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quam vitam deserendam sibi quisque pro se cogitet, sine qua vita ludibrium est. Praeteritam servitutem ante oculos assidue revocate; sic etenim, nisi fallor, erit praesens aliquanto etiam quam vita carior libertas, ut si alterutro carendum sit, reperiri valeat nemo, cui modo supersit quidquam romani sanguinis, qui non malit in libertate mori quam in servitute vivere.... Servistis, clarissimi cives, quibus omnes nationes servire consueverant, et quorum sub pedibus reges erant sub paucorum tyrannide jacuistis.... Pro quibus sanguinem vestrum toties fudistis, quos vestris patrimoniis aluistis, quos publica inopia ad privatas copias extulistis, ii neque vos libertate dignos iudicarunt, et laceratas reipublicae reliquias carptim in speluncis et infandis latrocinii sui penetralibus congesserunt; nec pudor apud gentes vulgandi facinoris aut infelicis patriae miseratio pietasque continuit quo minus, post impie spoliata Dei templa, occupatas arces, opes publicas, regiones urbis, atque honores magistratuum inter se divisos, qua una in re turbulenti ac seditiosi homines. et totius reliquae vitae consiliis ac ratione discordes inhumani foederis stupenda societate convenerant, in pontes et moenia atque immeritos lapides desaevirent »>. 1 In questi passi, prosegue il Carducci, « è l'entusiasmo della libertà già conseguita e la memoria del male passato », mentre nelle due stanze della canzone è l'abominazione del male presente e la speranza di esserne liberati ». Le due stanze raffigurano come presente la condizione di Roma qual era innanzi la rivoluzione di Cola « e quale l'epistola stessa la descrive come ricordanza del passato », mentre questi« per prima cosa rammarginò le piaghe di Roma ».

1 Cfr. FRACASSEtti, vol. V, pp. 397, 398, 402.

Il Petrarca, che nella hortatoria aveva inteso ed esaltato il repentino riacquisto della libertà, come mai nella canzone, la quale sarebbe stata scritta dopo l'hortatoria, avrebbe deplorato come presenti i mali di Roma e mostrato di solamente sperare dal tribuno nell'avvenire quel che il tribuno aveva già arditamente e prudentemente operato? Bel complimento sarebbe stato cotesto per Cola ». 1

Quella del Petrarca è una poesia, non un ragguaglio di cronista: voglio dire che, dal fine stesso, al quale mirava componendola, dal desiderio d'incoraggiare e di consigliare il tribuno, egli doveva esser tratto a rappresentargli con colori vivi lo stato miserando, da cui s'era appena usciti, come ancora presente, perchè non dimenticasse, non trascurasse di procurare che non si rinnovasse. Di più, al primo annunzio de'fatti di Roma, era naturale e necessario ripensasse il poeta ai colloqui avuti con Cola parecchi anni innanzi, e alla condizione della città, che questi gli aveva rappresentata in maniera da commoverlo profondamente. 2 Su per giù, il futuro tribuno gliel' aveva rappresentata così: « In alma urbe omnis est mortificata iustitia, pax expulsa, prostrata libertas, ablata securitas, dapnata caritas, oppressa veritas, misericordia et devotio prophanate; quod nedum extranei et peregrini, verum ipsi cives romani et karissimi comitatenses et provinciales nostri nullatenus eo venire possunt, nec ibidem manere

1 Saggio, pp. 51 e 52.

2 << Lo stato presente, o a dir più vero, la presente decadenza e rovina della Repubblica tu lamentando sì fattamente mi dipingesti, e colla penetrante eloquenza delle tue parole le piaghe nostre toccasti così sul vivo, che se di quella alla mente mi torna il suono, sento nell'animo rinnovarsi l'affanno, tornarmi sul pianto il ciglio ». V. il testo più oltre.

securi. Quin ymo oppressiones undique, seditiones, hostilitates et guerre, homicidia, disrobationes, praedationes animalum, incendia intus et extra, terra marique continue effrenatissime patrantur, cum magnis ipsius sancte urbis et totius sacre ytalie periculis et iacturis, et dapnis animarum, bonorum et corporum, et detrimento non modico totius fidei Cristiane. Heu! nam quasi diminute et totaliter derelicte sunt peregrinationes et visitationes indulgentiarum et itinerum. sanctissimorum apostolorum Petri et Pauli, civium principumque nostrorum, ac aliorum sanctorum apostolorum et ceterorum infinitorum martirum atque virginum, in quorum sanguine ipsa sancta civitas est fundata, nec mirandum est, quum ipsa sacra civitas, quae ad consolationem animarum constructa fuit, et que fidelium omnium debet esse refugium, facta est offensionis silva et spelunca latronum potius quam civitas apparet ». Tali cose e a tal modo dovette rappresentare al Petrarca con vivace eloquenza Cola, perchè fu questi che scrisse così il 7 giugno 1347.1 Chi non vede quanta somiglianza ci sia tra questo passo e certe parti della canzone? A meno che non si voglia supporre che il tribuno, non avendo di meglio a fare quindici giorni dopo la sua esaltazione, passasse il tempo a trasportare nel suo latino concetti e frasi d'una poesia diretta dall'amico suo ad un senatore, ad un Colonna, per esempio, qualche anno innanzi; s'ha da tener probabile che, prendendo la penna per scrivere la canzone, il poeta si ripetesse le vivaci descrizioni delle miserie di Roma, che Cola gli aveva fatte.

