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queste cause intorno al passato fin alla futura dieta.

Che la giurisdizione ecclesiastica non s'esercitasse nelle cose appartenenti alla presente concordia, ma bensì nel resto: lasciandosi riscuotere alle persone ecclesiastiche i consueti diritti, purché o per se stesse, o con l'opera de parrocchiani provvedessero a'lor ministerii ed al mantenimento solito degli spedali, e delle scuole. E se intorno a ciò nascesse controversia, divisavasi la maniera di terminarla per via d'amichevoli componitori. Nel che vennero gli ecclesiastici a ceder solennemente quella ragione, il cui uso di fatto era già loro impedito dalla forza de' protestanti; ciò fu di poter esercitare la riscossion de' proprii diritti, e far altre esecuzioni nelle terre situate dentro al territorio spirituale degli uni, e temporale degli altri.

La prefata concordia fosse durevole sin alla finale da statuirsi in uno de' quattro modi. E se la finale per tal via non riuscisse, rimanesse pur la presente ferma ed inviolabile.

Avesse luogo questa concordia e fra la nobiltà immediatamente soggetta a Cesare, e

nelle città imperiali dove fin a quel tempo l'una e l'altra religione era stata in vigore : sicchè i seguaci d'amendue vi dovessero conversar pacificamente.

Che nella camera imperiale s'amministrasse ragione a tutti, senza riguardo che fossero dell'una, o dell'altra religione.

Che i giuramenti nel futuro si potessero prestar secondo l'accordo di Passavia per Dio, e per l'Evangelio: essendosi ritrovato questo modo, affinchè si giurasse per cosa riverita parimente da' cattolici, e da'protestanti, e non si costringessero i protestanti a giurar pe' santi a cui essi negano il culto.

Fu anche dichiarato da Ferdinando, che i sudditi in temporale de principi ecclesiastici non soggiacessero come i sudditi de'secolari all'obligazione d'osservar la religione del principe, o di mutar paese.

L'effetto d'un tal recesso tanto riuscì a più danno in perpetuo, quanto sembrò più giovevole per quell'ora. Imperò che gli Alemanni stanchi, e logori dalle discordie, di leggieri con quest'oppio s'addormentarono in un diuturno riposo il che operò che riputassero quel recesso

come ristoro delle miserie; e che per abbominazione di novelli contrasti con una pigra trascuraggine si permettesse a' protestanti assai maggior licenza nell'esecuzione, che non erasi patteggiata nell'intenzione, e nel proprio senso delle parole. Ma come avviene che alcuni falsi medicamenti paiono guarir le flussioni mentre le ritardano per qualche tempo, facendole poi ritornare più violente, e più mortali; così quel riposo della Germania è a lei costato in altra età un lunghissimo travaglio, con tante stragi e desolazioni, che ne prende orrore il pensiero. I sudditi di Ferdinando e de' principi di Baviera, invogliati dalla dissoluzione de' circonvicini, richiesero i lor signori di non sottostare a più dura condizione che gli altri, ma di vivere anch'essi sciolti dall' osservanza de' mandamenti ecclesiastici. A che fu risposto, la comun condizione, secondo il tenore de' ricessi, non essere di libertà, ma d'obligazion a' vassalli di seguir la religion de' padroni, o partirsi. Ed aveva (1) il re l'anno avanti publicato ne' suoi do(1) Vedi lo Spondano nell'anno 1555 al numero terzo.

minii un catechismo cattolico, l'autor del quale era stato Pietro Canisio da Nimega, primo fra' Tedeschi ad annoverarsi nella compagnia di Gesù; con proibire tutti gli altri catechismi infetti, e sparsi dagli eretici. La qual operetta, insieme con un succinto direttorio de' confessori, scritto da Giovanni Polanco della medesima compagnia, furono quivi due gran fortificamenti della religione ma per salvare dalla cancrena la parte intera, non per sanare l'infistolita, verso cui niun argomento ha potenza, eccetto il vigore della potenza, e il miracolo dell' Onnipotenza.

Era uscito il recesso in su lo spirar di settembre: e 'l papa informatone fe perciò asprissime querele col re Ferdinando, espostegli dal nunzio Delfino, che di Roma nel principio dell'anno seguente 1556, ritornò ad esercitare il carico antico. Ma il re, parendogli, e che nelle concessioni dannose a' cattolici la manifesta necessità l'avesse tenuto lungi da ogni nota (1), e che nelle cose arbitrarie a se si fosse per lui dimostrato ogni maggior zelo, rispose

(1) La relazione del Delfino al cardinal Carrafa.

con maniere più risentite di quel che portava l'uso della sua temperata natura. Ciò fors' anche avvenne, perchè apparivano già i segni dell'animo mal disposto di Paolo verso la casa d'Austria: il che facea che le sue doglienze fossero ricevute più tosto come rimproveri di malevolo, che come correzioni di padre. Era stato Paolo negli anni suoi più virili alla corte del re Ferdinando il cattolico, assai quivi riputato e per virtù, e per dottrina. Scrivesi, che 'l re infermato proponesse ad una congrega d'uomini dotti e pii, se gli era lecito di ritenere il reame di Napoli tolto a' parenti aragonesi : e che in quella fosse ancora introdotto il Carrafa, il qual dicesse con libertà suo parere, obligando il re alla restituzione: ma che la sentenza contraria fu seguitata dagli altri; onde prevalse negli effetti. E che i politici, come avvezzi a presumere in chi si sia l'interesse sotto il manto del zelo, notarono l'opinion del Carrafa quasi a lui dettata non da coscienza, ma da odio del dominio straniero nella sua patria: e fecer si, ch'egli dopo la morte di Ferdinando fu rimosso dal consiglio. Che che fosse di

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