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supra septingentesimum annum repetatur, et quae ab exiguis profecta initiis eo creverit, ut iam magnitudine laboret sua; et legentium plerisque haud dubito quin primae origines proximaque originibus minus praebitura voluptatis sint, festinantibus ad haec nova, quibus iam pridem praevalentis populi 5 vires se ipsae conficiunt. Ego contra hoc quoque laboris praemium petam, ut me a conspectu malorum, quae nostra tot per

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da Livio, ma non mai da Cicerone, in luogo di quippe qui, soprattutto in proposizioni subordinate. supra, cfr. Caes b. g. 6, 19 supra hanc memoriam più indietro di questa età septingentesimum: cfr. Cic. Or. 120 annorum septingentorum memoriam uno libro conligavit Atticus. repetatur si estende indietro cfr. supra altius repetere derivare, pigliar le mosse, rimontare et quae è adoperato in luogo di et, sia per coordinare con maggior chiarezza la nuova proposizione alla relativa che precede, sia per tenere nettamente distinti tra di loro i due motivi, che crescono difficoltà all'esposizione della storia di Roma, e sono la sua lunga durata e la gran copia ed importanza dei fatti che essa comprende. Ove il secondo pronome relativo si trovasse a mancare, quei due motivi avrebbero l'apparenza d'un motivo solo; cfr. anche 38, 31, 5 qui consuli M. Fulvio quique Romanis Lacedaemonem dederent. Del resto la ripetizione del pronome relativo era anche richiesta dal diverso significato che assume la voce res in rapporto colle due prop. magnitudine laboret sua più non regga al peso della sua grandezza legentium. Il part. presente assume in latino in parecchi casi, ad eccezione del nom. sing. e a preferenza nel gen. sing. e pl. (cfr. scribentis 5, condentium 8, 5, spectantis 25, 4, colentium 5, 22, 3, ecc.), il valore di sostantivo, e si adopera per esprimere l'azione; mentre invece i sostantivi in tor indicano più propriamente lo stato ovvero una qualità immanente. plerisque col gen. partitivo; cfr. 9, 45, 17 plerique no

bilium.

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- origines... originibus. La ripetizione dello stesso nome si trova preferita da Livio non poche volte all'uso del pronome, vuoi a scopo di chiarezza, vuoi per evitare, come qui accade, il soverchio cumulo di dimostrativi; cfr. 3, 9 colle colli; 7, 1. proxima regge in Livio quasi esclusivamente il dat., più raramente l'abl. con a o pur l'accusativo, che è invece regolare cogli avverbii proxime e propius. Anche propior è costruito da Livio più spesso col dat. che coll'acc. minus voluptatis. Il pensiero che qui esprime Livio è affatto contrario all'altro di Tucidide 1, 22, 4: ἐς μὲν ἀκρόασιν ἴσως τὸ μὴ μυθῶδες αὐτῶν ἀτερπέστερον φαveitai, e serve forse a provare che la storia contemporanea e moderna avesse su di lui anche maggior attrattiva dell'antica. haec nova: i tempi moderni, i fatti contemporanei. Da quel che segue apparisce, che Livio qui intende di accennare alle guerre civili, le quali destavano nei contemporanei assai maggiore interesse dei tempi mitici (prisca illa). iam pridem praevalentis = i. p. praevalidi: il participio praevalens ricorre anche in 5, 15, 7. 5. ego contra: io scrittore, al contrario di questo, che è il gusto dei lettori, dimenticherò le miserie presenti nel racconto della storia antica. hoc quoque praemium ha relazione con iuvavit tamen; cfr. Cic. div. 2, 2, 5 equidem ex his etiam fructum capio laboris mei, nostra è separato e preposto ad aetas per maggior

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annos vidit aetas, tantisper certe, dum prisca totă illă mente repeto, avertam, omnis expers curae, quae scribentis animum, etsi non flectere a vero, sollicitum tamen efficere posset.

