ora a il queste carte, di stupendi casi narratrici, le quali voi, siccome rivo che alla sua sorgevole fonte ritorna, indirizzo e rappresento. Ion vi sia adunque grave leggerle, e se generose le troverete, come generosi foste, sarà segno che l'effetto è stato conforme alla intenzion vostra e mia. Vivete felici. Carlo Botta Da Vaux presso a Meulano il di vigesimo di maggio del 1831, in casa de' miei amici Carlo e Paolo Marochetti. ELENCO DE' SOTTOSCRITTORI CHE CONFORMEMENTE AL PROSPETTO EMESSO IN PARIGI IL 17 GENNAIO 1826 HANNO PROMOSSO E FATTO PUBBLICARE NEL MESE DI AGOSTO 1832 LA PRESENTE STORIA D'ITALIA SCRITTA SULLA LORO DOMANDA DA CARLO BOTTA IN CONTINUAZIONE DI QUELLA DEL GUICCIARDINI LITTARDI ¡DI ( conte Tommaso), ricevitore generale delle fi- | nanze del dipartimento del Varo, cavaliere della Legione d'Onore; per 5 azioni. RICCI (Gio. Battista) di Porto Maurizio, banchiere in Genova; per I a. CAISSOTTI (conte Carlo di Chiusano ), antico colonnello di cavalleria, commendatore della Legione d'Onore; per 1 a. GATTINO (avvocato Antonio di Meugliano), residente a Torino; per I a. RIGNON (Signore Luigi), proprietario in Torino; per 1 a. POGGI (signor cavaliere de' Poggi Piacentino) a Parigi; PIOSSASCO (conte Lodovico di Feis), patrizio Torinese; per I a. REISET, ricevitore generale del dipartimento della Senna Inferiore; per 1 a. NIVIERE (barone di ), antico ricevitore generale del dipartimento del Rodano; per 1 a. PARETO (marchese Lorenzo), q.m Agostino, patrizio Genovese; per 1 a. FARAGGIANA (Giuseppe), Genovese ; per 1 a. per I a. Rossi (cavaliere don Francesco), professore emerito di chirurgia, chirurgo delle loro maestà il re e la regina di Sardegna; per 1 a. GIORDANO (Giovanni, d'Ivrea), professore di chirurgia in Torino; per I a. DISPERATI (avvocato Antonio), in Livorno; per 1 a. MATTIROLO (avvocato Girolamo), in Torino; per 1 a. ZUCCHI (fratelli, Gasparo e Francesco), proprietari in Torino; per 1 a. MARIANI (signore Mariano), ricevitore delle finanze in MAROCHETTI ( Carlo), statuario a Vaux (Senna e Oise); Parigi; per 1 a. D'AZEGLIO (marchese Roberto Trapparello), patrizio Torinese; per 1 a. BORGARELLI D'ISox (conte), colonnello del 16." reggi- BAILLIOT, deputato del dipartimento di Senna e Oise alla MOLARD, pagatore della marina a Tolone; per 1 a. B***, per circostanze indipendenti dalla sua volontà, non ha continuato la sua sottoscrizione; per 1 a. Rossi (Pellegrino), professore di giurisprudenza, in Ginevra; per 1 a. PUCCI (marchese Giuseppe), patrizio Fiorentino; per 1 a. MARCHISIO (Stanislao), uomo di lettere e negoziante in Torino; per 1 a. per I a. ARCONATI VISCONTI (marchese di Milano), a Brusselle ; per I a. VICINO (Giovanni Domenico), proprietario in Torino ; per I a. AMATEIS (Bertola), proprietario Torinese; per 1 a. FERRARI (barone cavaliere Maggiora), presidente rappre sentante la Società di Lettura di Piacenza ; per 3 a. VEGLIO (dottore Francesco), medico in Torino ; per 1 a. PAROLETTI (Conte Cesare), Torinese; per 1 a. G. G***, C., avv., e causidico coll. di Torino; per 1 a PORTA BAVA (dollore Ignazio), medico in Torino: per 1 a. FRANCHELLI (conte Giuseppe), sindaco della città di Finale Marina; per 1 a. DURAZZO (marchese Marcello, fu Giacomo Filippo) patrizio Genovese; per 1 a. SCHIAFFINO (barone Giuseppe); per 1 a. D. A.*** Per circostanze indipendenti dalla propria volontà dopo d'aver sottoscritto non ha potuto adempire agli obblighi della sua sottoscrizione, alla quale ha rinunziato ; per I a. CUCIANI (Matteo e Paolo, fratelli ) dimoranti in Torino ; per I a. SPANNOCCHI PICCOLOMINI (barone Car. Giovanni), di Siena; per I a. G. N. LA*** (fu C***), Genovese ; per I a. PERINI BRANCADORI (S. E.), consigliere di stato, luogo- GINO CAPPONI (marchese), di Firenze; per 1 a. Del TAJA (nobile Giulio), ciambellano di S. A. I. R. il DE' BARDI (cavaliere Girolamo), di Siena; per 1 a. BORGHESI (Conte Luigi Bichi), ciambellano di S. A. I. R. il Gran Duca di Toscana; per I a. VIVARELLI (Signore Ubaldo), di Siena; per 1 a. BENEVELLO (Conte Cesare della Chiesa), Torinese; per 1 a. DE' FORNARI (Signore Giovanni fu Luca), patrizio Geno- GUIDE (Francesco), d'Antibes; per 1 a. GAZZO (Antonio Gaetano), notaio in Genova; per 1 a. RUGGIERI, direttore dell'Ateneo Letterario in Venezia; per I a. PUCCINI (cavaliere Niccolò), di Pistoia; per 1 a. BERTOLOZZON D'ARRACHE (conte Gaetano), Torinese; per I a. DI NEGRO (Gio. Carlo), patrizio Genovese; per 1 a. GANDOLFI (cavaliere Pantaleone), intendente della provincia e città di Vercelli, cavaliere