inserita nella Commentationes philologicae in honorem Th. Mommseni. Berlin, 1877.

e dopo lui l' Hirzel ('). Basta ricordare che egli, al pari di Boeto, combattè la dottrina della combustione universale, sostenendo l'eternità del Cosmo, secondo il concetto platonico e aristotelico, onde non solo fu condotto a rigettare la permanenza delle singole anime dopo morte fino alla distruzione del mondo, insegnata dagli stoici, ma a negare qualunque forma d'immortalità; e'di quì la polemica che naturalmente dovè sostenere contro Platone. Temperò in molti punti e mitigò la crudezza della morale stoica, accostandosi sempre più alla coscienza comune: ed è perciò che i suoi libri nɛgì rov nadýxovτos poterono servire di modello e di fonte al trattato di Cicerone De officiis. Nè meno indipendente si mostrò di fronte alla teologia e alla dottrina religiosa; onde Scevola, Varrone, e Seneca che lo seguirono su questa via poterono conquistare una posizione libera di fronte alla religione popolare e sciogliersi da quei mezzi artificiosi con cui Zenone, Cleante, Crisippo e gli altri stoici più antichi avean cercato di porsi d'accordo con essa. Primo fra gli stoici infine osò porre in dubbio la mantica, e la vaticinazione astrologica a cui la scuola stoica dava gran valore.

Quella stessa indipendenza di giudizio esercitata nel terreno della filosofia e serbata dinanzi alla religione tradizionale, ei seppe portarla nelle questioni di critica letteraria e storica. Una fra queste principalmente attira la nostra attenzione, ed è se egli veramente rifiutasse, come vien riferito, l'autenticità del Fedone platonico. Poichè come questo spirito critico del filosofo di Rodi è singolarissimo nell'antichità, così

(') Hirzel, Untersuchungen zu Cicero's philosophische Schriften 11. 1, p. 157 e seg. Leipzig, 1882,

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