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mune di Firenze a quelli, che gli ave vano fatti degli imprestiti (44) si può intendere da Giovanni Villani quale al Cap. 49. del Lib. XI. della sua Storia così parla: E chiunque prestasse sopra se al Comune, avesse di guiderdone libero, e senza tenimento di restituzione a ragione di 15. per centinajo l' anno; e chi non volesse credere al Comune sopra le dette Gabelle, (45) prendesse la sicurtà e scritta libera delle dette Compagnie e Mercatanti, e avesse per guiderdone otto per centinajo l'anno; e quelli che facevano la scritta per lo Comune sopra loro, aveano della detta Scritta è promessa cinque per centinajo l'anno. E quale Uomo avea della detta prestanza, e non era mobilato,

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(44) L' Alleanza conchiusa dalla nostra Repubblica sotto di 21. Giugno 1336. Indizione IV. colla Repubblica di Venezia per far guerra a Mastino della Scala Signor di Verona, fu la cagione per cui il nostro Comune fu costretto a cercar danari per supplire alle spese.

(45) Per sicurezza dei Creditori il nostro Comune assegnò a loro favore 300. mila Fiorini d'oro sopra le Gabelle dello Stato.

altro cominciò ad aumentarsi il frutto del danaro ad un segno, che giunse fi no al 20. per cento l'anno; E per potere quei Prestatori esigere con un titolo meno odioso un' usura tanto eccessiva facevano l'imprestito in questa guisa: Prestavano il danaro a usura solamente per sei mesi, e quello che riceveva il danaro pagava nell'atto del ricevimento il frutto dei sei mesi al Prestatore, o sivvero in vece di pagarlo veniva accresciuto al Capitale, e si ob bligaya il Debitore che terminati i sei mesi, se non avesse restituito il Capitale ricevuto ad imprestito, averebbe pagati pro damno te interesse quattro dana ri per Lira ogni mese, che corrispondono al 20. per cento l'anno: In una Car ta del dì 6. Settembre dell'anno 1292. rogata dal Notaro Giovanni di Perfetto leggo che Ubaldino di Giovanni prese in presto da Matteo Scali Lire cento per sei mesi, col patto, che mancando in detto tempo alla restituzione, averebbe pagato pro omni damno, et omni interesse quator denarios pro qualibet libra' singulis mensibus. Qual fosse la Rata dei frutti, che pagò nell' anno 1336. il Co

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rammentato il Padre Piero degli Strozzi dell'Ordine dei Predicatori, ed in seguito tutti i Religiosi di quell' Ordine, ma inutile era ogni loro buona dottrina, essendo troppo attaccati i nostri antichi all' interesse.

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S. IV.

Del Magistrato di quest' Arië.

TL Magistrato di quest' Arte era composto di quattro Soggetti, che esser dovevano matricolati nella medesima, e si chiamavano Consoli: le loro inges renze erano di risolvere le Cause Civili, e Criminali, che interessavano i sottoposti all' Arte: di dar la Matricola a chi voleva essere ascritto alla medesima, e ricevere il pagamento delle Tasse ordinate dallo Statuto dell' Arte, quale era stato compilato nel 1299.

Secondo questo Statuto i Cambiatori potevano aprire i loro Banchi solamente nelle due strade di Mercato Vecchio, e Mercato Nuovo: non era loro permesso di trattare alcun negozio fuori dei loro Banchi, ed erano obbligati

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tenervi d'avanti una Banca coperta con tappeto, con sopra il Libro dei Conti, e la Borsa. Tutti i negozi che facevano dovevano esser registrati in quel Libro, e dovevano farsi a mediazione di un terzo, che fu detto Mezzano quale guadagnava una mercede stabilita dalle Leggi dell' Arte.

Stabilito il Principato fu il Magistrato di quest' Arte per Suprema deliberazione spogliato dell' amministrazione della Giustizia, e fu aggiunta quest' incombenza in parte al Magistrato dell' Arte della Seta, e in parte ai Sei di Mercanzia.

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Anche quest' Arte contribuì non poco ad arricchire la Città nostra di un Pio Luogo quale fu l'Ospedale detto di S. Matteo in benefizio dei poveri Infermi, situato sulla Piazza di S. Marco; Guglielmo Balducci di Vinci di Graziano da Monte Catini di Valdinievole venuto a Firenze nell'anno 1335. ed aggregatosi all'Arte del Cambio, potè per mezzo della Mercatura alzarsi al possedimento di ragguardevoli ricchezze, per la qual cosa ottenne dalla Repubblica nell' anno 1365. di essere ammesso al

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godimento degli onori della Cittadinanza, ed avendo sposato nel 1850. Caterina d'Orlanduccio da Corticella, Famiglia ragguardevole di Parma, non ebbe prole maschile, (46) per il che pensò, come Uomo di pietà, di edificare un Ospedale, che fattone da per se il disegno, cominciò a fabbricarlo nel 1384. ma dalla morte prevenuto ne raccomandò il compimento ai Consoli dell' Arte del Cambio, dichiarandogli Eredi della sua Eredità col suo Testamento rogato da Ser Marino da Vellano il dì 24. Maggio dell' Anno 1389. L' Arte del Cambio continuò l'incominciata fabbrica, e la condusse al suo termine, senza rispar mio di spese, circa all'anno 1410. ne ritenne l'Arte sempre il Giuspadronato, e dai suoi Consoli furono sempre eletti gli Spedalinghi, e fu presieduto all' Amministrazione delle sue entrate.

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(46) Ebbe tre Figlie, che una chiamata Francesca maritò a Mess. Francesco Figlio di Averardo de' Medici detto Bicci.

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