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nese scoperto, oltre agli ostacoli premostrati, che'l collegio malagevolmente si sarebbe condotto ad elegger un pontefice allora così lontano com' era il Polo: e che anche gl'imperiali non vi parevano disposti per la moderna suspizione di lui mostrata da Cesare nel ritardargli il viaggio; e perchè Filippo, nuovo, straniero, e mal fermo re d'Inghilterra, non giudicava sicuro a se, che si desse l'autorità pontificale a un inglese. Onde il cardinal di Santa Fiora capo degl'imperiali rivolse l'animo all'innalzamento del cardinal Puteo, che avea ricevuti molti onori e guiderdoni da Paolo, e'l maggiore da Giulio; era accetto all' imperadore, il quale perciò di buon grado l'aveva ammesso, quantunque provenzale, all'arcivescovado di Bari nel regno di Napoli; e riputavasi non discaro in privato a tutti i Francesi come Francese, benchè dissidente in publico alla lor parte quasi cesareo. Per altro era celebre nella dottrina legale, maturo d'anni, laudevole di costumi. Adunque il cardinal Santa Fiora condusse il negozio a tale, che 'l numero bastante de' cardinali, e'l Farnese tra gli altri, benchè tiepida

mente, vi conveniva. Onde se ne ragionava tra loro come di cosa più tosto fatta che da farsi. Ma il fervor d'un amico ritrasse il Puteo dal trono. Erano le creature di Giulio senza certo condottiere: perciò che il cardinal del Monte, che aveva tenuta la persona di primo nipote, come estranio di sangue e privo d'estimazione, nè poteva obligarle col rispetto della gratitudine, nè valeva a guidarle con l'indirizzo del senno. Dall' altro lato essendo giovevole ai molti per esser più validi l'avere qualche unità, e però qualche dependenza da uno; concedevano essi fin ad un certo grado questa prerogativa al cardinal della Cornia nipote di Giulio per sorella, e ornato di molte doti. Egli dunque studiavasi infaccendato con ardor giovanile per conseguir l'onore di veder sublimata una creatura del zio: e mentre con quel fervore girava per le celle de' cardinali, avvenne che in lui s'abbattesse il Farnese: il quale avvezzo a signoreggiar lungamente, e consapevole d'avere in sua mano la maggior parte dell' urna, s'accese o d'indegnazione, o d'emulazione si forte, che in un momento infiammossi a distur

bare la riuscita. E volendo contrapporre a quel tratto un altro, più a fine di guastare il primo, che con fidanza di compire il secondo, gli cadde in pensiero il cardinal Caraffa decano, suddito di Cesare, altrettanto confidente a' Francesi, quanto era loro sospetto il Puteo natió di Francia, e quanto era sospetto il Carrafa a Cesare, che gli avea conteso gran tempo il possesso dell'arcivescovado di Napoli: il quale egli aveva ottenuto in fine per l'ardentissime instanze di Giulio III, in tempo che Giulio avea meriti speciali con Carlo per le incomodità della guerra cui esso imprendeva per sua cagione; e con aver dichiarato il papa, ch'ei non movevasi a tal richiesta perchè gli piacessero le maniere del Caraffa; delle quali o fosse per arte di negozio, o per contrarietà di natura, scriveva (1) parole di somma riprovazione: ma così per zelo di quella chiesa che da gran tempo rimanea vedova di rettore, e ottenendosi ciò da sua maestà, sarebbesi potuto mandarvi

(1) Lettere del segretario Dandino al nunzio Pighino a'30 d'ottobre 1550, e al nunzio Bertano a'27 di maggio 1551.

chi ben l'amministrasse e nello spirituale, e nel temporale; come per servigio della camera, la qual verrebbe in questo modo a sgravarsi della provvisione che sumministrava al cardinale per suo sostegno. Ben in tale opportunità con forme d'onore il giustificò in un suo Breve dell'accusa datagli presso a Carlo, che avesse tramato di levarli il reame di Napoli, e trarlo in dominio di Paolo III: dicendo esser incredibile ciò d'un uomo tutto affisato alle cose sacre si nella lezione, sì nella contemplazione, sì nell'azione. Ma oltra la contrarietà dell'imperadore all'innalzamento del cardinal Caraffa, anche per altro era ciò lungi dal verisimile; essendo in quell'uomo paventata da tutti una severità di virtù nulla temperata nè dalla esperienza degli affari civili per la solitudine della vita (1), serbata da lui per

(1) Di ciò che appartiene all'inclinazione, e alla vita del cardinal Pietro Caraffa, lontana dalle faccende temporali, si può vedere una lettera stampata di Giammatteo Giberti Datario; il qual riferisce, che'l Caraffa aveva cambiate le due chiese di Brindisi, e di Chieti col chiostro per desiderio della contemplazione: e il racconto scritto da saggia penna di quel conclave, in cui si dice di esso: Non avendo

quanto gli era stato permesso, eziandio tra la frequenza delle gran corti abitate, e tra gli affari de'gran carichi esercitati; nè dalla pieghevolezza verso il consiglio altrui per la fidanza del proprio. Nondimeno sapeva il cardinal Farnesc, che le cose molto abborrite, quando si veggono tentar da vicino, benchè senza verisimiglianza di riuscita, atterriscono, e muovono a patteggiare per liberarsi dalla sollecitudine. Perciò a fin di ritrarre i convenuti dall'assunzione del Puteo, deliberò di condurre il Caraffa nella cappella Paolina, dove sogliono i nuovi papi adorarsi. E quantunque non avesse credenza, aveva nondimeno prontezza d'esaltarlo quando l'impresa si ritrovasse più agevole alla mano, che al pensiero: poichè nè il rispetto o di Dio o dell'onore il potea rimordere d'aver innalzato a quel grado il decano del collegio, illustre di nascimento, ben fornito di sacre lettere, e venerabile per una virtù esemplare; nè le ragioni dell' utilità mondana il potevano

per la vita ritirata che sempre avea tenuta, potuto sapere quello che pare che sia necessario al governo publico.

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