Quae ante conditam condendamve urbem poëticis magis de- 6 cora fabulis quam incorruptis rerum gestarum monumentis traduntur, ea nec adfirmare nec refellere in animo est. Datur haec venia antiquitati, ut miscendo humana divinis primordia 7 urbium augustiora faciat; et si cui populo licere oportet consecrare origines suas et ad deos referre auctores, ea belli gloria est populo Romano, ut, cum suum conditorisque sui parentem Martem potissimum ferat, tam et hoc gentes humanae patiantur

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enfasi, cfr. 4, 6. tota illa hanno i manoscritti: il Madvig invece propone di leggere illa tota con un leggiero invertimento, che però non si capisce bene come abbia potuto aver luogo nei codd. efficere è più forte di facere e viene adoperato in sua vece sol rare volte sì da Cicerone si da Livio; cfr. 2, 60, 4. Chi in tristi tempi racconta la storia contemporanea è costretto o a mentire o pur, dicendo il vero, a temere ognora per la sua vita. - posset è trasformato dal Madvig sulla seorta dei mscr. più recenti in possit; ma egli non bada che scribentis vien qui da Livio riferito a sè stesso, ed equivale a si haec nova scriberem. 6. ante conditam condendamve prima che Roma fosse edificata o pur si stesse sul punto di edificarla Col part. pass. Livio accenna ai fatti più remoti e meno direttamente legati colla fondazione di Roma; col participio di necessità, che fa le veci del part. pres. pass., egli si riferisce agli eventi che, secondo il fato (cfr. 4, 1), ne dovevan precorrer l'origine, e son la nascita dei due gemelli e la morte di Remo. Livio forse aggiunse al primo il secondo participio, per limitare la parte leggendaria della storia romana soltanto a quella, che ne precorre più direttamente le origini; cfr. 1, 1 e 4, 2. Il gerundivo con ante è assai raro in latino, e l'uso ne è qui determinato soltanto dalla presenza di conditam: più frequente è invece il gerundivo dopo inter, cfr. 21, 21, 8 inter labores aut iam exhaustos aut mox exhauriendos. decōrus ha in Livio

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il significato di "conforme, corrispondente e si costruisce col dat., cfr. 42, 5. Esso qui regge le due espressioni costruite parimenti in dativo poëticis fabulis e incorruptis monumentis, e potrebbe tradursi per mezzo di racconti che corrispondono meglio, che son più degni di fiabe poetiche anzichè di sicure fonti storiche 7. primordia origines. ea est, etc.: espressione brachilogica che fa le veci dell'altra assai meno concisa e meno bella, a cui si è sostituita: si cui populo licet consecrare origines suas, hoc certe liceat oportet pop. Rom., cuius ea belli gloria, etc. est pop. rom. spetta al popolo romano cfr. 2, 30, 9 is finis populationibus fuit. potissimum in mezzo a tutti gli altri dei in ispecial modo Questo cenno è rivolto contro di quegli storici, i quali ritenendo ingiustificata la gloria e la potenza militare dei Romani, tendevano coi loro scritti a deprimerla, cfr. 9, 18, 6. prae se ferat nomini, consideri cfr. 2, 41, 10 sunt qui patrem auctorem supplicii ferant, 7, 1, 10 secundum conditorem ferrent. humanae gentes è qui contrapposto a populus Romanus, ed indica tutti gli uomini,

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8 aequo animo, quam imperium patiuntur. Sed haec et his similia, utcumque animadversa aut existimata erunt, haud in magno 9 equidem ponam discrimine: ad illa mihi pro se quisque acriter intendat animum, quae vita, qui mores fuerint, per quos viros quibusque artibus domi militiaeque et partum et auctum imperium sit; labente deinde paulatim disciplina velut desidentes primo mores sequatur animo, deinde ut magis magisque lapsi

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cfr. Mart. 12, 8 terrarum dea gentiumque Roma. patiantur ... patiuntur. La ripetizione dello stesso verbo in modi diversi conferisce all'espressione maggiore efficacia e chiarezza, cfr. 50, 6 non magis observaturos quam ipse observet. Riguardo al pensiero, che è qui espresso da Livio, si può mettere a raffronto ciò che scrive Cicerone de rep. 2, 2, 4: quod habemus tam clarum exordium quam huius urbis condendae principium ?... concedamus enim famae hominum praesertim inveteratae... ut genere putarentur divino,. 8. Livio, dopo di aver espresso il proprio giudizio intorno ai tempi mitici che precedettero la fondazione di Roma, ripete sott'altra forma il pensiero con cui si chiude il § 6, per aprirsi la via a discorrere del punto di vista, da cui la storia di un popolo deve essere studiata ed esposta. his similia. Similis e dissimilis si trovano costruiti da Livio col dat. di cosa (unica eccezione è veri similis) e col gen. o pure col dat. di persona. utcumque... erunt da qualunque punto haud, più spesso di non,

