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polo questo nostro, che spero non debba parere soverchio a nessun serio cultore degli studii classici.

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Prima, ad ogni modo, di por termine a queste brevi parole d'introduzione, vorrei rivolgermi a tutti coloro che si interes sano per la serietà della nostra cultura scolastica, e soprattutto a quei professori ai quali questa nostra fatica non parrà affatto inutile, per sapere se dei libri successivi - ad eccezione del XXI e del XXII gradirebbero una specie di florilegio o crestomazia; in cui, omettendo i luoghi irti di nomi e meno notevoli per l'arte, si raccogliessero i tratti più importanti per la intelligenza storica e completa delle istituzioni e della vita romana, assieme a tutti quei luoghi dove lo stile di Livio si colora e la fantasia commossa gli ispira slanci sublimi di poesia.

Aspetto dalla benevolenza dei lettori consigli ed aiuti, che possano rendere meno imperfetti i volumi già pubblicati e più utili quelli che sono ancor di là da venire.

Postilla aggiunta per la nuova edizione. L'attenta revisione, alla quale ho sottoposto questo mio antico lavoro, mi consente di poterne giudicare, a tanta distanza di tempo, con piena serenità, come se si trattasse di uno studio che più non mi appartiene, o che non appartiene più soltanto all'autore che ebbe cura di prepararlo. In tanta foga di lavoro scientifico l'opera alla quale mi accinsi, per suggestione e consiglio del benemerito e sempre compianto Editore, non è peranco invecchiata. Non ho avuto perciò alcun bisogno di ringiovanirla con mezzi artificiali, e perciò stesso vani e tardivi. Essa risponde ad un apprezzamento dell'arte e del valore storico di Livio, che per quanto aspramente contrastato altra

volta, entra oramai alla luce delle nuove scoperte decisamente nel dominio della trasformata coscienza scientifica. Io non presumo già di aver preparata la via ad un giudizio più equanime e sereno della grandezza dello Storico padovano. Ma ho la coscienza di aver contribuito non inefficacemente a questa elevazione e purificazione dei criterii storici nel campo dell'Antichità classica. Nè è ormai più a temere, che le intemperanze del passato possano ripigliare più un'altra volta l'antico e mal consigliato sopravvento.

Mi si consenta solo, per debito di gratitudine, di dichiarare, che se i lettori troveranno modo di ammirare la scrupolosa correttezza di questa edizione, essi debbono esserne grati al par di meal chiaro professor CESARE GIARRATANO del liceo di Cosenza, che ebbe l'amichevole cura di attendere alla revisione delle bozze di stampa.

TITI LIVI

AB URBE CONDITA

LIBER II..

PERIOCHA.

Brutus iure iurando populum adstrinxit neminem regnare Romae passurum. Tarquinium Collatinum collegam suum propter adfinitatem Tarquiniorum suspectum coegit consulatu se abdicare et civitate cedere. bona regum diripi iussit, agrum Marti consecravit qui campus Martius nominatus est. adulescentes nobiles, in quibus suos quoque et fratris filios, quia coniuraverant de recipiendis regibus, securi percussit. servo indici, cui Vindicio nomen fuit, libertatem dedit; ex cuius nomine vindicta appellata. cum adversus reges, qui contractis Veientum et Tarquiniensium copiis bellum intulerant, exercitum duxisset, in acie cum Arrunte filio Superbi commortuus est, eumque matronae anno luxerunt. P. Valerius consul legem de provocatione ad populum tulit. Capitolium dedi. catum est. Porsenna Člusinorum rex bello pro Tarquiniis suscepto cum ad Ianiculum venisset, ne Tiberim transiret virtute Coclitis Horati prohibitus est, qui, dum alii pontem sublicium rescindunt, solus Etruscos sustinuit, et ponte rupto armatus in flumen se misit, et ad suos transnavit. accessit alterum virtutis exemplum a Mucio, qui cum ad feriendum Porsennam castra hostium intrasset, occiso scriba, quem regem esse existimaverat, comprehensus impositam manum altaribus, in quibus sacrificatum erat, exuri passus est, dixitque tales trecentos esse. quorum admiratione coactus Porsenna pacis condiciones ferre bellum omisit acceptis obsidibus. ex quibus virgo una Cloelia deceptis custodibus per Tiberim ad suos transnavit et cum reddita esset, a Porsenna honorifice remissa equestri statua donata est. adversus Tarquinium Superbum cum Latinorum exercitu bellum inferentem Aulus Postumius dictator prospere pugnavit. Ap. Claudius ex Sabinis Romam transfugit: ob hoc Claudia tribus adiecta et numerus tribuum ampliatus est, ut essent viginti una. plebs, cum propter nexos ob aes alienum in Sacrum montem secessisset, consilio Meneni Agrippae a seditione revocata est. idem Agrippa cum decessisset, propter paupertatem publico impendio elatus est. tribuni plebis quinque creati sunt. oppidum Vulscorum Corioli captum est virtute et opera Cn. Marci, qui ob hoc Coriolanus vocatus est. T. Latinius, vir de plebe, cum in visu admonitus, ut de quibusdam religionibus ad senatum perferret, id neglexisset, amisso filio pedibus debilis factus, postquam delatus ad senatum lectica eadem illa indicaverat, usu pedum recepto domum reversus est. cum Cn. Marcius Coriolanus, qui in exilium erat pulsus, dux Vulscorum factus exercitum hostium urbi admovisset, et missi ad eum primum legati, postea sacerdotes frustra deprecati essent, ne bellum patriae inferret, Veturia mater et Volumnia uxor impetraverunt ab eo, ut recederet. lex agraria primum lata est. Spurius Cassius consularis regni crimine damnatus est necatusque. Opillia virgo Vestalis ob incestum viva defossa est. cum vicini Veientes incommodi magis quam graves essent, familia Fabiorum id bellum gerendum depoposcit, misitque in id trecentos sex armatos, qui ad Cremeram praeter unum ab hostibus caesi sunt. Appius Claudius consul, cum adversus Volscos contumacia exercitus male pugnatum esset, decimum quemque militum fuste percussit. res praeterea adversus Vulscos et Hernicos et Veientes et seditiones inter patres plebemque continet.