de' SS. Maurizio e Lazara; per 1 a. SERRA (marchese Gio. Carlo), patrizio Genovese ; per 1 a. BELGRANO (avvocato Giuseppe ), d'Oneglia; per 1 a. ROBERT di BARGE (Giuseppe), proprietario Piemontese ; Soc. PARM., di Parma; per 1 a. GUASCO di CASTELLETTO (marchese Carlo), dimorante in ROSINI (Giovanni), professore di letteratura italiana in C*** ( De' M*** ), di Pisa; per 1 a. PAPADOPOLI (conte Antonio), di Venezia ; per 1 a. TREVES (Giacomo ), banchiere in Venezia ; per 1 a. RODI di CINZANO (marchese Enrico), Torinese; per 1 a. SORANZO (conte Tommaso di ), di Venczia ; per 1 a. TOTALE GENERALE, 100. PREFAZIONE ebbe ragione quell' africano re che dalle sue ardenti arene partissi per venire a Roma non per altro che per vedervi Tito Livio. Non so se m'inganni, ma mi pare al certo che la grandezza stessa di Cicerone, la quale pure un così immenso spazio comprende, non sia da uguagliarsi a quella del padovano scrittore. Se non ai tempi d'Augusto, in GLI storici storici italiani, noverando sotto que che, come Tito Livio fu, capace fusse o sasto nome anche i latini, perchè, quantun-rebbe di portare un così enorme peso. Bene que non abbiano scritto in italiano, sono pure di patria e di sangue italiano, si possono distinguere in tre classi ovvero ordini, dei quali gli uni meritano il nome di patrioti, gli altri quello di morali, i terzi finalmente naturali o positivi si potrebbono appellare. Eper dire le qualità che a ciascuna di queste classi od ordini si appartengono, e che l'una dall' altra diversificano, e' bi-cui il non voler comandare a sè medesimo sogna far considerazione del metodo che gli scrittori di storie, i quali in questa od in quella si comprendono, seguono, ed il fine che si propongono. Alcuni fra di loro vi sono che più che alla verità, servono al pensiero di eccitare fra i loro concittadini l'amore della patria per animargli ad alti fatti in pro di lei, o che si tratti per la libertà, o per la potenza, o in somma per tutte quelle cose che la possono far felice e libera dentro, potente e temuta, od almeno rispettata, fuori. Degli storici di questo ordine più si debbono lodare alcuni paesi in particolare che il genere umano in generale, e se piacciono alla propria nazione, poco vengono accetti alle forestiere. Di questi storici un esempio risplendentissimo abbiamo fra gli antichi in Tito Livio, fra i moderni negli storici veneziani, e più specialmente nel Bembo. Leggendo il primo si vede che Romano è. Veramente la sua maravigliosa eloquenza, la gravità del suo discorso, quella lingua e quello stile così robusto e così nervoso, giunto a qualche complicazione di parole, onde per mano non vi guida, come fanno gli scrittori di stile piano e andante, ma per intenderlo bisogna prima pensare, Romano il fanno. Romano ancora più il rendono le sue narrazioni e riflessioni che tutte spirano l'amore di Roma altamente, e la grandezza della romana potenza esaltano. Pari veramente è la grandezza dello storico alla grandezza dell'imperio, e non vedo fra gli storici di tutti i tempi, anzi di tutte le nazioni, uomo ed il voler comandare agli altri avevano già corrotti i romani costumi, ma bensì quando il moderare i propri affetti in pro della patria era ancora in uso ed ancora il nome di repubblica suonava alto nei cuori, fosse nato, egli avrebbe prodotto in Roma quei miracoli che colla sua sonora voce produsse Tirteo in Grecia: un rivo di salute avrebbe mandato la Brenta al Tevere. Veramente Tito Livio è il principe degli storici patrioti; ma quando ciò affermo, non voglio già dire che sempre e neppure spesso non sia veridico, anzi in ciò si potrebbe con ragione asserire che molto meno pecca di quanto l'anima sua patria avrebbe potuto far sospettare; perocchè non di rado le bruttezze romane e le virtù cartaginesi, anzi quelle dei barbari non tace, ed il vile plebiscito sopra Aricia altamente biasima e condanna. Neppur passa sotto silenzio l'amore della libertà ed il valore dei Liguri e dei Sanniti, e le sconfitte delle romane legioni che ne seguitarono; onde se sempre si dee lodare di patriotismo, spesso ancora merita lode per sincerità. Io certamente non m'ardirei paragonare per l'altezza del pensiero e dello scrivere a Tito Livio gli storici veneziani, massimamente il Bembo, il quale se scrisse ornatamente, come il padovano là dove il padovano nacque, molto ancora più fiaccamente e rimessamente scrisse; nè l'ingegno del Bembo, quantunque grandissimo fosse, era pari a quello dell'antico scrittore, nè Venezia uguale a Roma, onde venne mancando |