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I.

La certezza morale è lo stato dell'animo sicuro della verità di una proposizione che riguarda l'esistenza di un fatto che non è caduto sotto i nostri sensi.

Povera e dubbia certezza questa certezza della mente umana, spesso abbuiata dall' ignoranza o annebbiata dai pregiudizi o travolta dalle illusioni o minacciata dall'errore.

Tuttavia essa è il fondamento della giustizia.

La verità è nella proposizione, la certezza è nella mente. Fare che la certezza squarci il velo dell' illusione e trionfi delle insidie dell'errore, fare cioè che la mente attinga la verità della proposizione, questo è il punto, questa è la grande fatica.

A conquistar la certezza soccorrono le prove. Anzi, secondo la definizione del Mittermaier, la prova è la somma dei motivi che ingenerano la certezza.

Ed è sempre della certezza morale che ragionano l'antica e la moderna filosofia, ogni volta che la consi derano come fondamento dei giudizi: perchè se si do

vesse prender norma dalla certezza assoluta, sarebbe vana per gli uomini la ricerca del vero, e Astrea potrebbe novamente fuggirsene in cielo.

La Prova, cui la sapienza del mondo affidò l'altissimo ufficio di inseguire in mezzo alle ombre del tempo e fra traccie smarrite la realtà dei fatti che furono e presentarla rediviva e palpabile ora libera nelle sue indagini e nelle sue conclusioni, ora guidata da norme legali, ed ora in angusti limiti costretta, ha tutta una storia che riflette la storia della civiltà.

Cosi mentre in Roma sotto la Repubblica, quando le sentenze uscivano dalla coscienza del popolo, la prova non conobbe regole che la vincolassero nè vincolava il giudice, e poi, sotto l'Impero, le Pandette diedero ammaestramenti e consigli sulla scelta delle prove e sulla valutazione di esse, ma non istituirono verun sistema di prove legali che inceppassero fra le strettoie di norme stabilite il convincimento del giudice; in appresso quando venne la notte del medio evo, vennero con la notte la tortura e i giudizi di Dio, e sulla fine del secolo XV e nel XVI e XVII si creò un sistema di prove materiali determinate aventi sul giudizio un'efficacia che la legge avea prestabilita, finchè all'aurora dell'epoca nostra caduto questo sistema di artifici e di calcoli che prescindendo dalla intelligenza del giudice e spegnendone la coscienza faceva inciampo al pensiero, si fe' luogo (e fu gloria italiana) (1)

(1) BECCARIA, Dei delitti e delle pene, cap. 7 e 8. FILANGIERI, Scienza della legislazione, lib. 3, cap. 15.

alla teoria che ripone nella certezza morale acquistata dal giudice il fondamento della certezza giudiziaria, nella coscienza del giudice il fondamento della giustizia.

In conformità di questo principio, quelle fra le moderne legislazioni, e sono il maggior numero, che affidano il giudizio alla coscienza del giudice, non gli prescrivono i mezzi con cui edificare il convincimento, né gli domandano per quali vie abbia raggiunta la certezza. Egli è libero nella scelta dei fattori del suo convincimento: è libero di attingere la certezza così a prove affermative come a prove negative, dirette o indirette, perfette o imperfette.

Libertà nella scelta delle prove come nella estimazione di esse: libertà, che se il giudice ha la mente sagace e l'animo vergine è la più sicura guarentigia della giustizia.

Ma se la legge non ha limitato il numero delle prove e non ha prescritto al giudice di usar queste o quelle nè di estimarle in questo o a quel modo, tuttavia previde e indicò alcuni mezzi di prova.

Mezzi di prova sono le vie che conducono alla prova, sono gli stromenti che servono a presentare al giudice i fatti probatori, i quali egli valuta e cribra e scerne, e n'esce la certezza.

Fra questi mezzi di prova sono i testimoni.

II.

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Qualunque ci narri un fatto non veduto nè sentito da noi è un testimone. Ogni storico è un testimone ed ogni testimone è uno storico. Onde le regole della critica sono le norme dei giudizi.

<< Tanta fede perciò merita il fatto quanta se ne deve al testimone accordare. »

In queste parole di Mario Pagano è riassunta la teoria della prova testimoniale. (1)

Quando è offerta da testimoni degni di fede, questa prova è un mirabile strumento di verità. Ma uopo è che venga da uomini di fede perchè sia atta a generare la fede: fides, vale a dire appoggio, quasi appoggio dell'animo sulla concepita verità.

Ora, la mente umana è cosi piena di errori, e l'animo umano cosi travagliato dalle passioni, che le testimonianze anche d' uomini probi molte volte non sono lo specchio della verità.

Bentham disse che i testimoni sono gli orecchi e gli occhi della giustizia. (2)

Ma la storia degli errori giudiziari sta a dimostrarci inesorabilmente quella massima formulata da Pascal (8)

(1) Teoria delle prove, cap. 7.

(2) Trattato delle prove giudiziarie, t. 2, pag. 93.
(3) Pensées, art. 4, n. 8.

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