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di vista si guardino o pur si giudichino trovasi adoperato da Livio in unione con equidem: unica eccezione è 26, 22, 14. in magno ponam discrimine dar grande importanza cfr. Verg. 10, 108 nullo discrimine habebo. 9. illa accenna propriamente a ciò che vien dopo, cioè alle cause della grandezza e del decadimento degli stati; ma non per questo dovrà dirsi che esso faccia le veci di hic, perchè invece quel pronome tanto qui che altrove trovasi adoperato per dar risalto ad un concetto di grande importanza. Qui potrai tradurlo con a questo soprattutto mihi dat. etico, cfr. 22, 60, 25. — per quos non è già messo in senso restrittivo, come opina il Weissenborn, per indicare un picciol nucleo di uomini eminenti che concorsero alla grandezza di Roma, ma ben piuttosto per mettere in mostra le nobili qualità delle generazioni passate che a quella collaborarono. Il significato di questo relativo è affatto conforme a quegli altri che lo precedono e lo seguono. artes si adopera in generale per indicare i vizii o pur le virtù di un popolo, cfr. 53, 4 arte Romana, 42, 47, 4 artes Romanae e Sall. Cat. 2, 4 imperium facile iis artibus reti netur, quibus initio partum est. labente deinde, etc. Il verbo principale di questo nuovo periodo è sequatur, il quale in unione col complemento animo fa perfetto riscontro all'intendat animum del periodo che precede. L'ablativo assoluto labente deinde paulatim disciplina serve a indicare il primo momento della rovina di un popolo, che è appunto segnato dall'abbassarsi e dal decadere del sentimento della moralita; e gli effetti di questa decadenza sono poi descritti per mezzo di tre proposizioni, che formano come altrettanti oggetti del verbo sequatur: a) primo mores velut desidentes, b) deinde ut magis magisque lapsi sint, c) tum ire coeperint praecipites, donec, etc. Nella prima di queste tre

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sint, tum ire coeperint praecipites, donec ad haec tempora, quibus nec vitia nostra nec remedia pati possumus, perventum est. Hoc illud est praecipue in cognitione rerum salubre ac fru- 10 giferum, omnis te exempli documenta in inlustri posita monumento intueri; inde tibi tuaeque rei publicae quod imitere capias, inde foedum inceptu, foedum exitu, quod vites. Ceterum 11

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proposizioni è adombrata l'inerzia dei buoni, i quali restano indifferenti e quasi tollerano la presenza dei cattivi; nella seconda è descritto il contagio malefico che i secondi esercitano su i primi; e nella terza la corruzione generale che ne deriva, la quale finirà da ultimo coll'ispirare agli uomini disgusto e scontento pei loro proprii vizii. Quest'ultima fase, con cui Livio accenna all'età che fu sua, ci fa pensare, anche senza volerlo, al gran mutamento che si andava preparando nella coscienza delle genti e sopratutto di Roma. donec è abbastanza frequente in Livio, sebbene da Cicerone non sia stato adoperato più di quattro volte e nessuna volta da Sallustio e da Cesare. remedia accenna forse, secondo che sospetta il Merivale, all'opposizione che fu fatta alle riforme di Augusto, le quali furono considerate tanto dai contemporanei quanto dai posteri come la rovina e il crollo della libertà, mentre invece erano dirette, se non ad altro, a preservare almeno con una forte e mirabile organizzazione politica l'influenza morale di Roma già presso che spenta. Anche altrove lo stato Romano già presso a finire vien rassomigliato ad un infermo, che, mentre non sa sopportare la gravità del suo male, è d'altra parte insofferente dei rimedi che gli si apprestano; cfr. 34, 49, 3 intermori vehementioribus, quam quae pati posset, remediis civitatem sinere. 10. hoc illud est praecipue salubre: questo è quello che è, ecc.: il predicato di questa proposizione è costituito dalla frase illud praecipue salubre (agg. n. sostantivato), in cui il pronome illud fa quasi le veci dell'articolo greco tó; e diciamo che ne fa le veci, non già che gli corrisponda, perchè, com'è noto, il predicato in greco, quando si accompagna con otros questo,, è sempre privo d'articolo (cfr. odros vóuos). Moritz Müller interpreta illud come predicato di hoc e mette a raffronto senz'altro l'hoc illud est quod del 5, 2, 3 e di Cic. de Senect. 20, 72, senza badare che in questa frase manca ilsostantivo salubre, e vi ha per di più il pronome relativo. omnis exempli documenta" ammaestramenti per qualsiasi circostanza od evento cfr. 25, 33, 6 exempla haec vere pro documentis habenda e 28, 42, 1 M. Atilius, insigne utriusque fortunae exemplum, nobis documento sit. inde in luogo di unde, cioè una proposizione principale invece di una subordinata, per mettere maggiormente in mostra i buoni effetti educativi e morali, che dalla storia si possono ritrarre. tibi tuaeque. La storia è uno splendido ammaestramento non solo agli individui, per la condotta che essi debbono tenere nello stato, ma agli stati stessi, pel modo come possono conservarsi e non andare incontro a sicura rovina. pias, sott, exemplum, cfr. 49, 2 exemplum capi posse. Sebbene il senso di capere possa parer contrario a quello di vites, pur non va dimenticato che capias è messo in relazione diretta con imiteris, e che si estende soltanto per zeugma anche a vites, assumendo in questa seconda relazione quasi il significato di intellegas. foedum, cfr. 26, 38, 4 id foedum