E. COCCHIA, Tito Livio, II, 2a ediz.

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TITI LIVI AB URBE CONDITA LIBER II.

I. Liberi iam hinc populi Romani res pace belloque gestas, annuos magistratus imperiaque legum potentiora quam homi2 num peragam. quae libertas ut laetior esset, proxumi regis superbia fecerat. nam priores ita regnarunt, ut haud immerito omnes deinceps conditores partium certe urbis, quas novas ipsi

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I. Istituzione della repubblica. 1. Liberi. Dalla collocazione speciale di questa parola, che dà principio al nuovo racconto, traspare chiaramente tutta l'esultanza dell'animo di Livio, che saluta con effusione il primo apparire della libertà sull'orizzonte politico di Roma. Anche Floro 1, 9 seguì l'esempio di Livio, senza forse dividerne nè l'esultanza nè il sentimento. iam hinc. Mentre nel primo libro si è svolta tutta quanta la storia dei re, a partire da questo punto comincerà la narrazione di tutto quello che fu dal popolo romano operato sotto il governo repubblicano. Sebbene a prima vista parrebbe di dover riferire l'inciso iam hinc all'aggettivo liberi che precede, pure il confronto di altri luoghi affini (cfr. 7, 29, 1: maiora iam hinc bella dicentur; 8, 7, 7: ut duorum iam hinc eventu cernatur) dimostra a chiare note, che quella posposizione è puramente grammaticale, ma non già logica; e che l'inciso iam hinc, sebbene occupi il secondo posto nel periodo, pur non cessa per questo di riferirsi al verbo principale di esso, che è peragam, e di mettere in nuova luce quella stessa esultanza, già accennata coll'anticipazione di liberi. pace belloque vel pace vel bello 1, 42, 5. annuos magistratus imperiaque legum. Son queste le due caratteristiche che secondo Livio distinguono il governo repubblicano dal governo monarchico, il quale ultimo a differenza del primo riconosce quale sua norma la volontà o l'arbitrio del principe; cfr. 1, 48, 9; Cic. de rep. 1, 47: nulla alia in civitate, nisi in qua populi potestas summa est, ullum domicilium libertas habet; id. Br. 14, 53: qui (Brutus) civitatem perpetuo dominatu liberatam magistratibus annuis, legibus iudiciisque devinxerit. - potentiora quam hominum, cfr. 3, 3, 4; 33, 33, 7: ubi ius fas lex potentissima sint. Livio qui accenna apertamente all'autorità immutabile delle leggi, che egli giudica preferibile all'arbitrio assoluto dei re. 2. quae libertas e questa. libertà». Riguardo a questa sostituzione, così comune nel latino, del pronome dimostrativo per mezzo del pronome relativo, soprattutto a principio del periodo, cfr. 5, 3: quem campi fructum quia religiosum erat consu-priores è detto in opposizione a Tarquinio, cioè i suoi predecessori. regnarunt: perfetto logico adoperato per indicare un fatto appartenente al passato, ma soltanto in relazione colle sue conseguenze di cui si sentono tuttora gli effetti, cfr. 1, 1, 1. Se Livio, invece di esporre a questo punto una considerazione propria, avesse seguito l'ordine naturale della sua esposizione, avrebbe adoperato sicuramente il piuchpf. in luogo del perf. omnes deinceps numerentur: a partire da Romolo, che era il

mere.

