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lità delle sostanze e chiede se il nostro subbietto è singolo e proprio, ovvero si risolve in certo atto e modo della universale e comune sostanza. Ora, il principio testè allegato perviene assai prontamente e in maniera ricisa e incontrovertibile a sciogliere il dubio. Mercechè, risulta dalla cotidiana esperienza di ciascun uomo che taluno afferma onninamente il contrario di quanto afferma e crede e professa talun altro individuo; e del pari, Tizio o Sempronio vuole o desidera l'opposto a dirittura di ciò che vuole e desidera fermissimamente quella persona o quell'altra. Ciò posto, e considerato che sia al tutto contradittorio l'affermare e il negare quanto il volere e disvolere in identico istante, concludesi con certezza apodittica la pluralità dei subbietti, scissi e spartiti di piena necessità da quel confliggente abito del pensiere e dell'animo.

La seconda tesi concerne la morale libertà comunalmente denominata libero arbitrio. E prima deesi recare in mezzo il fatto essenziale di nostra indole che noi ci sentiamo e giudichiamo enti morali o dir si voglia imputabili. Ora, la imputabilità che non si radica nel libero arbitrio contradice evidentemente e ripugna a sè stessa ; e posta al contrario, la necessità generale e perpetua di qual che sia deliberazione dell'animo i codici tutti del mondo civile ragionar dovrebbero d'infelici e di sfortunati e non guari di delinquenti e di criminosi e concludere col persuadere agli uomini non la rigidezza della giustizia ma una profonda e pietosa commiserazione. Sopra il che nessun inganno può cadere e nessuna equivocazione, essendo un fatto perpetuo e immediatissimo della coscienza.

§ VIII.

Toccherebbemi al presente discendere a quell' ultima parte che in qualche mia stampa pigliò nome d'influssi divini ed in altre di peculiare intuizione, quasi in contraposto così delle opere riflesse e mature del raziocinio, come d'ogni portato del saper positivo. Chè certamente cotesta è parte insigne e nobilissima della filosofia; dacchè indaga e ragiona i cinque solenni aspetti dell'Assoluto, il vero, il bene, il bello, il giusto ed il santo. Ma io sono corso tant'oltre con questo compendio della rinata filosofia italiana che io veggomi in procinto, di uscire dai termini assegnati a un Articolo di Rivista. Laonde io prego il lettore benevolo di cercar la dottrina che vo menzionando nelle pubblicazioni indicate qui a piè di pagina ('). Solo non voglio intermettere di avvertire come cotesto lavoro della filosofia nazionale risorta trovò nel bellissimo idioma del sì uno strumento dei più arrendevoli e ricchi fra le lingue parlate oggi nel mondo; vincendole poi tutte quante, a me sembra, per l'armonia, la varietà l'eleganza e la slpendidezza, ancora che mai per cotali doti essa rechi nocumento niuno e niuna menomanza alla perspicuità e precisione la più scrupolosa delia dizione scientifica. Ben so che tal pregio del favellare poco o nulla rileva; considerato che gli stranieri a' di nostri ogni altra specie di lingua coltivano e studiano eccetto il maraviglioso parlar toscano.

() Vedi Principj di Ontologia Libro secondo, Capo settimo-Compendio e sintesi della propria filosofia ecc. § XXXIV Della Religione positiva e perpetua del gsnere umano; e per tutto dove è discorso delle cinque primalità.

Ma sia che può, noi proseguiremo a spandere nel Giardin dell'imperio quella venustà e armonia di dettato che cinque secoli di arte e letteratura eminente ci vennero componendo e insegnando. Nè la filosofia, conformemente all'austerietà del suo genio, vi si vuol mostrare aliena ed inconsapevole.

TERENZIO MAMIANI.

La Filosofia morale di Aristotele. compendio di Francesco Maria Zanotti con note e passi scelti dell' Etica Nicomachea per cura di L. Ferri e Fr. Zambaldi Professori nella R. Università di Roma. Presso Paravia

Roma 1882.

Tuttochè lo spazio assegnato alle Dispense della nostra Rivista ci vieti di parlare a dilungo del libro sopranotato, sentiamo l'obbligo di ricordare ai lettori il suo raro pregio e la bella fama che à sempre accompagnato il Compendio del Zanotti dal suo primo comparire nella metà del secolo scorso per infino ad oggi. Quanto poi se ne accresca il valore mediante le note filosofiche e filologiche aggiuntevi nella presente edizione, crediamo debba mostrarsi chiaro ed aperto a chiunque considera l'acume, la diligenza e l'erudizione adoperatavi dai due egregi professori della Università ro

mana.

DEL NOME COMUNE.

I.

Nella critica al capitolo II, libro III della Logica di J. Stuart Mill (') arrischiai la conclusione che lo spirito ragionante non faccia che atti di riconoscimento, constatando o con l'esperienza diretta sui fatti o con l'esperienza indiretta, i rapporti esistenti fra qualità e qualità, fra qualità e individui, fra individuo e individuo. Questo pronunciato starebbe assai meglio ed avrebbe molto maggiore efficacia se fosse il riassunto di un libro piuttosto che di una lettera; ma la sua corrispondenza con la definizione del ragionamento data da H. Spencer (lo dice una classificazione di rapporti) () mi dispensa dall'entrare in giustificazioni. Bastava allora di esporre il principio direttivo dei miei studî; il quale tuttavia non è nè un'idea preconcetta nè un'applicazione semplice della sentenza del grande filosofo inglese: infatti ne sia prova la via diversa che mi vi ha condotto, lo scopo diverso e, in fondo, il carattere suo un po' forse più

p. 96.

(') La Filosofia delle scuole italiane. An. XIII, vol. XXVI. disp. Ia

(2) Principî di Psicologia. Vol. II, p. 312 della traduzione francese.

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pratico del pensiero spenseriano. Del resto tutto ciò poco interessa la scienza e sarà opera più proficua continuare l'analisi intrapresa.

Il buon metodo insegna di procedere gradatamente dal più complesso al meno complesso; dal ragionamento alla proposizione e da questa ai suoi elementi costitutivi. Nondimeno, siccome questi miei piccoli saggi non pretendono di formare tanti capitoli di un sistema, così mi si permetta di saltare senz'altro al nome e di raccogliere tutta l'attenzione sopra la specie più importante, cioè quella del nome comune.

Hobbes disse che il nome è « vox humana arbitratu hominis adhibita, ut sit nota quâ cognitioni praeteritae cognitio similis in animo excitari possit, quaeque in oratione disposita, et ad alios prolata, signum iis sit qualis cognitio in ipso proferente praecessit vel non praecessit ()». J. S. Mill soggiunge che il nome indica le cose e non, come volle qualche filosofo, le idee che abbiamo delle cose stesse; il che è giusto sino a un certo punto. Quando affermo che questa pietra è dura, intendo certamente parlare di una cosa determinata, esistente fuori di me e che tutti possono toccare per convincersi che essa è dura. Ma se dico: tutte le pietre sono dure, di che cosa intendo parlare? Non di varie pietre che io abbia sotto gli occhi, perchè allora direi: queste pietre sono dure; non di tutte le pietre che io conosco, perchè in tal caso adopererei un'espressione più determinata; ma di tutte le pietre in genere. Ora, è egli possibile questo? E se pure, nella frase tutte le pietre, la parola pietra avrà il medesimo significato che ha nella frase questa pietra?

() Opera philosophica quae latina scripsit omnia. Amsterdami, 1668 apud Jo. Blaev, p. 8.

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