La verità è che, quando fu scritta l'hortatoria, non

1 Lettera alla Signoria di Firenze. V. GAYE, Carteggio inedito d' artisti, ecc.; vol. I, p. 53.

erano ancora interamente cessati i mali di Roma, non ancora rammarginate tutte le piaghe. In essa è detto, non già che il popolo romano sia risorto, ma che sembra risorgere, e il popolo vi è consigliato a stare in guardia contro i lupi, stimolato a insorgere contro i nemici. 1 Il Petrarca è tanto poco sicuro che le condizioni di Roma sieno interamente mutate, che confessa di temere: a giudizio suo, Cola ha cominciato appena, deve perseverare. Sempre nell' hortatoria, è raffigurata come un bene futuro la guarigione de' mali, descritti nella canzone come presenti. « Audendum praeterea aliquid pro filiis vestris, pro conjugibus, pro parentum canitie, pro avorum tumulis.... In hoc enim (la libertà) una reposita sibi omnia norint omnes; securitatem mercator, gloriam miles, utilitatem agricola... religiosi cerimonias, ocium studiosi, requiem senes, rudimenta disciplinarum pueri, nuptias puellae, pudicitiam matronae, gaudius omnes invenient ». Si vede anche nell' hortatoria, i sepolcri degli antichi e tutto quel che una ruina involve sperano saldare ogni lor vizio per virtù di Cola; anche nell' hortatoria si spera e si desidera, come nella canzone, la sicurezza delle vie, la tranquillità della città, il ritorno a' pacifici riti religiosi; anche nell' hortatoria, infine, come nella canzone, le donne, « el vulgo inerme della tenera etate » e i vecchi aspettano la fine dei

1 < Experrecti tandem ex tam gravi sopore videmini, ideoque si praeteritarum feritatum pudet ac poenitet, aciem mentis acriter adversus omnes casus exacuite, ne quis forte luporum rapacium, quos a vestris ovilibus expulistis, et qui etiam nunc assidue septa vestra circumstrepunt, ululatu ficto aut spe aliqua blanditiori, unde violenter exierunt, fraudolenter irrumpat: nisi enim hoc provideritis etc.... Adversus hos hostes fidenter insurgite: pauci et contemptibiles erunt si vos unum eritis ».

loro terrori e de' loro patimenti. Nell' hortatoria il Petrarca prega e comanda: sparisca ogni orma di civile discordia in Roma, l'incendio, « che al soffio de' nostri tiranni in mezzo a noi divampava, alla voce dell'amoroso vostro liberatore si estingua »,

canzone:

L'anime che là su son cittadine

Et hanno i corpi abandonati in terra
De 'l lungo odio civil ti pregan fine.

E se ben guardi alla magion di Dio
Ch'arde oggi tutta, assai poche faville
Spegnendo, fien tranquille

Le voglie che si mostran sì infiammate.

e nella

D'altra parte, i passi dell'hortatoria, su cui posa l'argomentazione del Carducci, descrivono forse i mali di Roma come cessati? Si rallegra forse in essi, il Petrarca, delle mutate condizioni della città? Vi son ricordate le perfidie, le malvagità de' tiranni; ma non v'è niente per cui si possa supporre che, per lui, la cacciata de' tiranni significasse fine immediata degli effetti di così lunga e così grave oppressione. Il quadro della servitù passata e de' patimenti sofferti, non che al principio del tribunato di Cola, ma sarebbe stato sempre opportuno, e adatto a mover gli animi dei romani, tre e quattro mesi dopo. In que' passi e in tutto il resto dell' hortatoria è forse espressa l'opinione che ogni vizio delle antiche mura e dei monumenti di Roma sia già saldato, che Roma sia già ridivenuta bella, che il lungo odio civile sia finito, che i pellegrini vengan già sicuramente alle chiese romane, che sieno rammarginate le piaghe della povera gente, cessata la miseria, passato il terrore? Se questo affermasse

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