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sedes ab se auctae multitudinis addiderunt, numerentur, neque 3 ambigitur, quin Brutus idem, qui tantum gloriae Superbo exacto rege meruit, pessimo publico id facturus fuerit, si libertatis immaturae cupidine priorum regum alicui regnum extorsisset. quid enim futurum fuit, si illa pastorum convenarumque 4 plebs, transfuga ex suis populis, sub tutela inviolati templi aut

vero autore e fondatore della città, tutti gli altri re a lui successivi si procurarono il vanto di poter essere considerati quali fondatori dei singoli quartieri di essa, cfr. 1, 11, 4. 30, 1. 33, 5. 44, 3. Veramente Livio non fa di ciò a suo luogo nessuna espressa menzione riguardo a Numa, e appena un cenno relativamente a Tarquinio Prisco; e sebbene qui dica, che a tal gloria non ebbe punto parte Tarquinio il Superbo, Plinio invece l'attribuisce espressamente anche a lui, cfr. N. H. 3, 5, 9: clauditur ab oriente aggere Tarq. Sup. inter prima opera mirabili. Eum muris aequavit, qua maxime patebat aditu plano. certe si adopera assai frequentemente in latino con un significato molto affine a quello di saltem, colla sola differenza che, mentre l'ultimo implica costantemente una gradazione dal più al meno (cfr. Cic. eripe mihi hunc dolorem aut minue saltem), il primo invece contiene un'affermazione assai più recisa (« in ogni caso »), cfr. Cic. quamvis non fueris suasor et impulsor profectionis meae, approbator certe fuisti e Liv. § 4; 7, 9, 6: eo certe anno Galli = probabilmente »; 22, 54, 6: moenibusque se certe (« almeno ») si non armis ab hoste videbantur defensuri. ipsi: ciascuno di essi in opposizione ai suoi predecessori, ab se, cfr. 1, 25, 11. 3. neque ambigitur quin ha subito quanto alla costruzione l'analogia di non dubito, cfr. 4, 17, 7: nihil controversiae fuit quin; 25, 28, 3: cum haud ferme discreparet quin. — meruit — meritus est. pessimo publico << con grandissimo detrimento dello stato »; cfr., quanto all'abl., 4, 13, 1: pessimo exemplo e, riguardo all'uso dell'agg. n. pessimum col significato di sost., 44, 3: bono publico; 4, 4, 5; 27, 6, 8; 9, 38, 11: malum publicum e Tac. Ann. 3, 70: egregium publicum. - facturus fuerit... si extorsisset. Riguardo al tempo adoperato nell'apodosi di questo periodo ipotetico subordinato si noti, che nell'or. recta esso avrebbe avuta la seguente forma: facturus fuit... si extorsisset, cfr. § 4; 33, 9 e 1, 40, 4. — extorquere è adoperato frequentemente da Livio in senso metaforico, cfr. 34, 8. 4. quid futurum fuit qual sarebbe stata la conseguenza, cfr. 1, 7,5; 5, 53, 9; 37, 14, 5. pastorum convenarumque plebs « quell'accozzaglia di...: si noti che plebs corrisponde non solo per significato ma anche etimologicamente a πλῆθος - multitudo. Livio non aveva alcuna idea chiara intorno all'origine della popolazione di Roma, e, mentre in più di un luogo ammette che essa fosse costituita esclusivamente dai pastores et convenae (cfr. 5, 53, 9: maiores nostri, convenae pastoresque, novam urbem aedificarunt), qui invece egli distingue sotto il nome di plebs - la gran maggioranza dei pastores et convenae dai patres Albani, che secondo 1, 6, 3 costituirono il nucleo più importante della primitiva popolazione di Roma. Del resto egli mostra di ignorare, come la plebe romana fosse costituita per massima parte dagli abitanti delle città del Lazio emigrati o trasferiti in Roma, cfr. 1, 11, 4. 28, 7. 30, 1. 33, 5. - transfuga quae transfugerat, è adoperato come apposizione di plebs invece che di convenarum, al quale propriamente si riferisce, cfr. 1, 7, 5. 56, 8.

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