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Tosto palesò egli la sua moderazione e circuspezione nel dare il rifiuto ad un'inchiesta per altro assai attrattiva e vistosa in pro de' vicini e quasi compatrioti. Essendosi fra quel tempo ridotti i Senesi all'estremo, e sperando pur essi d'impetrare aiuto da un futuro pontefice, com'è solito de' principi nuovi l'abbracciare imprese appariscenti di sovvenir agli oppressi, aveano perciò prolungata la dedizione, con qualche sollecitudine del duca Cosimo: onde, tosto che Marcello fu assunto (1), affidati dalla propinquità e quasi identità della patria, supplicarono a lui di soccorso. Ma egli intendendo, che, se voleva operare come cittadino del suo paese, non poteva farsi riconoscere come padre della cristianità, gli confortò a ubbidire al tempo, e a procurarsi le men dure condizioni da'vincitori. Si che, stabilitosi immantenente l'accordo, uscì di Siena il signor di Monluc: e v'entrarono gl'imperiali co' Fiorentini.

I primi pensieri del pontefice furono di proseguir l'impresa della riformazione: (1) Vedi l'Adriano nel libro 12 in fine.

e intorno ad essa tosto deputò alcuni cardinali, che nello stesso carico rimasero poi confermati dal successore (1). Ma per le assidue fatiche della settimana santa superiori alla virtù del suo corpo, non del suo animo, contrasse infermità, la quale con un accidente di gocciola il tolse di vita l'ultimo giorno d'aprile, e ventesimo secondo del suo pontificato.

Può egli chiamarsi felice, quanto è alla fama, per quello stesso che parve infelicità: quando a gran pena avria potuto agguagliar con l'opere la sublime opinione lasciata da lui di ciò che, se fosse vivuto, avrebbe operato.

Non era intervenuto nell'elezione di Marcello il cardinal Farnese. Egli dopo la guerra di Parma non avea mai consentito di tornare stabilmente a Roma; e soggiornava nella sua legazione del contado avignonese, quantunque invitato da Giulio (2) con offerta di grossa provvisione, e d'onorevole amministrazione. Ma udita la morte del papa, e venuto al con

(1) Atti Concistoriali a' 29 di maggio 1555. (2) Contiensi nella mentovata lettera di Giulio III al Cervino.

clave, trovò creato il nuovo pontefice coll'opera specialmente de'cardinali di Sant'Angelo suo fratello, e di Santa Fiora suo cugino: e ricevette da lui singulari carezze, e promesse. Portava il cardinal Farnese di Francia lettere del re Arrigo a'cardinali di quella parte in favor del cardinal Polo, che nella rammemorata legazione avendo conversato col re a faccia, avea guadagnata la sua benivolenza: oltre a quello che dal medesimo cardinal Farnese erasi adoperato co' suoi ufficii presso al re in pro di lui: onde, caduto Marcello, di tali lettere sperò giovarsi. Ma scontrò (1) sensi molto alieni negli altri cardinali di quella parte, e specialmente nel cardinal di Bellai il più antico della nazione, e in quel di Ferrara il capo di quella schiera: dicendo essi che occorrevano loro gravi ragioni contrarie da far sentire al re: onde conveniva attenderne la risposta; e fra tanto ritardar l'elezione, finchè giugnessero ancora gli altri cardinali franzesi, i quali afforzas

(1) Tutto sta in tre lettere del cardinal Farnese al cavalier Tiburzio suo ministro in Parigi, degli 11 e de' 14 di maggio 1555.

sero la lor parte. Di che il cardinal Farnese turbossi inestimabilmente, così perchè gli s'impediva l'esaltazione del Polo della quale ardeva fuor di misura; come perchè vedea tutto ciò indirizzarsi alla creazione dello stesso cardinal di Ferrara, a cui vantaggio su l'entrar in conclave sopravvennero al Farnese dal re strignentissime commessioni. Ed egli in suo cuore vi avea somma contrarietà per que'risguardi che potevano ritrarre ogni cardinalé dal porre nella sedia di Pietro un principe italiano di sì potente famiglia; i quali ricevevano accrescimento di forza nel Farnese da' suoi rispetti particolari per la consueta ed emulazione tra i simiglianti, e disamicizia tra i confinanti. Perciò con la voce d'un suo ministro tenuto in Francia s'argomentò di mostrare al re per impossibile impresa la creazione dell'estense. Preveder lui che verso tre soli cardinali troverebbesi il collegio inclinato. L'uno esser il Polo: questo a comun giudicio conoscersi degno ed atto al presente stato del mondo, e parergli l'ottimo: nè doverlo risospignere i Francesi perchè il promovevano gl'imperiali; es

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sendo certo, che non può divenir papa chi ha per se una sola parte. L'altro il Caraffa decano; al quale pendere e il cardinal di Bellai, perchè (interpretava egli) sarebbeli succeduto nel decanato; ed altri, perchè la sua decrepità lasciava loro speranza di succederli nel pontificato: ma benchè il Caraffa a se mostrasse affezione, e fosse parente, non riputarlo egli acconcio alla sede apostolica per que' tempi; nè parimente al servigio del re per la moltitudine de' suoi congiunti sudditi a Cesare; il quale con beneficiarli avrebbe potuto guadagnar l'animo del nuovo papa. Nondimeno doversi lui tener in conto. Per terzo possibile nominava il Morone: a cui opponeva, esser lui d'animo tutto imperiale. Entrarono appresso a ciò i cardinali nel conclave; ove fu (1) condotto dal Farnese Giannantonio Facchenetti a lui caro fuor di misura; e che dopo trentasei anni in altro conclave fu eletto pontefice, e dinominato Innocenzo IX. Rinchiuso il conclave, dicesi aver il cardinal Far

(1) Appare da una poliza del cardinal Farnese al papa degli 8 di giugno 1555, e da più altre sue let

tere.

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