- ca

aut me amor negotii suscepti fallit, aut nulla umquam res publica nec maior nec sanctior nec bonis exemplis ditior fuit, nec in quam [civitatem] tam serae avaritia luxuriaque immigraverint, nec ubi tantus ac tam diu paupertati ac parsimoniae honos fuerit: adeo quanto rerum minus, tanto minus cupidi

nec ...

nec ...

11. ceterum è una par

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nulla

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consilium cum inceptu tum etiam exitu fuit. ticella che gli storici adoperano frequentemente, o per esprimere lo svolgimento progressivo di un'idea o pure per ripigliare un discorso già interrotto; sicchè in italiano si traduce bene con del resto, o pure con inoltre,. Il pensiero di Livio in questo punto è il seguente: del resto la storia di Roma, se io non m'inganno, più che prestarsi a considerazioni malinconiche, offre ad un Romano non poche ragioni di compiacimento, come quella che ci mostra un popolo che sorge e si espande per forza di virtù proprie, e che si conserva per lungo volger di anni estraneo a tutti quei vizii, che hanno intristite per fino le origini delle altre nazioni. La storia di Roma è sopratutto un'alta scuola di moralità, unde quod imitere capias. aut... aut: è questa una costruzione comune al latino non meno che all'italiano, cfr. 22, 39, 8 aut ego rem militarem ignoro aut nobilior alius locus nostris cladibus erit. nec... la ripetizione della negazione è fatta per accrescer forza al predicato, a cui essa è congiunta, cfr. 26, 12. sanctior è riferito alla santità e purezza dei costumi, e ha special riguardo al sentimento religioso, cfr. Cic. Rosc. com. 15, 44 Cato sanctus et innocens. - nec in quam civitatem. I commentatori spiegano questa frase per mezzo dell' attrazione del sostantivo civitas dalla proposizione principale (nec ulla civitas fuit in quam) nella proposizione relativa. Però quest'attrazione, quantunque giustificata dal raffronto con 1, 3 in quem primo egressi sunt locum Troia vocatur, sembra a me nel 1. presente poco probabile e poco bella. Sicchè io inclino a considerare civitatem come una glossa (alla quale opinione or si accosta anche il Novák), e a ritenere questo nec, al pari degli altri che precedono, come una mera modificazione del predicato di nulla res publica, il quale si trova in questo caso ad essere espresso per mezzo di un'intera proposizione. serae, cfr. Hor. Carm. 1, 2, 45. L'aggettivo si trova ben spesso adoperato in latino, al pari che in greco, in luogo di un avverbio, sopratutto colle parole che indicano numero, tempo, misura o speciale disposi zione d'animo, cfr. prior, proximus, totus, frequens, acer, audax, infensus, ecc. Oltre a queste parole Livio adopera in funzione affatto simile anche mitem 4, 6, repens 14, 5, sublimis 16, 2, caelestis 31, 4, improvidi 2, 50, 6, pavidi 3, 3, 3, prosper 5, 51, 5, primi 9, 5, 11, cruentum 24, 44, 8, gravis 27, 4, 1. libens 27, 8, 5, confertus, effusus, tacitus, etc. ritia, cfr. Sall. Cat. 12, 2 luxuria atque avaritia invasere. immigraverint penetrarono, per qual ragione Livio adopera il congiuntivo in luogo dell'indicativo? paupertati ac pars., cfr. 34, 4, 13 pessimus pudor est vel parsimoniae vel paupertatis. adeo tanto è vero che, adoperano frequentemente Livio e Tacito a principio di una preposizione, che serve come a dar rilievo e conferma al pensiero innanzi espresso. In luogo di questa forma, la quale del resto ricorre nel de off. 1, 11, 37, Cicerone adopera più comunemente ita, usque, eo, is (cfr. § 7), tam tantus.

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