Recensione dell'utente - Segnala come inappropriatoL’ignoranza del cuore che accompagna le nostre giornate
“Il senso di una fine”, romanzo di Julian Barnes, vincitore del Booker Prize del 2011.
Lo lessi un anno fa.Questo romanzo, alla fine, mi ha fatto piangere di quel sottile piacere che si insinua dentro, quando scopre una ferita aperta e nascosta che andava curata.
Sono tante le ferite aperte che avrebbero bisogno di cura, dentro ognuno di noi, ma che nascondiamo, spesso inconsciamente, illudendoci di sentire meno dolore.
Abbiamo appreso a memoria la ritualità dei gesti, dei pensieri banali e dei sentimenti superficiali che ogni giorno ci accompagnano fino alla fine di ogni giorno passato in una inconsapevole tranquillità d’animo.
Abbiamo imparato a memoria il sonno dei giusti ignoranti delle verità paradossali, inimmaginabili, che la vita ha in serbo per noi.
Perché capita proprio a tutti, di vivere un giorno, apparentemente qualunque, e come un fulmine a ciel sereno, essere stravolti da un evento, una confessione, una presa di coscienza che ci fa mettere in discussione tutta la nostra vita.
Quel giorno in cui diciamo: “Ma allora, ho vissuto, lavorato, amato, mi sono formato una bella famiglia , ho ottenuto un buon lavoro e nonostante ciò, non ho capito nulla di me stesso. Quel me stesso che sarebbe dovuto essere diverso”.
E allora, solo allora troviamo una giustificazione a quei momenti di noia, di insoddisfazione perenne, che come un vento leggero e persistente soffiava sulla nostra tranquilla quotidianità.
Abbiamo appreso le regole della vita, quelle più sofisticate per riuscire a preservare i nostri equilibri.
Ma non abbiamo appreso il linguaggio del cuore.
Quello a cui si riferiva “Il piccolo principe” ( Antoine de Saint Exupéry,), nell’espressione: “l’essenziale è invisibile agli occhi”.
E anche l’espressione del filosofo Blaise Pascal: “Il cuore ha le sue ragioni che la ragione ignora.
Frasi che abbiamo saputo contemplare per la loro bellezza, per il piacere immediato che ci hanno sempre procurato solo pronunciandole.
In realtà di queste frasi non abbiamo capito la loro profondità.
Se così non fosse, conosceremmo a memoria il linguaggio dei sentimenti che si articola in un modo che definiamo complesso, laddove complessità sta per ignoranza.
Fino a che arriva un giorno che questa ignoranza viene insultata, derisa, presa a schiaffi .
Questa è l’esperienza che secondo me, succede al protagonista del “Il senso di una fine”.
L’autore racconta la storia di Tony, fin da quando era ragazzo, le sue relazioni di amicizia ai tempi del College, tra questi amici ce n’era uno che brillava più di tutti, Adrian, per la sua intelligenza particolare, incomprensibile per quanto fosse lontana da un ragazzo della sua età.
Il primo amore di Tony, una ragazza(Veronica), anche lei originale e indecifrabile.
Veronica e Tony si lasciano, ma dalla fine della loro relazione inizia il mistero in cui Tony brancolerà per gran parte della sua vita.
Il mistero provoca a volte rabbia come conseguenza dei dubbi irrisolti, delle domande senza risposte, della paradossalità di ciò che non si riesce a spiegare.
Infatti Veronica sposa Adrian e di questo Tony non si dà pace.
Reagisce con rabbia, odio, riversando tutta la sua natura peggiore, quella che porta ad augurare il male alle persone.
Dopo qualche anno, inaspettatamente apprende del suicidio di Adrian, un fatto che non riesce a capire.
Ma la sua vita continua, si forma una famiglia, ha una moglie che ama , una figlia che adora, conosce anche la gioia di diventare nonno.
Tutto sembra filare liscio come l’olio nella vita di Tony, fino a che riceve un testamento del suo amico Adrian, che tanti anni prima inspiegabilmente si era tolto la vita.
Da questo momento in poi, Tony vive una serie di esperienze, che alla fine gli sconvolgeranno la vita, mettendo in crisi i suoi equilibri consolidati.
E’ vero, l’illuminazione di una scoperta può essere una liberazione ma fa anche molto male.
Consiglio vivamente questo libro. Un vero capolavoro.