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maestà loro, perchè ora un personaggio di grand' affare prometteva, che in questo caso il re Arrigo sarebbe concorso nella volontà del papa e de' prenominati principi intorno a ciò che appartenesse a reprimer il Turco, ad opprimer gli eretici, e generalmente al pro della religione: e quel personaggio offeriva d'esser chiuso in castel s. Angelo, e di perder la testa, quando non si fosse verificata la sua promessa. Doveva aggiugner il nunzio, che'l pontefice non avea mai tralasciato d'applicare i pensieri e le diligenze ad una edificatoria e santa riformazione; ma che'l negozio era ito a lungo per due speciali difficultà per la ripugnanza degli ecclesiastici ad esser emendati; e per le violenze ed usurpazioni de' magistrati secolari contra la giurisdizion della Chiesa. Alla prima parte aver finalmente rimediato in molti principali capi il pontefice in una Bolla già preparata, che poco stante uscirebbe. Al secondo convenir che desse riparo la pietà, e l'autorità de' principi. In essa Bolla riformarsi le persone ecclesiastiche, incominciandosi dalla creazione del papa fin all'ultimo grado loro. E ben

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chè fosse convenuto aver cura di far tali ordinazioni che potessero ricever effetto in ogni paese; nondimeno essersi provveduto a parecchi casi risguardanti in ispecialità il buon reggimento, e'l vivere nelle chiese di Spagna. E ov'ella non bastasse, il pontefice offerirsi presto ad aggiugnere ciò di che fosse avvisato, sol che si levassero vicende volmente i mali usi della podestà laicale. E dolevasi specialmente, che per opera di tal podestà si volessero sottoporre a molti vescovi di Spagna i capitoli, i quali per titolo di fondazione, d'erezione, o di possesso più antico d'ogni memoria n'erano esenti, con somma perturbazione di quelle chiese : quando più soavemente potevansi medicare i disordini cagionati da questa franchezza con gli ordini statuiti dal concilio, e con altri che per avventura si stimassero convenienti. Aver anche il papa in compiacimento di Cesare, e del re Ferdinando destinato per la dieta d'Augusta il Legato Morone, benchè con ripugnanza estrema, per doversi trattar materie di religione in un convento misto d'ecclesiastici e di secolari, di cattolici e d'ere

tici; alla qual mostruosità non pareva convenevole spettatore un Legato. Con tutto questo esser condesceso il pontefice a soddisfare in ciò alle maestà loro con due presupposizioni: l'una era, che nella dieta dovesse concorrere personalmente gran quantità di principali signori per conchiudervi articoli di momento, e non sustituiti procuratori con podestà di picciole deliberazioni; nel qual caso non vi sarebbe intervenuto con dignità un Legato apostolico: l'altra, che nulla affatto vi si dovesse stabilire contra l'autorità della Chiesa, de' Padri, e de' concilii, e segnatamente contra le determinazioni del Tridentino; il che sarebbe risultato in ruina di tutta la religione. Tali ambasciate furono imposte all'Agostino mandato in Inghilterra allo stesso tempo che'l cardinal Morone in (1) Germania.

Ma il cardinale appena arrivato si senti costretto al ritorno, richiamato dalla morte di Giulio. Segui ella il giorno ventesimoterzo di marzo nell'anno sesto del

(1) Gli fu data la croce a' 13 di febraio 1555, come negli Atti Concistoriali.

suo pontificato, e nel sessantottesimo della sua vita, per difetto (1) di cibo (come spesso accade che i beni della fortuna a chi ne ha più abbondante possesso, più manchino poi nell' uso, mancando loro l'arte d'usarli) e per brama sconsigliata di sanare da malattia insanabile. Il caso fu, che tormentato il pontefice con acuti e ostinati dolori dalla podagra, sperò di farla morir di fame. E là dove il suo gran corpo, e il suo valido stomaco richiedevano, e usavano molto e duro pasto; egli andò successivamente nell'una e nell'altra condizione attenuandolo per modo, che attenuò insieme, ed al fine estinse dopo un mese di tal importuna dieta il calor vitale: divenendo materia di lutto, quand'egli aspettava di rallegrare se, e la sua corte col ricevimento d'una solenne ambasceria d'ubbidienza inviatagli da're d'Inghilterra composta di tre persone: una a nome degli ecclesiastici; un'altra del baronaggio, la terza del popolo. Il di penultimo della sua vita (2) chiamò il col

(1) Sta nella vita già mentovata del cardinal Prospero Santacroce.

(2) A'22 di marzo 1555.

legio, e commise loro la cura dello stato ecclesiastico.

Fu Giulio di nascimento ordinario, d'intelletto più che ordinario, migliore a trovar nuovamente il buono, ch'a fermarsi nel già trovato. Passò per molti gradi al supremo. Ed oltre a'minori ufficii intervenne al concilio di Laterano, e vi orò solennemente. Fu arcivescovo di Manfredonia, due volte governator di Roma, ed anche uditor della camera. Nel tempo del sacco essendo consegnato per un degli ostaggi a' vincitori, videsi in grave rischio d'ignominiosa morte fra la barbara loro ingordigia. In qualità di cardinale resse le principali provincie dello stato ecclesiastico: e s'illustrò come uomo di sapere, e di coraggio nella presidenza lunga, e torbida del concilio. Fu tenero nell'amare, presto all'adirarsi, ma non meno al placarsi. Aperto per natura, ma coperto quant'egli voleva, per arte. Prono alle ricreazioni, ma di pari anche al negozio. Le instruzioni date a'ministri nel suo pontificato, che sono la maggior parte dettate da lui, come per poco tutte le lettere di grave affare, mo

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